scritto da Gildo De Stefano - 23 Maggio 2020 09:23

Giornata della Legalità: quale scuola, quale legalità

Malgrado le restrizioni imposte dalla pandemia, anche quest’anno si celebra la Giornata della Legalità, soprattutto la scuola ricorda “on line” le stragi di Capaci e di via D’Amelio, anche se non bisogna dimenticare il sacrificio di tante altre giovani vite umane immolate per essa, tra cui il giornalista Giancarlo Siani.

A tal uopo si dovrebbe scegliere quale miglior slogan celebrativo, “La scuola per la città”, proprio per tener viva o magari riaccendere del tutto la fiaccola della legalità e vivibilità. Uno slogan che si presta tuttavia a qualche riflessione. Circa mezzo secolo una “modesta proposta” di Pier Paolo Pasolini sosteneva, ovviamente in termini provocatori, che la scuola (almeno quella dell’obbligo) andava abolita. Questa convinzione nasceva dalla considerazione che il degrado dell’istruzione “ufficiale” era giunto ad un tale punto di non ritorno per cui sarebbe stato meglio “staccare la spina” almeno per un po’.

Al di là della profetica provocazione pasoliniana viene da chiedersi oggi: si può davvero chiudere il luogo deputato della conoscenza, il deposito sacrale delle idee, il motore essenziale della circolazione dei saperi? È questo il primo punto in discussione al quale segue subito un altro non meno inquietante: la scuola è oggi in grado di far circolare sul serio il sapere acquisito e soprattutto lo vuole veramente fare?

Qui si tocca il cuore della questione. Sono in molti infatti, anzi sono sempre di più i diretti interessati, vale a dire gli operatori scolastici seri e preparati, a sostenere che la scuola ormai da tempo, così com’è, è del tutto inadeguata a fare da locomotiva sul sentiero dell’apprendimento, che la scuola cioè non è attrezzata né strutturalmente né intellettualmente per trasmettere la cultura e formare classi dirigenti. Non solo: ma costoro sostengono anche che gli standard culturali che la scuola deve verificare e trasmettere sono aggrediti e  trasformati da altri “meccanismi educativi” veicolati in maniera palese o subliminale e irrorati ventiquatt’ore su ventiquattro dalla televisione e in parte anche -fortunatamente solo in parte- da una certa stampa.

È una battaglia inutile, persa in partenza giacché a tutto questo vanno aggiunti altri elementi disgreganti quali l’insoddisfazione profonda degli stessi operatori per come sono organizzate le carriere, la formazione didattica, le retribuzioni, la programmazione che tende sempre più a favorire la “competenza” a discapito della “conoscenza”.

Insomma, la voglia di fare veramente cultura, per tutta una lunga serie di ragioni, va a farsi benedire. E se la scuola non riesce a fare cultura allora è anche inutile parlare di legalità: perché gli slogan possono anche essere utili per stimolare, incoraggiare, incitare a non arrendersi, ma da soli non servono ad assicurare quella consapevolezza civile per cui può nascere ed instaurarsi davvero una società più matura e più giusta.

Provate del resto a parlare di bello e di vero (cioé di arte e di filosofia) con questo popolo di utenti televisivi (che sono poi di volta in volta studenti, genitori, operatori scolastici) avvezzi al pollaio dei “talk show” o provate anche solo a chiedere ad una certa borghesia quali sono i libri che ha letto o le mostre d’arte che ha visto (non solo nell’ultimo periodo ma nell’intera sua vita) o ancora quali autori o artisti o musicisti o filosofi conosce e apprezza ed avrete la risposta su quello che è attualmente “lo stato dell’arte”.

Una società senza cultura non può avere -forse perché nemmeno la merita- una scuola legale (in senso di autocertificata, viva, problematica, insomma vera).

Naturalmente a questo punto entra anche in gioco la politica e i suoi rappresentanti, ma qui vale in buona parte il discorso appena fatto per la borghesia. Allora se si vuole davvero cambiare bisogna riconoscere innanzi tutto che non basta, non può bastare una “giornata di festa”, sia pure altamente simbolica e meritoria. Si deve pretendere di più da tutti, il che significa poi da noi stessi: genitori, studenti, docenti, intellettuali, politici, abitanti tutti di un villaggio globale che appare sempre più subalterno e narcotizzato e perciò incapace anche di riconoscere e recuperare le residuali sembianze della propria coscienza civile.

Saggista e musicologo, è laureato in “Sociologia delle Comunicazioni di Massa”. Tra i suoi libri ricordiamo: Il Canto Nero (Gammalibri, Milano, 1982), Trecento anni di jazz (SugarCo, Milano, 1986), Jazz moderno (Kaos, Milano, 1990), Vesuwiev Jazz (E.S.I., Napoli, 1999), Il popolo del samba (RAI-ERI, Roma, 2005) prefazionato da Chico Buarque de Hollanda, Ragtime, Jazz & dintorni (SugarCo, Milano, 2007), prefazionato da Amiri Baraka (Leroi Jones), Saudade Bossa Nova (Logisma, Firenze, 2017) prefazionato da Gianni Minà, Una storia sociale del jazz (Mimesis Edizioni, Milano 2014), prefazionato da Zygmunt Bauman. Per i “Saggi Marsilio” ha pubblicato l’unica Storia del ragtime edita in Italia e in Europa, in due edizioni (Venezia, 1984 e 1989). Ha scritto tre monografie su: Frank Sinatra (Marsilio, Venezia, 1991) prefazionato da Guido Gerosa, The Voice – Vita e italianità di Frank Sinatra (Coniglio, Roma, 2011) prefazionato da Renzo Arbore, Frank Sinatra, L'italoamericano (LoGisma, Firenze 2021); ed altre su Vinicio Capossela (Lombardi, Milano, 1993), Francesco Guccini (Lombardi, Milano, 1993), Louis Armstrong (E.S.I., Napoli, 1997), un paio di questi con prefazioni di Renzo Arbore. Collabora con la RAI, per la cui struttura radiofonica ha condotto diverse trasmissioni musicali, e per La Storia siamo noi ha contribuito allo special su Louis Armstrong. Tiene periodicamente stage su Civiltà Musicale Afroamericana oltre a collaborare con la Fondazione Treccani per le voci afroamericane. Tra i vari riconoscimenti ha vinto un Premio Nazionale Ministeriale di Giornalismo e quello Internazionale “Campania Felix” per la sua attività di giornalista per la legalità, nonché risultando tra i finalisti del Premio letterario 'Calvino' per l’inedito. Per la narrativa ha pubblicato un romanzo breve per ragazzi dal titolo Easy Street Story, (L’isola dei ragazzi Editore, Napoli 2007), la raccolta di racconti È troppo tardi per scappare (Il Mondo di Suk Editore, Napoli 2013), due edizioni del romanzo epistolare Caro Giancarlo – Epistolario mensile per un amico ammazzato, (Innuendo Edizioni, Terracina 2014, e IOD Edizioni, Napoli 2022), che gli hanno valso il Premio ‘Giancarlo Siani’ 2014, ed il romanzo storico Ballata e morte di un gatto da strada – Vita e morte di Malcolm X (NUA Edizioni, Brescia 2021), prefazionato da Claudio Gorlier, con postfazione di Walter Mauro, e supervisionato da Roberto Giammanco, e Diario di un suonatore guercio (inFuga Edizioni, Anzio 2023). È il direttore artistico del Festival Italiano di Ragtime. Il suo sito è www.gildodestefano.it

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