scritto da Nino Maiorino - 02 Agosto 2021 09:53

Storiacce, la donna tenuta segregata per 25 anni

Mademoiselle Blanche Monnier, la ragazza che fu rinchiusa in una stanza segreta per 25 anni

È veramente folle quello che possono fare le persone per un amore incompreso.

L’immagine inquietante che correda questo articolo è una foto di Blanche Monnier tenuta prigioniera per 25 anni in una stanza chiusa con un lucchetto dove venne costretta a vivere tra i parassiti, ratti, escrementi umani e sporcizia.

La sua scoperta avvenne il 23 maggio 1901 dopo che il Procuratore generale di Parigi ricevette una lettera anonima che indicava che una donna era tenuta prigioniera in una casa situata in via “21 rue de la Visitation” in un ricco quartiere di Poiters, in Francia.

La lettera anonima diceva in parte: “Signor Procuratore Generale, ho l’onore di informarla di un evento eccezionalmente grave. Parlo di una zitella che è stata rinchiusa nella casa di Madame Monnier, mezza affamata, e che vive su una putrida lettiera da venticinque anni, in una parola, nella sua stessa sporcizia”.

La lettera sorprese la polizia poiché sapeva che il vedovo di 75 anni, Madame Louise Monnier Demarconnay e suo figlio Marcel Monnier, laureato in giurisprudenza e precedente sottoprefetto di Puget Théniers , vivevano all’indirizzo indicato nella lettera.

La famiglia Monnier era una famiglia dell’alta borghesia che proveniva dall’aristocratica famiglia Poitiers ed era onorata nella regione, da cui il sobborgo parigino di Poitiers.

l marito di Madame Louise, Emile Monnier, che era stato Preside di una facoltà d’arte locale, era morto molti anni prima, nel 1879. La famiglia si era persino guadagnata il prestigioso premio “Comitato di Buone Opere”, un premio in onore dei cittadini che avevano mostrato alte virtù.

D’altra parte, la polizia ricordò che 25 anni prima, senza destare sospetti da parte delle autorità, la loro figlia, Blanche Monnier, una donna “gioiosa e giocosa” con una “ricchezza di bei capelli e grandi occhi brillanti”, era scomparsa senza lasciare traccia quando aveva 25 anni.

La polizia arrivò a quella casa, forzò la porta e trovò Blanche Monnier emaciata che giaceva in una pozza di feci e detriti alimentari su un letto in una stanza al piano di sopra.

Con la testa nascosta sotto le coperte, la donna di 49 anni, che ora pesava solo 23 kg, era nuda, spaventata e squilibrata. Non vedeva il Sole da 24 anni. Un testimone dell’evento descrisse cosa avvenne dopo il ritrovamento.

“Abbiamo immediatamente dato l’ordine di aprire la finestra a battente. Ciò fu fatto con grande difficoltà, poiché le vecchie tende di colore scuro caddero sotto una pesante pioggia di polvere. Per aprire le ante è stato necessario rimuoverle dai cardini di destra. Non appena la luce è entrata nella stanza, abbiamo notato, sul retro, sdraiata su un letto, con la testa e il corpo coperti da una coperta ripugnantemente sudicia, una donna identificata come Mademoiselle Blanche Monnier. La sfortunata donna giaceva completamente nuda su un pagliericcio marcio. Tutt’intorno a lei si formava una specie di crosta fatta di escrementi, frammenti di carne, verdure, pesce e pane marcio. Abbiamo anche visto gusci di ostriche e insetti che attraversavano il letto di Mademoiselle Monnier. L’aria era irrespirabile, l’odore sprigionato dalla stanza era fetido”.

La donna terrorizzata venne subito avvolta in una coperta e portata all’Ospedale Hôtel-Dieu di Parigi dove i medici inizialmente pensavano che sarebbe morta.

La madre di Blanche, la signora Monnier di 75 anni, venne trovata seduta con calma in soggiorno, vestita con una vestaglia decorata a quadretti bianchi e neri. La polizia perquisì la casa e interrò sia la madre che il fratello.

