Cava de’ Tirreni, ex Cofima: i giudici rivalutano in toto l’operato dell’Amministrazione Galdi
I giudici della Corte dei Conti hanno ora restituito al sindaco Galdi ciò che la Procura gli aveva negato: l'onestà, la correttezza amministrativa, il rispetto della legalità, l'onorabilità professionale
Si è conclusa la vicenda dell’acquisto dell’ex Cofima. Vedeva coinvolti 18 amministratori comunali, a partire dal sindaco Galdi, dal vicesindaco Napoli, e dai consiglieri della maggioranza di centrodestra dell’epoca (alcuni dei quali ora nel centrosinistra), e quattro dirigenti comunali.
La Procura della Corte dei Conti aveva chiesto a suo tempo di condannare i citati in giudizio al pagamento, in favore del Comune di Cava de’ Tirreni, quale risarcimento del danno erariale, un importo totale pari ad euro 1.230.501,22 oltre rivalutazione ed interessi. Cifre esorbitanti. Al sindaco Galdi venivano richiesti circa 308 mila euro. Al vicesindaco Napoli quasi 185 mila euro. A ciascun consigliere comunale circa 31 mila euro. Ai quattro dirigenti più di 61 mila euro ciascuno.
Sono stati tutti assolti. In modo chiaro ed inequivocabile. In una sentenza di 91 pagine i giudici hanno ripercorso tutti i vari passaggi della vicenda. C’è di più. A più riprese il Collegio giudicante ha bacchettato la Procura della Corte dei Conti, le cui ipotesi accusatorie vengono smontate, ritenendo l’operato dell’Ammnistrazione Galdi non solo legittimo, ma anche che l’acquisto dell’ex Cofima sia avvenuto nel pieno rispetto delle regole e che non sia stata violata alcuna norma al riguardo.
“Nel caso di specie -scrivono i giudici in un passaggio della sentenza- è indubbio che l’acquisto abbia così costituito un’operazione rientrante nella nozione di investimento, cioè una spesa non solo volta all’acquisto dell’immobile, che ha quindi comportato un aumento di valore del patrimonio immobiliare, ma altresì tale da portare ricchezza all’ente e alla comunità amministrata”.
Una valutazione che contrasta con l’accusa mossa dalla Procura che, in un passaggio dell’invito a dedurre, si scagliava con una violenza inusitata soprattutto nei confronti del sindaco Galdi. A pagina 47, infatti, dell’invito a dedurre, la Procura parlava di “colpa gravissima, ai limiti del dolo, per il Sindaco, altresì docente in materie giuridiche ed amministrativista, e quindi ben consapevole delle plurime violazioni delle norme, e prima ancora dei principi costituzionali di sana e corretta amministrazione della cosa pubblica…”.
Un j’accuse pesantissimo quello della Procura. I giudici, invece, ora hanno restituito al sindaco Galdi ciò che la Procura gli aveva negato: l’onestà, la correttezza amministrativa, il rispetto della legalità, l’onorabilità professionale.
Tutta la vicenda dell’acquisto dell’ex Cofima, però, viene completamente approvata e ben considerata dai giudici contabili.
“Nel caso di specie -scrivono ancora i giudici- il Comune si è trovato in presenza di un’occasione irripetibile: acquisire a un prezzo di gran lunga inferiore rispetto a quello determinato in base ad una pubblica stima – un bene di rilevante valore commerciale, da destinare a finalità di interesse pubblico per la collettività amministrata, dando peraltro continuità all’intendimento dell’amministrazione precedente”.
E ancora: “Nel caso di specie, l’acquisto è avvenuto mediante partecipazione ad un’asta fallimentare, cioè a una procedura pubblica soggetta al controllo di congruità ed economicità del Giudice del fallimento. Orbene, se le procedure ad evidenza pubblica sono presidiate da par- ticolari garanzie volte ad assicurare il rispetto dei principi di trasparenza, parità di trattamento, pubblicità e concorrenza, non può dirsi che analoga esigenza non venga rispettata nell’ambito di un’asta fallimentare, che configura una procedura regolata da apposita norma e presidiata dal giudice della procedura fallimentare”.
In altre parole, il sindaco Galdi e la sua Amministrazione nell’acquistare l’ex Cofima hanno operato non solo bene da un punto di visto della procedura, ma anche nell’interesse del Comune nonché nella massima trasparenza.
I giudici contabili vanno a fondo nel valutare la bontà dell’operazione voluta dall’Amministrazione Galdi anche rispetto alla finalità che si proponeva.
“Si dà atto di tale finalizzazione -scrivono i giudici contabili in un altro passaggio- consistente nello scopo di dotare la comunità amministrata di un bene immobiliare che poteva assolvere a molteplici finalità, venendo destinato alla realizzazione di diverse tipologie di strutture pubbliche e anche, ove fossero state definite le intese con l’Azienda Universitaria ospedaliera, di una nuova struttura ospedaliera, ritenuta necessaria”.
E sulla realizzazione dell’ospedale in quell’area i giudici ritengono più che convincenti le argomentazioni dell’Amministrazione Galdi.
“Le considerazioni che precedono inducono il Collegio -si legge ancora nella sentenza- a ritenere che l’operazione si presentasse assistita da una valida giustificazione causale, dotata di uno scopo pubblico, quale appunto la riqualificazione dell’area per rispondere alle esigenze della comunità, mediante l’allocazione di servizi comunali ovvero sfruttando altre possibilità che si sarebbero manifestate in un momento successivo. Circostanza quest’ultima poi effettivamente verificatasi, in virtù della stipula del protocollo d’intesa con l’Azienda ospedaliera universitaria Ruggi d’Aragona per l’insediamento di un nuovo nosocomio e l’inserimento del medesimo nel Piano territoriale di coordinamento provinciale”.
Queste sono solo alcune delle considerazioni del Collegio giudicante riportate nella sentenza.
Ci sono poi altri passaggi in cui i giudici contabili hanno, in un certo qual modo, da ridire sul comportamento tenuto dall’Amministrazione Servalli sulla vicenda. Evidenziano infatti “la mancata rinegoziazione del tasso di mutuo da parte dell’amministrazione Servalli succeduta a quella del Sindaco Galdi, nonostante fosse intervenuta una rilevante discesa dei tassi di interesse, che avrebbe potuto determinare una riduzione consistente proprio degli interessi oggetto della pretesa erariale”. E ancora: “Anche la mancanza della modifica di destinazione urbanistica, che era stata decisa dal Sindaco Servalli, ma che di fatto non risulta sia avvenuta, può avere inciso sul valore dell’immobile in sede di rivendita, avendolo reso meno appetibile sul mercato”.
In altre parole, pur avendo venduto bene l’ex Cofima, a dimostrazione che l’acquisto del sindaco Galdi fosse un affare, non avendo però l’Amministrazione Servalli provveduto alla modifica della destinazione urbanistica, ha impedito che la rivendita fosse ancora più appetibile e quindi vantaggiosa per il Comune.