Le responsabilità dell’Egitto nell’omicidio di Giulio Regeni, mentre il Comune di Minori sceglie per “decorare” il suo nuovo solarium proprio la bandiera egiziana, posta accanto a quella italiana
Il 3 febbraio 2016 il corpo nudo e atrocemente mutilato di Giulio Regeni, 28enne originario di Fiumicello (UD), dottorando italiano dell’Università di Cambridge, viene trovato in un fosso lungo la strada del deserto Cairo-Alessandria, alla periferia del Cairo.
Il corpo recuperato mostrava segni evidentissimi di sottoposizione a tortura: si contarono più di due dozzine di fratture ossee, tra cui sette costole rotte, tutte le dita di mani e piedi, così come entrambe le gambe, le braccia e scapole, oltre a cinque denti rotti; si riscontrarono coltellate multiple sul corpo, comprese le piante dei piedi. Vi erano inoltre numerosi tagli, su tutto il corpo, causati da uno strumento tagliente simile a un rasoio.
I servizi di sicurezza del governo di Al-Sisi, così come lo stesso governo egiziano, sono accusati di avere un ruolo chiave nell’omicidio del giovane ricercatore. La polizia del Cairo aveva già svolto indagini sul ragazzo nei giorni 7, 8 e 9 gennaio su esposto del Capo del sindacato dei venditori ambulanti.
Il 16 dicembre 2020 il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza una risoluzione in cui esorta le autorità egiziane a fornire gli indirizzi di residenza degli agenti dei servizi segreti accusati dell’omicidio, nei confronti dei quali le prove sarebbero «inequivocabili».
I genitori di Giulio, Paola Deffendi e Claudio Regeni, in attesa di giustizia e risposte, hanno dichiarato di aver ricevuto intimidazioni e di temere per la propria salute.
Il 7 febbraio 2020 Patrick George Zaki, egiziano, studente 29enne presso l’università di Bologna, dopo l’atterraggio all’aeroporto del Cairo, viene catturato dagli agenti dei servizi segreti con l’accusa di minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento alle proteste illegali, sovversione, diffusione di false notizie e propaganda per il terrorismo.
Secondo il suo avvocato è stato bendato e torturato per 17 ore consecutive oltre a essere stato interrogato a riguardo della sua permanenza in Italia, del suo presunto legame con la famiglia di Giulio Regeni, e del suo impegno politico, venendo inoltre minacciato di stupro.
Dopo una breve detenzione presso Talkha, Zaki è stato trasferito prima nel carcere di Mansura quindi in quello di Tora, al Cairo. Il 7 marzo il tribunale competente ha rinnovato la sua detenzione preventiva fino alla successiva udienza, poi posticipata al 21 marzo e nuovamente posticipata a causa dell’emergenza Covid.
La detenzione preventiva è stata più volte prolungata per periodi successivi prima di 15 giorni, e poi di 45 giorni.
Attualmente, dopo circa 500 giorni, Patrick Zaki è ancora detenuto nel braccio “indagati” del carcere cairota di Tora, dove dorme per terra. Rischia fino a 25 anni di carcere per dieci post di un account Facebook, che la sua difesa considera ‘falso’, ma che ha consentito alla magistratura egiziana di formulare pesanti accuse di “incitamento alla protesta” e “istigazione a crimini terroristici”.
Nel suo paese avrebbe dovuto trascorrere solo una vacanza in compagnia dei suoi cari in una breve pausa accademica.
In Egitto, dal luglio 2013 al maggio 2019 sono state emesse oltre 2400 condanne a morte e vi sono state 144 esecuzioni, spesso al termine di processi irregolari. Alla fine del 2020 il totale è salito a oltre 200, con 51 condanne eseguite solo tra ottobre e novembre.
Secondo Amnesty International in Egitto vengono sistematicamente violati i diritti umani in merito alla libertà d’espressione, associazione e culto, circa la correttezza dei processi e la detenzione preventiva, sui diritti dei lavoratori, delle donne e sull’identità di genere.
A seguito dei casi Regeni e Zaki, la stragrande maggioranza dei cittadini italiani ha preso nettamente posizione contro gli abusi consumati in Egitto, chiedendo verità per Giulio Regeni con numerose manifestazioni di piazza e la scarcerazione di Zaki al quale molti comuni hanno conferito la cittadinanza onoraria.
Sia chiaro: sui diritti umani è nostro dovere non arretrare di un passo.
Dunque, vivissime congratulazioni al Comune di Minori, che tra tante bandiere, sceglie per “decorare” il suo nuovo solarium proprio la bandiera egiziana.
E la affianca a quella italiana offrendo una straordinaria prova di ignoranza e superficialità.
Rimuovete quella bandiera.
Immediatamente.