Due parole sull’incontro con Flavia Carlini
La serata, come in parte mi aspettavo, ha fatto discutere; la Carlini è roboante, ha il piglio della blogger navigata e, benché lei non apprezzi l'appellativo, è un'influencer. Non nell'accezione consumistica del termine ma per come rinfocola passioni e attira follower
Venerdì scorso è andato in scena il secondo incontro targato Com&Te con Flavia Carlini – e il suo libro “Noi vogliamo tutto” – al centro della serata.
Non posso che ringraziare Ulisse Online e soprattutto il direttore Pasquale Petrillo per avermi dato la possibilità di intervistare l’autrice e quindi di ampliare il mio bagaglio esperienziale. Per cui metterò per iscritto le personali opinioni dell’incontro come se fosse la pagina di un diario di bordo.
La serata, come in parte mi aspettavo, ha fatto discutere; la Carlini è roboante, ha il piglio della blogger navigata e, benché lei non apprezzi l’appellativo, è un’influencer. Non nell’accezione consumistica del termine ma per come rinfocola passioni e attira follower.
Comunica in maniera schietta, diretta e si affranca da un linguaggio aulico per sbrecciare tra i giovani o semplicemente perché è la sua rabbia ad abbattere le palizzate della diplomazia. Del resto, è questo il sentimento che guida la sua persona. Lei identifica la sua rabbia come costruttiva e, sempre secondo lei, non assimilabile alla rabbia manganellatrice delle forze dell’ordine. Fatto sta che le sue parole hanno fomentato la platea dell’Holiday Inn, nel bene e nel male. Ma di questo parleremo dopo.
L’intervista dai divanetti scorre fluidamente e consente all’autrice di scodellare una serie di nozioni sulla società in cui viviamo, alcune condivisibili ed altre meno. Non entrerò nel merito, significherebbe dilungarsi troppo. Per questo invito i lettori a guardare la registrazione completa dell’incontro sulla pagina Facebook “premio Com&te” e farsi una propria idea.
Ho avuto la sensazione che le domande poste dal sottoscritto siano state vagamente disdegnate dall’autrice. Quattro interrogativi e tutti e quattro liquidati con garbata sufficienza. Per carità, chi vi scrive non è Giovanni Minoli quindi le domande evidentemente erano poco “ispiranti” per l’intervistata. Nonostante ciò, ritengo che le non-risposte spesso si rivelino più esaustive delle risposte di facciata, per chi sa ascoltare. È come se su quella muraglia fatta di parole, eretta dalla Carlini, ci fossero delle crepe da cui soffiavano verità non dette ed incertezze smascherate.
Ad ogni modo aveva in pugno la platea, sia tra i sostenitori che tra i contestatori. Il pubblico era in febbrile fermento per chi ha il dono di essere divisivo. Un utero di interrogativi da un lato, una caldera ribollente dall’altro. La hall dell’albergo era divenuta una perfetta riproduzione su scala ridotta dell’esercizio democratico ateniese. Non è mancato nulla, persino un esecrabile alterco tra una ragazza, forse troppo coinvolta dalla “rabbia carliniana” ed una docente, rea di aver fatto commenti poco lusinghieri sull’autrice. Ma tant’è.
In conclusione Flavia Carlini è, come ha scritto qualcuno, the next big thing dell’informazione italiana. Solo il futuro ci dirà se la sua rabbia è un fuoco che alimenta altri falò oppure è un’impetuosa e troppo ardente vampata.