27 gennaio, Giornata della memoria: “affinché simili eventi non possano mai più accadere”.
La memoria può essere un antidoto alle dimenticanza ma per evitare che la storia si ripeta c'è bisogno di consapevolezza, di essere attente sentinelle di ciò che avviene nel mondo perché, se non si riconoscono i sintomi della malattia, il rischio è che dopo sia tardi per la cura
Istituita formalmente a livello internazionale con risoluzione dell’ONU nel 2005, la stessa era già celebrata in Italia a partire dal 2000, quando con legge n. 211 del 20 luglio fu previsto: «La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”;, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
In occasione del “Giorno della Memoria” di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in
modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere».
Di tutte le date horribiles che hanno marchiato la Seconda Guerra Mondiale e gli anni ad essa immediatamente precedenti, il 27 gennaio rappresenta un simbolo: in quella data, con la liberazione
di Auschwitz, fu evidente al mondo intero l’orrore del genocidio nazista, a cui – è il caso di sottolinearlo – l’alleato fascista italiano contribuì in maniera sostanziale, emanando le leggi razziali anche in Italia e contribuendo alle deportazioni di ebrei, oppositori politici, omosessuali.
Ciò che mi chiedo è: si riesce davvero il 27 gennaio con l’organizzazione di “cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione” a trasmettere e percepire l’orrore (mi scusino i lettori per la ripetizione ma davvero non trovo termine più idoneo) che fu l’Olocausto? Quanto c’è di vero nelle affermazioni di alcuni sopravvissuti secondo cui, dopo la loro morte, tutta la memoria sarà perduta? Soprattutto, è chiaro il contesto storico, sociale e anche filosofico che portò alla negazione dell’uomo da parte dell’uomo?
Quest’ultimo mi sembra un punto di partenza fondamentale. Ogni anno, le librerie pullulano di nuove edizioni, rivolte soprattutto agli studenti. Quanto tutto questa superfetazione è utile alla
memoria e quanto è marketing? Certo, non posso dubitare della potenza devastante di libri come Il diario di Anna Frank, Se questo è un uomo, La banalità del male o di film come Schindler’s list o La vita è bella.
Personalmente ricordo ancora lo strazio di leggere da tredicenne Il diario di Anna Frank, il dolore per l’angoscia di quella bambina coetanea, costretta a vivere nascosta, nella paura. Sono pagine che, dopo trent’anni , non riesco a rileggere ma di cui la memoria – appunto – è talmente vivida da farmele sentire come appena lette.
A quel tempo non esisteva la giornata della memoria ma banalmente si studiava la storia a scuola e che l’Olocausto fosse stata una vergogna per l’umanità mi era molto chiaro.
È così anche oggi?
L’orrore – ripeto di nuovo il termine – nazista (e fascista) non fu solo nei campi di sterminio, iniziò prima, molto prima, quando si iniziò a fare strada una politica di odio, di discriminazione, fu a monte, nelle idee, nelle teorie, che si tradussero concretamente prima nelle leggi razziali e poi nei campi di sterminio, idee e teorie che nessuna parte politica riuscì a contrastare e che pericolosamente e tragicamente attecchirono nella popolazione.
Ricordo ancora le lacrime di alcune persone in Opemplatz, la piazza dove Goebbels pronunciò il suo terribile discorso, frutto di una precisa strategia di eliminazione di un intero popolo, considerato nemico, che partì – anche – dal rogo dei libri. Qualcuno immaginava in quel momento che , dopo i libri, si sarebbe passati alle persone?
L’impressione è che tutto ciò sembri lontano, qualcosa di mostruoso e irripetibile, e invece il fatto che l’uomo sia stato in grado una volta di una atrocità come quella della Shoah dovrebbe farci stare attenti che tutto ciò, se è successo una volta, può succedere ancora.
La memoria è un antidoto alle dimenticanza ma per evitare che la storia si ripeta c’è bisogno di consapevolezza, di essere attente sentinelle di ciò che avviene nel mondo perché, se non si riconoscono i sintomi della malattia, il rischio è che dopo sia tardi per la cura.
Porsi le domande di cui sopra, alle quali onestamente non so dare risposta perché non ho i feedback necessari, è indispensabile perché la giornata della memoria centri la finalità per cui è stata
pensata “affinchè simili eventi non possano mai più accadere”.