Salerno, il terremoto dell’80: il ricordo di quel maledetto giorno di 35 anni fa
I cittadini salernitani non hanno dimenticato quei tragici 90secondi del terremoto del 23 novembre del 1980 che quella maledetta domenica colpì anche la nostra città. Quei momenti di terrore, di panico, di paura, di smarrimento, di ansia, sono rimasti impressi nella loro mente e nei loro occhi.
L’avvocato Americo Montera, Presidente dell’Ordine degli Avvocati era appena tornato da Roma: “Avevo 31 anni. Stavo allo studio in Via Diaz. La prima reazione che ebbi fu quella di uscire sul balcone per lanciarmi giù nel caso avessi visto i palazzi crollare. Poi scesi per le scale che fortunatamente non avevano subito danni. Le linee telefoniche erano interrotte. Raggiunsi i miei genitori in Piazza della Concordia, sotto la statua della madonnina. La sera precedente ero andato a vedere uno spettacolo al Sistina. Avevo disdetto la prenotazione in un albergo che scoprii essere costosissimo. La sera dopo dormii in auto, da terremotato. Ricordo il grande sentimento di solidarietà della gente salernitana. Chi aveva qualcosa la offriva spontaneamente agli altri ”.
Il dottor Giovanni D’Angelo, Vicepresidente dell’Ordine dei Medici, in quel periodo aveva 28 anni e ,da medico, stava assolvendo gli obblighi di leva: “Ero ufficiale presso l’Accademia Aeronautica Militare. Ci inviarono da Napoli a Conza della Campania dove fu allestito un ospedale da campo. Ho assistito a scene terribili: madri che gridavano disperate il nome dei loro figli sepolti tra le macerie. Solo la chiesa e una farmacia non erano crollate. Recuperammo le salme che portammo nel campo sportivo dove c’erano già pronte oltre 300 bare. C’è stata una grande efficienza dei soccorsi da parte delle Forze Armate, nonostante ciò che è stato detto. Il martedì era già stata allestita una cucina da campo che servì oltre mille pasti”.
Il magistrato Alfredo Greco quella sera era ad una festa di bambini a Pontecagnano: “I miei due figli erano molto piccoli. Da poco avevano cominciato a camminare. In questo appartamento dove si festeggiava il compleanno di un loro amichetto, la scossa di terremoto provocò la caduta dei libri dagli scaffali di una libreria. Poi cadde la libreria. Cominciarono a lesionarsi le pareti. Alcune crollarono. Stavamo al primo piano, l’appartamento era affollato di bambini e genitori.
Assalito dalla preoccupazione del crollo delle scale, pensai di prendere i miei figli sotto le braccia e di lanciarmi dal balcone: magari mi sarei solo spezzato le gambe, ma loro non si sarebbero fatti nulla. Fortunatamente non optai per questa soluzione e scendemmo tutti per le scale che ressero. Tornando a Salerno con l’auto, per strada c’erano i fili dell’alta tensione che si erano staccati dai pali e scaricavano a terra l’elettricità. Sembravano dei fulmini. Fortunatamente riuscii a superarli”.
Il geometra Romano Zega quella sera era a casa dalla suocera in Via Luigi Guercio: “Stavamo cenando. Quando sentimmo la scossa di terremoto ci precipitammo giù per le scale e uscimmo sulla strada che era già piena di gente impaurita e sconvolta. Mia moglie (Rosa Volpe) era in attesa del nostro secondo bambino. Ci organizzammo per passare la notte in auto come tutti, ma io a un certo punto decisi di risalire a casa di mia suocera, al secondo piano, per dormire li. Dopo qualche giorno entrai a far parte della Commissione istituita per verificare i danni del sisma, sia a Salerno che a Baronissi. Fu un lavoro massacrante: il centro storico aveva subito parecchi danni che però erano dovuti più alla vetustà degli edifici, che negli anni non erano stati interessati da alcun intervento di manutenzione, che al terremoto . I palazzi che ebbero più danni furono quelli costruiti in cemento armato, nelle zone di Mercatello, Pastena e Torrione”.
Il Pm potentino Vincenzo Montemurro, da tempo in servizio a Salerno, quel giorno era a Matera, a casa dei genitori: “Avevo 17 anni. Stavo guardando 90° minuto alla televisione. Scendemmo tutti subito in strada dove trovammo tanta altra gente”.
Il dottore oculista Alfonso Pellegrino, all’epoca viveva a Pontecagnano ed era con dei suoi amici in Piazza Sabbato: “Ero appoggiato ad un’auto parcheggiata e ad un certo punto ho sentito che si muoveva. Ho alzato lo sguardo, ho visto della polvere che si alzava dalla strada e i palazzi che ondeggiavano. Sembrava quasi si toccassero. Quella notte capii che dovevo fare qualcosa per aiutare gli altri. Avevo 17 anni. Con l’autorizzazione di mio padre entrai a far parte delle squadre di soccorso del Comune di Pontecagnano per il recupero delle salme e per l’allestimento delle tendopoli nei comuni di Lioni, Sant’Angelo dei Lombardi e Castelnuovo di Conza. Ho vissuto un’esperienza forte che mi ha segnato e formato”.
Anche la moglie del dottor Pellegrino, la dottoressa Simona Allescia, biologa, ha raccontato la sua esperienza: “Avevo 17 anni. Ero al cinema Augusteo con i miei compagni di classe a vedere un film comico. Ho vissuto il panico. Le poltrone del cinema cominciarono a muoversi. Il movimento tellurico era talmente forte che stavamo per essere sbalzati fuori dalle poltroncine. Sembrava di stare su quelle giostre pericolose che ti lasciano senza fiato. La gente ha cominciato a fuggire, anche dalle uscite di sicurezza sul Lungomare. Sono stata trascinata via da un mio compagno, inciampando sulla gente caduta a terra. Ci gridarono di allontanarci dal mare. Io tornai verso casa, in Via Camillo Sorgente dove trovai i miei genitori che mi aspettavano con ansia. Non avevamo notizie di mia sorella e di mio fratello che fortunatamente tornarono poco dopo. Dormimmo in auto anche se la nostra casa non aveva subito danni”.
Il dottor Gianni Ricco quella sera era al cinema Metropol su Corso Vittorio Emanuele:”Tutti uscirono correndo fuori dal cinema. Con gli altri amici andammo in Piazza Malta. Cercai di mettermi in contato con la mia famiglia che abitava in Via Nizza. Tutti insieme poi ci ritrovammo in Piazza Casalbore, davanti allo stadio, con tanta altra gente della zona. Insieme con altri parenti decidemmo di trasferirci nella nostra casa di Paestum dove stemmo per oltre dieci giorni. Avevo 22 anni ed ero studente in medicina. Da volontario di “Soccorso Amico” partecipai poi ad una missione di soccorso nell’avellinese”.
Per il medico chirurgo dentista Michele Accarino, che quella sera era in compagnia di una ragazza, il terremoto è servito a comprendere che è importante essere sempre pronti ad affrontare eventi del genere: “Il terremoto ha lasciato nella nostra generazione il concetto della prevenzione nei confronti di certi eventi. In quei giorni abbiamo dormito per strada. Non c’erano ancora i telefonini e ho incontrato i miei genitori solo dopo un paio di giorni. Da quella esperienza è nata la mia abitudine a controllare di avere sempre il telefonino carico, la batteria sostitutiva, il carburante in auto”.