scritto da Angela Senatore - 11 Settembre 2024 08:01

11 settembre 2001. Il mondo dopo l’attentato alle Torri Gemelle

L'11 settembre rappresenta senza dubbio una data spartiacque. Se il 1492, con la scoperta  dell'America da parte di Cristoforo Colombo, aveva segnato l'ingresso in una nuova era, una nuova civiltà, dando avvio ai grandi viaggi che portarono con sé scoperte e una sorta di globalizzazione ante litteram, e al contempo la nascita del colonialismo (con tutte le sue conseguenze negative ancora oggi evidenti), il 2001 sembra quasi la chiusura di un cerchio, di secoli di slancio, apertura, della fede nell' "American dream

11 settembre 2001.

Chi, tra i nati almeno nel decennio precedente, non ricorda esattamente cosa faceva e dov’era quel giorno nel preciso momento in cui i telegiornali e i radiogiornali di ogni emittente si sintonizzarono per dare la notizia di qualcosa di terribile che stava accadendo a New York?

Io lo ricordo perfettamente. Avevo 19 anni, stava per terminare l’estate del mio diploma e stava per iniziare il mio percorso universitario, ero spensieratamente in giro sul mio Piaggio Liberty (nomen omen), mi sentivo libera. E grande. Quando arrivò la telefonata allarmata di mia madre, aveva toni apocalittitci ed in effetti ciò che stava succedendo lo era.

L’attentato alle Twin Towers, in concomitanza con quello al Pentagono, provocò 2977  morti esclusi i 19 dirottatori.

L’11 settembre rappresenta senza dubbio una data spartiacque. Se il 1492, con la scoperta  dell’America da parte di Cristoforo Colombo, aveva segnato l’ingresso in una nuova era, una nuova civiltà, dando avvio ai grandi viaggi che portarono con sé scoperte e una sorta di globalizzazione ante litteram, e al contempo la nascita del colonialismo (con tutte le sue conseguenze negative ancora oggi evidenti), il 2001 sembra quasi la chiusura di un cerchio, di secoli di slancio, apertura, della fede nell’ “American dream“.

La prima reazione fu indubbiamente quella di pericolo. La nostra mente era abituata all’equazione USA uguale intelligence, quindi sicurezza, potenza, inattaccabilità. Se gli Stati Uniti potevano subire un attacco simile, chi poteva sentirsi veramente al sicuro?

Conseguenza immediata di questa sensazione di pericolo fu evidentemente di tipo pratico e riguardò innanzitutto la sicurezza aerea. Cabine di pilotaggio blindate e non abitabili da una sola persona, body scanner e divieto di portare a bordo anche semplici forcine o coltellini furono tra le prime misure adottate insieme con quella che limita i liquidi ad una quantità massima di 100 ml. Sono misure in vigore tutt’oggi a 23 anni di distanza. Anzi, proprio per quanto riguarda i liquidi, se le nuove tecnologie avrebbero permesso di eliminare il limite, in via precauzionale la Commissione UE ha per il momento ritenuto di dovere lasciare le cose come stanno. Insomma, a bordo, neanche una borraccia piena d’acqua è ammessa. Sono limitazioni di libertà? A ben pensarci sì, lo sono. Essere scansionati con un macchinario lo è di certo ma non ho mai sentito proteste in proposito perché, evidentemente, c’è stata una accettazione generalizzata della necessità di protezione, in virtù proprio di quel sentimento diffuso di pericolo.

Se tuttavia l’11 settembre non ha determinato un ridimensiomento della volontà delle persone di viaggiare, anche in aereo, conseguenza perversa e ben più profonda è stato il radicamento di una percezione negativa dell’altro, dello straniero, specialmente se quello straniero ha sembianze arabe ed è di religione musulmana. L’Islamofobia in una parola è stato l’effetto negli anni più devastante dell’11 settembre. Se lo scisma tra Oriente e Occidente risale addirittura all’Impero Romano e la nostra cultura non si è mai probabilmente veramente aperta alla conoscenza del mondo arabo, l’attentato alle Torri Gemelle ha agito da retromarcia nel processo di integrazione.

Non sapevamo nulla o quasi di Medio Oriente e, ad un certo punto, le nostre televisioni sono state bombardate di Bin Laden e reportage di Al Jazeera e poco importa se quello fosse il capo dei Talebani, organizzazione estremistica e terroristica, nel nostro immaginario qualsiasi arabo è o almeno può essere un talebano o – più di recente – un affiliato dell’Isis. Meglio non dargli credito, nè fiducia. Questa percezione è stata via via corroborata negli anni dalla triste sequenza di attentati che hanno sconvolto l’Europa, da ultimo, quello fortunatamente sventato quest’estate a Vienna per il concerto di Taylor Swift.

Si è passati così da una società che almeno a me – diciannovenne dell’epoca – sembrava aperta e ottimista, ad una società chiusa che tende ad alzare muri anziché a costruire ponti.

Deriva da questo l’ondata nazionalista che sta travolgendo l’Europa e anche gli Stati Uniti? Probabilmente in parte sì, è frutto anche di quella paura nuova che ci ha pervasi da quel giorno.

Possiamo invertire questa rotta? Io penso di sì, possiamo. La chiave – come sempre – sta nella conoscenza.

 

Giornalista pubblicista, collabora con Ulisse online dal 2021 occupandosi principalmente della pagina culturale e di critica letteraria. È stata curatrice della rassegna letteraria Caffè letterari metelliani organizzata da Ulisse online e IIS Della Corte Vanvitelli e ha collaborato con Telespazio in occasione del Premio Com&te. È da maggio 2023 responsabile della Comunicazione di Fabi Salerno. Abilitata all’esercizio della professione forense, lavora in una delle principali banche italiane con specializzazione nel settore del credito fondiario.

Una risposta a “11 settembre 2001. Il mondo dopo l’attentato alle Torri Gemelle”

  1. Per comprendere il presente e immaginare il futuro occorre conoscere la storia. L’articolo offre la opportunità al lettore di alimentare riflessioni profonde su diversi temi dell’attuale momento storico economico e culturale.

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