All’ospedale, i medici e gli infermieri constatarono che Blanche provava un grande piacere nel lavarsi e nel respirare aria pulita. Aveva esclamato: “Com’è adorabile”.

Notarono che aveva una grande avversione per la luce, non la sopportava, reazione nomale per una persona vissuta al buio per 25 anni.

Nonostante le affermazioni del fratello di Blanche, secondo il quale era “ripugnante, arrabbiata, eccessivamente eccitata e piena di rabbia”, i medici constatarono che Blanche era calma, e non si lasciò mai andare ad attacchi di rabbia o eccitazione.

Durante le successive indagini, la verità iniziò a trapelare, sebbene molte domande siano rimaste senza risposta.

Intorno ai venticinque anni, Blanch Monnier si era innamorata di un avvocato più anziano, squattrinato, che viveva nelle vicinanze, aveva avuto una relazione e probabilmente aveva anche dato alla luce un figlio, del quale non si trovarono tracce.

Sua madre proibì la relazione, prima discutendo, poi supplicando, e quando Blanche si rifiutò di rinunciare a sposare l’ “avvocato squattrinato”, Louise complottò con suo figlio per sviluppare un piano per fermare il matrimonio.

Una notte Blanche venne rinchiusa in una stanza superiore della casa fino a quando non avesse accettato di abbandonare la relazione. La madre e il fratello pensavano che la ragazza avrebbe ceduto e avrebbe accettato le loro richieste; ma quando si resero conto che era solo una finzione, la segregarono definitivamente.

Un articolo del New York Times del 9 giugno 1901 spiegò cosa accadde dopo: “Il tempo passava e Blanche non era più giovane. L’avvocato che amava così tanto morì nel 1885. Durante tutto quel tempo la ragazza fu confinata nella stanza solitaria, alimentata con gli avanzi della tavola della madre. I suoi unici compagni erano i topi che si radunavano per mangiare le croste dure che lei gettava sul pavimento. Non un raggio di luce penetrava nella sua prigione, e ciò che ha sofferto può essere solo ipotizzato”.

Il fratello, Marcel, avrebbe poi affermato che Blanche era pazza e non aveva mai tentato di fuggire dalla stanza chiusa a chiave. Ma durante il processo diversi testimoni affermarono di aver spesso sentito Blanche urlare e supplicare, e gridare parole come “polizia”, ​​”pietà” e “libertà”.

Il 16 agosto 1892, un testimone aveva udito Blanche urlare: “Cosa ho fatto per essere rinchiusa? Non merito questa orribile tortura. Dio non deve allora esistere, per far soffrire così le sue creature? E nessuno che venga in mio soccorso!”

La madre di Blanche, Madame Monnier Demarconnay, fu arrestata il giorno successivo e imprigionata. Nonostante le precauzioni della polizia, una folla si era radunata presso la prigione con grida di odio e vendetta. Madame Monnier Demarconnay venne ricoverata in infermeria (soffriva di malattie cardiache) dove morì improvvisamente 15 giorni dopo. Si dice che le sue ultime parole siano state rivolte ai medici che erano entrati nella stanza pochi istanti prima di morire, i quali ricordarono che aveva sospirato: “Ah, la mia povera Blanche!”

Suo fratello, Marcel, venne processato da solo, accusato di essere il complice di sua madre. Il processo si aprì il 7 ottobre 1901. Quattro giorni dopo, Marcel fu dichiarato colpevole e condannato a 15 mesi di carcere. La sentenza dell’11 ottobre suscitò applausi in aula e fuori sulla piazzza la folla mostrò la propria approvazione, urlando e gridando minacce ostili contro il condannato. Marcel appellò il verdetto e, con una sentenza pronunciata il 20 novembre 1901, la corte d’appello dichiarò che non aveva esercitato alcuna violenza sulla donna e quindi fu assolto e scarcerato.

Sebbene Blanche Monnier avesse messo su un po’ di peso nel tempo, non riacquistò mai più la piena salute mentale.

Morì in un ospedale psichiatrico di Blois nel 1913, 12 anni dopo essere stata scoperta prigioniera nella sua stanza.

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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