19 settembre scorso. Sono al Duomo di Napoli per il sangue di San Gennaro. Nel Duomo il cerimoniale replica la disposizione per settori dell’antica Roma imperiale. Sacerdoti, senatori, consoli, equites, i ceti medi fino alla plebe, ciascun ordine in un suo spazio ben definito. In quello dei ‘consoli’, in prima fila, siedono il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, e tra loro, quasi a tenerli separati, don Pedro di Borbone. Un blasonato senza stato tra i politici ed i diplomatici, è già questa è una notizia.
Il cardinale Sepe, nel salutare le autorità civili, militari, religiose e diplomatiche, cita il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, applausi di circostanza. Poi il governatore della Campania, on.le Vincenzo De Luca, idem. Quindi don Pedro di Borbone delle Due Sicilie, duca di Calabria, applausi fragorosi da tutti i settori, più significativi dalla plebe.
Impossibile non restarne intrigati. Perciò, quando l’amico Piero Caserta – cofondatore nell’aprile del ’93 con Gennaro De Crescenzo e Gabriele Marzocco del Movimento Neoborbonico – mi ha invitato a partecipare al 25° della fondazione del Movimento, coincidente con 20° del matrimonio della coppia reale, ho accettato con piacere e curiosità.
Sabato scorso, 3 novembre, l’evento. I 1.200 posti del Teatro Mediterraneo di Napoli sono già esauriti da giorni e solo grazie ai buoni uffici di Piero ottengo l’accredito. L’ingresso è programmato a partire dalle 18:30. Sono lì già alle 17:30, ma alle 20:30 è ancora in corso la verifica dei biglietti! Disorganizzazione è dir poco. Mi dico: “Sennò, che Borbone sarebbero stati!”. Alle 21:30, nella sala finalmente gremita, compare la famiglia reale, Carlo, Camilla e le due figlie, Maria Carolina, 15 anni ed erede al trono, e Maria Chiara, la più piccola. Non la faccio lunga. Lo spettacolo è stupendo: i Napulitanata, Nello Daniele, Eddy Napoli, Povia, uno strepitoso Paolo Caiazzo, coordinati da Patrizio Rispo e Fabiana Spinosa, fanno a gara a superarsi, per concludere poi con una magistrale esecuzione collettiva di Napul’è, del compianto Pino, fratello di Nello Daniele.
La cosa più sorprendente della serata è l’intervento di Maria Carolina. Ha solo quindici anni, eppure parla con consumata sicurezza, efficacia, padronanza del ruolo, utilizzando al meglio la formazione ricevuta. E quando dice: “Noi Borbone non abbiamo più un Regno, ma continuiamo a regnare nei vostri cuori ed in quelli di tutti i napoletani!” la sala si scioglie e parte l’usuale “Viva ‘o re!” dei neoborbonici, in un tripudio di vessilli e di bandierine bianche.
Carlo nel suo intervento rimarca l’apoliticità del Movimento e la determinazione della famiglia a tenersi al di qua della contesa politica, nel rispetto delle istituzioni vigenti; ma la sala, in gran parte lo vorrebbe più engagé. Se si proponesse come punto di riferimento di un movimento autonomista, avrebbe già da ora notevoli consensi. Non è momento e chissà se lo sarà mai. Intanto i neoborbonici proliferano.
Conducono una battaglia in primo luogo culturale – identitaria dicono loro – tendente a ristabilire la verità sull’unificazione dell’Italia e sul Risorgimento italiano. Ho letto alcuni dei testi di loro riferimento, con particolare riferimento a quelli più di ‘battaglia’. Ci sono senza dubbio forzature faziose, in particolare una lettura della storia in chiave cospirativa. Niente a che vedere però con la madornale falsificazione delle ricostruzioni ‘ufficiali’ insegnate nelle scuole italiane da 150 anni a questa parte.
Tant’è che oggi la rappresentazione caricaturale di un Mezzogiorno miserabile e barbaro, liberato e civilizzato dai governi post-unitari, fa acqua da tutte le parti ed anche la storiografia accademica comincia a confrontarsi senza spocchia con l’altra verità sull’Unità d’Italia.
Se ciò è e se i Meridionali ed i Napoletani in particolare stanno oggi ritrovando e rivendicando la loro dignità, lo si deve anche a quei tre che, nella primavera del ’93, si recarono a Roma da Carlo di Borbone per illustrargli il loro progetto di fondare un movimento neo-borbonico. Il principe, a suo stesso dire, strabuzzò gli occhi, incredulo e scettico: “Non saranno mica dei matti esaltati?” si chiese. Oggi li ringrazia e con lui lo fanno decine di migliaia di Napoletani e di Meridionali, per troppo tempo irrisi, defraudati ed umiliati dallo scherno borioso di tanti italiani del Nord e dalla complice, ruffiana subalternità delle proprie classi dirigenti.