Il senso di comunità come antidoto alla retrotopia
Nel leggere l’intervista rilasciata dall’amico Pier Vincenzo Roma, che pubblichiamo oggi, sono stato assalito da una preoccupazione. Quella cioè di condividere con lui una moderna sindrome che il grande sociologo Zygmunt Bauman ha definito retrotopia.
La retrotopia, per chi ha poco o scarsa familiarità con questo termine, non è altro che l’opposto dell’utopia. Altro non è che l’attitudine a collocare nel passato e non immaginare più nel futuro un tempo migliore. Ne deriva che il cambiamento non è più concepito come un viaggio verso l’avvenire, bensì a ritroso, verso un tempo noto, rassicurante e, soprattutto, migliore di quello presente.
Volendo utilizzare un linguaggio molto più generico ed approssimativo, potremmo parlare di nostalgia per un passato idealizzato che non c’è più.
Il rischio, per chi come me e Pier Vincenzo Roma hanno vissuto gli anni della prima repubblica, esiste per davvero. Inutile negarlo. Ma la mancanza di un futuro, o se preferite la paura di un futuro migliore, non è però una prerogativa di chi è più in là negli anni. E’ una negativa sensazione che tocca larghi strati se non l’intera attuale società. Senza distinzione sociale, culturale, generazionale.
Ecco quindi che le riflessioni di Pier Vincenzo Roma sono l’occasione per leggere il presente sì con senso critico, ma con serenità e senza esasperazioni. Un modo, questo, per cogliere dal passato quegli insegnamenti utili a costruire un futuro migliore. Per farla breve, avere consapevolezza del presente, ma senza per questo, anzi, proprio in ragione di ciò, per non tornare indietro.
Quello di Roma, quindi, è tutt’altro che un’operazione nostalgica, bensì il tentativo realistico (avendo a riferimento la nostra città, ma non solo essa) di suggerire un percorso di crescita e di sviluppo fondati su alcuni valori imprescindibili: democrazia, partecipazione, condivisione.
E, di conseguenza, utilizzare la moderna tecnologia, a partire dal web, evitando pericolose scorciatoie democratiche, rifuggendo l’individualismo sfrenato e ogni declinazione del cesarismo. E ancora: il rifiuto “dell’uomo (o della donna) della Provvidenza”, bensì “far prevalere il confronto sulle idee rispetto ai personalismi sterili ed esasperati”.
In conclusione, altro che retrotopia. Al contrario, le riflessioni di Pier Vincenzo Roma riportano alla mente le acute riflessioni di un sociologo di valore come Mauro Magatti, contenute in un suo articolo pubblicato tre anni fa dal Corriere della Sera: Ricostruire insieme l’idea di futuro perduta.
Ecco, per la nostra città così come per il nostro Paese, mai come adesso “un’idea di futuro passa per una nuova idea di libertà” e, in ogni caso, “nessuno si salva da solo” e nessuno si salva se viene meno il senso della comunità.
D’altro canto, se guardiamo l’asfittico panorama politico cittadino e i limiti dell’attuale Amministrazione comunale, non c’è altra strada da percorrere se si è intenzionati a contribuire alla costruzione di un futuro per la nostra città.