Quarant’anni fa l’assassinio di Walter Tobagi
Il 28 maggio 1980 veniva ammazzato a Milano dalle Brigate Rosse il giornalista del “Corriere della sera” Walter Tobagi, una delle punte di diamante del giornalismo italiano, impegnato in temi sociali, politici e sindacali, e Presidente dell’ “ALG – Associazione Lombarda dei Giornalisti”.
Walter Tobagi aveva solo 33 anni e il suo impegno, giornalistico e sindacale, lo aveva portato ad essere una figura di spicco della stampa italiana, e questo lo pose nel mirino di un gruppo terroristico che fiancheggiava le Brigate Rosse, denominato “Brigata XXVIII Marzo”.
Uno dei suoi assassini, rimesso troppo presto in libertà, dopo la condanna eccessivamente mite, ha confessato: “se ci avessero fermati quando usavamo le spranghe di ferro, non saremmo arrivati a sparare per uccidere.”
Tobagi aveva cercato di sfatare i luoghi comuni sulle Brigate Rosse e sugli altri gruppi armati, denunciando i pericoli di un radicamento del fenomeno terroristico nelle fabbriche e negli altri luoghi di lavoro; purtroppo rimase vittima di un gruppo che con fabbriche e luoghi di lavoro non aveva nulla a che vedere.
L’assassinio
Era una mattina fredda quella del 28 maggio 1980. Il giornalista esce di casa poco dopo le 11 e si avvia verso via Salaino, nei pressi della sua abitazione per prendere l’auto in garage. Gli si avvicinano due giovani armati: partono alcuni colpi di pistola. Il giornalista cade a terra, a ridosso del marciapiede.
In seguito si saprà che all’agguato partecipano sei persone: Marco Barbone, Paolo Morandini, Mario Marano, Francesco Giordano, Daniele Laus e Manfredi De Stefano, tutti giovani della Milano bene e che a sparare il colpo mortale è stato il leader del gruppo Marco Barbone.
Durante il “processo Tobagi” Mario Marano confesserà che Barbone dopo aver già esploso tre colpi, si avvicinò al giornalista e disse: “Non è morto” ed esplode un altro colpo. Una esecuzione in piena regola.
I sei colpi sparati vengono uditi fino a casa Tobagi. Sua moglie Stella esce di casa correndo e tenendo per mano la figlia Benedetta, di tre anni: raggiunge il corpo del marito che giace sul selciato bagnato, gli si inginocchia accanto e piangendo gli accarezza i capelli. Sopraggiungono i genitori che vedono abbattuti lì i sacrifici ed i sogni della loro vita. “Abbiamo lavorato tutta la vita per Walter, ora dobbiamo pensare ai suoi bambini”, disse Ulderico Tobagi, padre di Walter. “Per questi bambini noi siamo qui.”
La notizia dell’assassinio di Walter arriva al Corriere della Sera, dove Tobagi lavorava, nella tarda mattinata: la sede del quotidiano milanese avverte l’assassinio come lo rottura di una tensione che si stava vivendo da tempo.
Durante il processo emerse che una prima idea era stata quella di rapirlo, ma il sequestro venne sventato dall’arrivo di una pattuglia della polizia che per caso si trovò a passare, pochi minuti prima che fosse portato a termine; per questo venne decise di ammazzarlo, e l’assassinio avvenne qualche giorno dopo.
Il giornalista sapeva, per le continue minacce che aveva ricevuto, che, prima o poi, sarebbe caduto nel mirino dei terroristi.
In una lettera del Natale 1978 così aveva scritto a sua moglie Stella: “…al lavoro affannoso di questi mesi va data una ragione, che io avverto molto forte: è la ragione di una persona che si sente intellettualmente onesta, libera e indipendente e cerca di capire perché si è arrivati a questo punto di lacerazione sociale, di disprezzo dei valori umani … per contribuire a quella ricerca ideologica che mi pare preliminare per qualsiasi mutamento, miglioramento nei comportamenti collettivi… Nell’Associazione … il motivo per cui mi sono addossato quella parte è un altro: un gesto di solidarietà verso quei colleghi, che considero anche amici, coi quali ho condiviso tante esperienze negli ultimi due anni. Un senso di solidarietà, un modo di non ragionare solo in termini di utilitarismo personale”.
Un messaggio forte che ancora oggi ha la sua validità ed è più che mai attuale.
La commemorazione
L’anniversario assume un valore particolare in questo periodo di grande disagio a causa della pandemia, il periodo più critico dopo la fine del secondo conflitto mondiale.
La Federazione Nazionale della Stampa Italiana lo ha ricordato con diverse iniziative, ufficiali e intime, svolte, d’intesa con l’ALG, a Milano. Anche il Corriere della Sera da qualche giorno lo ha voluto ricordare con una serie di articoli e servizi, e con una raccolta di suoi articoli in un volume intitolato “Poter capire, voler spiegare”, che è una delle frasi con cui Tobagi descriveva il dovere del giornalista.
Inoltre alle ore 11 del 28 maggio, stessa ora in cui Togabi venne ammazzato, c’è stato un incontro in streaming con i figli Benedetta e Luca. Nel pomeriggio, in Via Salaino, poco distante dalla sua abitazione, dove venne assassinato, è stata depositata una corona di fiori sulla targa ricordo già esistente.
Inoltre è stato chiesto al Comune di Milano l’autorizzazione per installare una panchina. A tal proposito Il Presidente dell’ ALG, Paolo Peracchini, ha dichiarato: «Abbiamo proposto di installare una panchina alla memoria di Walter Tobagi nel Parco Solari, che si trova nei pressi della sua abitazione. Vorremmo che quella panchina diventasse non solo un simbolo della memoria di un giornalista ucciso dai terroristi bensì un luogo vivo nel quale raccontare ai giovani, con eventi dedicati, cosa ha significato per Walter essere giornalista e cosa significa per tutti noi che ci crediamo».