Cava de’ Tirreni, ’a mèvesa ‘mbuttunata: le origini ebraiche del piatto della Festa di Montecastello
pastiera dolce di maccheroni preparata con spaghetti, zucchero e cannella, salumi e formaggi paesani, fagiolini all'insalata e
Hanno preso inizio questa mattina, con la Santa Messa preso la chiesa della Santissima Annunziata, i festeggiamenti in onore del Santissimo Sacramento a Cava de’ Tirreni.
Da stamane dalla sommità di Monte Castello si ode il susseguirsi dello sparo degli storici pistoni ad opera dei mebri dei vari gruppi di Trombonieri e associazioni folcloristiche. Questa sera alle 20:30 si svolgerà la Storica Processione, col Santissimo Sacramento, che avrà inizio dalla Chiesa della Santissima Annunziata e giungerà al terrazzo superiore del Castello per la benedizione della città.
In queste giornate di festa, le tavole dei cavesi sono imbandite con le specialità tipiche della tradizione: pastiera dolce di maccheroni preparata con spaghetti, zucchero e cannella, salumi e formaggi paesani, fagiolini all’insalata e l’immancabile mèvesa ‘mbuttunata, le cui origini si fanno risalire ai primi insediamenti ebraici nella vicina città di Salerno.
In molti ignorano la presenza di una comunità ebraica a Salerno le cui tracce scritte risalgono al X secolo. Il quartiere ebraico, o giudecca, sorgeva vicino alla riva del mare, tra le attuali via Masuccio Salernitano e vico Giudaica. Una tradizione vuole tra i fondatori della Scuola Medica Salernitana l’ebreo Elino, che avrebbe insegnato in ebraico, mentre altri tre colleghi, il greco Ponto, l’arabo Adela e il latino Salernus, avrebbero insegnato rispettivamente in greco, arabo e latino.
Questo insediamento stabile della comunità ebraica salernitana ha lasciato, nel corso dei secoli, importanti tracce della sua presenza in città a livello sia economico (mercanti, banchieri, tessitori, conciatori) che culturale ed ha influenzato anche la cucina del territorio. E uno dei piatti tipici della città di Salerno, che poi è trasmigrato anche nelle vicine Vietri sul Mare e Cava de’ Tirreni, “’a mèvesa ‘mbuttunata”, la milza cotta nell’aceto e imbottita di prezzemolo e peperoncino, consta proprio di origini ebraiche.
Per la macellazione della carne gli ebrei, secondo i loro dettami religiosi, non potevano percepire denaro per il proprio lavoro, e quindi trattenevano come ricompensa le interiora che cucinavano come farcitura per panini che vendevano poi ai “gentili”, cioè ai cristiani.
La milza venne poi utilizzata come strumento di baratto tra i macellai e gli allevatori che vendevano i loro animali in cambio delle interiora, o i popolani e agricoltori che chiedevano nei macelli le interiora che allora venivano vendute a prezzi estremamente bassi. Un cibo poverissimo, dunque, in grado però di sfamare e corroborare chi aveva poco o nulla da mangiare, e che nel tempo è diventato fortemente identitario del territorio, tant’è che non manca mai sulle tavole imbandite per la festa di Montecastello a Cava, così coma a Vietri per San Giovanni e a Salerno per San Matteo.
Insomma, i nostri antenati e le nostre origini comuni che affondano nel Mediterraneo sono ancora tra noi, soprattutto con le loro credenze, i loro riti, le loro usanze, la loro religiosità, dopo millenni, nelle nostre tradizioni popolari.