ARTE & POESIA: per capire (guarire) i mali del mondo
La storia ci ha insegnato che quando arte e cultura vengono meno ovvero sono ridotte al lumicino, non è possibile nemmeno percorrere alcun cammino di pace
In questo momento storico in cui il mondo intero è col fiato sospeso ci si interroga drammaticamente sul proprio futuro. È vero: occorrerebbero risposte certe e chiare e viceversa si va avanti per intuizioni e supposizioni. L’universo della globalizzazione, della realtà virtuale, della rete telematica, della vita “on line” non appare in grado di fornirci quelle risposte che i fautori della tecnologia “sottovuoto spinto” ci avevano fatto credere di poter assicurare. È stata un’illusione poiché oggi possiamo verificare per così dire sulla nostra pelle che nulla può mutare il pensiero dell’uomo, le sue follie, le sue paure, le sue morti.
In questi mesi sono state dette molte cose. Molte altre se ne diranno ancora alla luce di nuovi attentati e focolai bellici, e chissà per quanto tempo. Noi vorremmo tornare a riflettere ancora per un attimo sul dato intellettuale convinti come siamo che l’arte e la cultura debbano restare al centro di ogni discussione e decisione perché arte e cultura significano anche ragionevolezza, senso di responsabilità, comprensione della storia (e delle storie di ciascuno) e quindi possono rappresentare la chiave per trovare finalmente una via d’uscita.
I luttuosi avvenimenti russi, ucraini, della striscia di Gaza, le vicende che li hanno preceduti e quelli verosimilmente che li seguiranno dimostrano un dato che appare inequivocabile (con buona pace dei soloni televisivi e no che pretendono di spiegarci ancora come è fatto il mondo): che l’uomo della clava e quello della rete telematica sono tuttora due aspetti della stessa figura ovvero dello stesso personaggio-uomo e che entrambe le raffigurazioni ancora oggi ci incutono paura.
Se la poesia e l’arte altro non sono che una lunga e difficile meditazione sulla vita, occorre ritornare proprio all’arte e alla poesia per comprendere il nostro tempo e quello che siamo. Arte e poesia ci dicono che non esiste invincibilità che duri in eterno e che qualunque illusione di dominare i propri simili è destinata col tempo a fallire. Così come chi si illude di mettere a nudo il “re”, magari per ereditarne ruolo e privilegi, è destinato a sua volta a soccombere, sopraffatto dallo stesso terrore col quale si è fatto strada.
Purtroppo dovremo fare i conti con retori di ogni specie, subire altri lavaggi del cervello da un “apparato comunicativo” a senso unico (la retorica è la stessa sia che si guardi da destra che da sinistra e bisogna tener presente che guerra santa e guerra per la libertà sono prima di tutto guerra). Noi vogliamo tuttavia illuderci una volta di più ricordando ciò che ebbe a scrivere T.S. Eliot nel ’32, allorquando confessava quella sua aspirazione a conseguire “una gaiezza più che umana che si immagina possa venire a se stesso come il frutto di riconciliazione e sollievo dopo un immenso soffrire”.
Un dato assiomatico assurge dagli ultimi tristi avvenimenti, che essi non appartengono aI mondo dell’arte e della cultura per cui potremmo dire che stiamo andando incontro ad una vera e propria disfatta (giusto per usare un termine di assuefazione bellica). La storia ci ha insegnato che quando arte e cultura vengono meno ovvero sono ridotte al lumicino, non è possibile nemmeno percorrere alcun cammino di pace, il che significa avviare l’umanità presente a un declino senza speranza