scritto da Carolina Milite - 10 Marzo 2016 13:11

10 marzo 1946, la prima volta delle donne italiane al voto

Settant’anni fa si tennero le prime elezioni libere dopo ventisei anni di dittatura fascista. Gli Italiani furono chiamati alle urne in occasione delle elezioni amministrative e 346 comuni vennero affollati di cittadini e cittadine che votarono i propri rappresentanti. Duemila donne furono elette nei vari consigli comunali.

Ma la cosa non era affatto scontata, come si può credere. Fino a quel giorno, infatti, le Italiane avevano, di fatto, ottenuto soltanto il diritto all’elettorato attivo (e non a quello passivo), com’era previsto nel decreto legislativo luogotenenziale n. 23 del 31 gennaio 1946 e pubblicato il 1° febbraio, che sancì il suffragio universale. Nel decreto non era però prevista l’eleggibilità delle donne, che verrà disposta solo dal decreto n. 74 sempre del 10 marzo 1946: “Sono eleggibili all’Assemblea Costituente i cittadini e le cittadine italiane che, al giorno delle elezioni, abbiano compiuto il 25° anno di età”.

Si stava ricostruendo il Paese dalle macerie e dalle lacerazioni della Seconda Guerra Mondiale, le ultime elezioni libere e democratiche erano state nell’autunno del 1920 e avevano visto la vittoria dei Popolari. Poi oltre vent’anni di negazione della democrazia e cinque disastrosi anni di guerra durante i quali le donne attinsero a tutte le loro forze e diedero il proprio apporto fondamentale all’Italia: avevano partecipato alla Resistenza, sostituito gli uomini nel mondo del lavoro, rappresentato l’unico riferimento per i figli mentre i padri erano lontani.

Sembrava dunque scontato per le donne italiane del dopoguerra non essere escluse dal processo di riorganizzazione politica e di ricostruzione del Paese. In realtà così non era e se quel famoso 10 marzo 1946 le urne elettorali e le piazze antistanti agli edifici dove si tenevano le elezioni erano affollate di contadine, suore, casalinghe e celebrità che accettarono di fare lunghe file per poter eleggere rappresentanti del loro stesso sesso, ciò fu dovuto alla fermezza e forza di volontà di De Gasperi e Togliatti in primis più che dei loro partiti di appartenenza. E così la politica pose rimedio al Decreto Bonomi, così veniva chiamato il famoso decreto legislativo luogotenenziale che conferiva il diritto di voto alle italiane che avessero almeno 21 anni (uniche escluse le prostitute schedate che lavoravano al di fuori delle case dove era loro concesso di esercitare la professione), ma non il diritto di essere votate.

Da allora in poi le porte della politica italiana si apriranno per tante donne il cui contributo a essa sarà fondamentale: nella Carta Costituzionale entrata in vigore il 1° gennaio 1948 entra il principio di parità tra uomo e donna come cita l’art. 3 nel primo comma:  “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E siamo certi che a contribuire al san cimento di questo principio siano state anche, e soprattutto, le ventuno donne elette alla Costituente il 2 giugno 1946.

Diplomata al liceo classico, ha poi continuato gli studi scegliendo la facoltà di Scienze Politiche. Giornalista pubblicista, affascinata da sempre dal mondo della comunicazione, collabora con la rivista Ulisse online sin dalla sua nascita nel 2014, occupandosi principalmente di cronaca politica e cultura. Ideatrice, curatrice e presentatrice di un web magazine per l'emittente web Radio Polo, ha collaborato anche col blog dell'emittente radiofonica. Collabora assiduamente anche con altre testate giornalistiche online. Nel suo carnet di esperienze: addetto stampa per eventi e festival, presentazione di workshop, presentazioni di libri e di serate a tema culturale, moderatrice in incontri politico-culturali.

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