Il decesso di Luc Montagnier, 89 anni, avvenuto l’8 di questo mese, ha posto fine alla vita di uno dei più discussi scienziati del secolo scorso e del primo ventennio di quello attuale.
Montagnier era ricoverato nell’Ospedale Americano di Parigi, e la conferma della sua morte è stata data dopo giorni di incertezza perché, nonostante il quotidiano “France Soir” l’avesse data per certa già mercoledì 9, e confermata del quotidiano “Liberation” giovedì 10, nessuno dei familiari del suo stretto entourage la confermava: il trapasso di quest’uomo è avvolto dal mistero, un vero e proprio giallo, aggravato dal silenzio delle istituzioni francesi, tant’è che è stato lo stesso giornale col quale Montagnier collaborava a lanciare un appello pubblico.
La conferma è poi giunta dal professor Didier Raoult, dell’Ospedale di Marsiglia, altro controverso scienziato, noto, dall’inizio della pandemia da Covid-19, per la sua teoria di bloccare il virus con la “idrossidoclorochina”, un farmaco antimalarico che fa parte dei farmaci antireumatici e utilizzato anche nella terapia dell’artrite reumatoide e del lupus eritematoso sistemico.
Il che fa riflettere anche sugli ultimi anni di vita di Luc Montagnier, perché l’unione di personaggi che vanno contro corrente rispetto alla quasi totalità degli scienziati, è molto preoccupante perché essi, per il nome e il passato prestigio, sono in grado di indirizzare masse di cittadini, giustamente dubbiosi in circostanze come quelle attuali, verso comportamenti che possono generare devianze pericolose per la incolumità di milioni di persone.
Alla fine la conferma definitiva è stata data dal municipio di Neuilly dopo il deposito dell’atto di morte dello scienziato.
Luc Montagnier è stato sulla cresta dell’onda negli anni ’80 dello scorso secolo, per aver isolato il virus dell’HIV, l’allora tanto temuta Aids, contro il quale sperimentò il vaccino che la debellò e gli procurò il Premio Nobel per la medicina nel 2008.
Nato il 18 agosto del 1932 a Chabris, un piccolo comune situato nel Centro-Valle della Loira, Montagnier deve la sua notorietà tra il grande pubblico proprio alla scoperta del virus dell’HIV. Il suo nome è legato indissolubilmente al suo lavoro all’Istituto Pasteur di Parigi dove negli anni ’80 è stato autore della grande scoperta assieme a Françoise Barré-Sinoussi. Un successo scientifico che lo ha portato al Premio Nobel per la medicina nel 2008, anticipato e seguito da diversi premi e riconoscimenti.
E’ stato direttore emerito del “CNRS – Centre national de la recherche scientifique” e dell’Unità di Oncologia Virale dell’Istituto Pasteur di Parigi,
Molto stimato, lo scienziato ha lavorato con più grandi istituti scientifici del mondo. E’ stato anche direttore del “Center for Molecular and Cellular Biology” al Queens College della City University di New York e dell’ “Istituto di ricerca alla Jiao-tong University di Shanghai.
Per il suo lavoro ha ricevuto innumerevoli premi e riconoscimenti.
Oltre al Nobel, Montagnier è stato insignito di altri premi, come il Premio Lasker (1986), il Japan Prize (1988), il Premio Scuola medica salernitana (2011), il Sigillo dell’Università degli Studi di Salerno (2011), e di tante onorificenze: Cavaliere dell’ordine della Legion d’Onore (1984), Commendatore dell’Ordine Nazionale al Merito (1986), Ufficiale dell’Ordine della Legion d’Onore (1990), Commendatore dell’Ordine della Legion d’Onore (1993), Grand’Ufficiale dell’Ordine della Legion d’Onore (2009), Premio Principe delle Asturie per la ricerca scientifica e tecnica, conferitogli dalla Spagna (2000).
Da tempo, però, la figura di Luc Montagnier si era imposta anche come molto divisiva nel mondo scientifico.
Infatti, nel corso degli anni, aveva promosso una varietà di teorie pseudoscientifiche prima riguardo all’AIDS, poi sulle cure omeopatiche e infine sui vaccini, contraddicendo, in parte, pure le sue passate teorie.
Anche durante la pandemia di COVID-19 ha sostenuto diverse teorie, non dimostrate, riguardanti l’origine e la prevenzione del virus SARS-CoV-2, teorie che hanno suscitato aspre critiche da parte della comunità scientifica.
Questi tentennamenti tra opposte teorie, che specialmente i social-media diffondono a profusione, frastornano l’opinione pubblica in quanto non tutti hanno la possibilità di valutarle, e tantissimi vengono portati fuori strada.
Le persone dotate di raziocinio hanno qualche elemento per cercare di individuare dov’è la verità.
Se su cento scienziati, 98 dicono la stessa cosa, anche se con linguaggio diverso, e due il contrario, è facile orientarsi.
Ma se i due contrari, o anche uno solo di essi, ha una vita scientifica passata prestigiosa, il danno che provocano sul pubblico è incalcolabile, e il fenomeno dei no-vax si fonda su questo.
E quando, in aggiunta, un personaggio come Montagnier partecipa in prima persona a manifestazioni e convegni negazionisti, si assume una responsabilità enorme.
Montagnier, nell’ultimo ventennio, ha visto un progressivo logoramento dei rapporti con la comunità scientifica, da quando, nel 2000, propose la papaia fermentata come trattamento per il Parkinson.
Nel 2009 -l’anno dopo aver ricevuto il Nobel- sostenne che un buon sistema immunitario avrebbe permesso di sbarazzarsi dell’Hiv “in poche settimane” e che una buona dieta ricca di antiossidanti renderebbe possibile l’esposizione al virus senza venire contagiati in modo cronico.
In seguito promosse altre tesi che non hanno avuto credito, come l’origine batterica dell’autismo e il legame tra i vaccini e le morti improvvise di ragazzi.
Qualcuno ha anche sostenuto che Montagnier, negli ultimi anni, abbia fatto ricerche sulla «memoria dell’acqua», cosa che avrebbe suscitato la ilarità generale. A tal proposito non è detto che l’acqua non possa avere una memoria, ma il fatto che l’intero mondo scientifico sia rimasto scettico fa riflettere.
Le sue posizioni eterodosse, se da un lato lo hanno reso inviso al mondo scientifico, dall’altro lo hanno fatto diventare l’idolo dei “bastian contrari”, ultimi i no-vax in seguito all’esplosione della pandemia di Covid-19 e alle sue teorie sui vaccini.
Le sue ultime apparizioni in pubblico sono avvenute durante manifestazioni, anche violente, degli stessi, tra cui una in Italia nel gennaio scorso, dove ha continuato a sostenere la pericolosità dei vaccini anti-covid.
Qualche tempo fa, in un articolo che riguardava i danni recati da scienziati negazionisti, dicemmo che ad una certa età, anche gli scienziati possono perdere i lumi della ragione, e ci azzardammo a dire che sarebbe opportuno che, ad una certa età, venissero sottoposti a testi neuro-psicologici.
Ora, di fronte alla scomparsa di Montagnier, proviamo un certo imbarazzo, perché la morte di un nostro simile induce anche a un momento di riflessione.
Sarà il Supremo giudice a valutare se Montagnier ha fatto bene o ha fatto male: noi ci limitiamo solo a dire “riposi in pace”.