scritto da Paolo Landi - 03 Luglio 2025 08:14

L’ANGOLO DELL’ANIMA Gli aspetti psicologici della guerra

Gli aspetti psicologici di un conflitto bellico, di qualsiasi portata, possono essere molteplici, e vanno a coinvolgere sia i soldati che la popolazione civile, anche se questi ultimi non partecipano in maniera diretta in prima linea

La guerra rappresenta uno dei fenomeni più complessi della storia umana, intrecciando fattori politici, economici, ideologici e anche psicologici. Gli aspetti psicologici di un conflitto bellico, di qualsiasi portata, possono essere molteplici, e vanno a coinvolgere sia i soldati che la popolazione civile, anche se questi ultimi non partecipano in maniera diretta in prima linea.

Un elemento importante da comprendere, riguarda l’addestramento psicologico che svolgono i soldati per superare l’inibizione naturale all’uccisione, portando di conseguenza, ad una de-umanizzazione del nemico. A questo si aggiunge una cieca obbedienza che i militari dimostrano nell’eseguire degli ordini, spesso distruttivi, di fronte ad un’autorità percepita come legittima che li impartisce. Questo spiega il comportamento di molti soldati  coinvolti in molte atrocità di guerra. Ogni soldato, durante il vissuto quotidiano della guerra a cui partecipa e assiste, è inevitabilmente sottoposto ad un forte stress psicofisico, derivante dal confronto con la morte e dal rischio costante che percepisce.

Questo genera stati di forte ansia e paura, che possono poi sfociare in disturbi psicologici come il disturbo post-traumatico da stress. Infatti numerosi casi testimoniano come coloro che fronteggiano la guerra presentano un’elevata incidenza di disturbo post-traumatico da stress e depressione maggiore. In particolare tra i veterani di guerra le stime del DPTS si attestano intorno al 30%, con effetti che perdurano per tutto l’arco di vita, impattando anche sul contesto familiare e sociale. Gli stessi meccanismi psicofisiologici riscontrati nei militari si posso ampliare anche ai civili che vivono la guerra nella loro quotidianeità.

Si stima come almeno il 10% della popolazione femminile subisca abusi sessuali con drammatici effetti fisici che esacerbano il distress psicosociale conseguente che include sintomatologia ansiosa, depressiva e post-traumatica, isolamento se non rifiuto da parte della comunità di appartenenza e molto altro ancora. Altri studi hanno poi evidenziato l’impatto sia in fase acuta che cronica delle guerre sulla salute dei bambini e dei loro genitori, secondo un circolo vizioso che porta a mantenere se non accrescere la sofferenza emotiva.

I bambini più grandi mostrano livelli aumentati di ansia e depressione e tutto ciò porta a una salute mentale e fisica peggiore fino all’età adulta. Anche chi non vive direttamente il conflitto rischia danni psicologici. Anche non essendo in zone di guerra, l’esposizione mediatica alle notizie e immagini belliche può avere un impatto significativo sulla salute mentale delle persone. Per esempio, un fenomeno legato a questa esposizione è quello dell’impotenza appresa. L’impotenza appresa rappresenta l’incapacità di reagire che deriva dalla convinzione di una persona di non avere alcun controllo sulle situazioni in cui si trova.

Nello specifico contesto di cui si sta parlando possiamo vedere l’impotenza appresa in relazione all’incapacità della persona di difendersi dalla violenza e dall’aggressività delle immagini di guerra e il sentire di non avere alcun potere di proteggersi. Questo può generare nelle persone un senso di disperazione e di rassegnazione verso ciò che sta accadendo. Inoltre la costante esposizione a notizie di guerra può favorire l’insorgenza di disturbi d’ansia, per una sensazione di minaccia percepita, che a sua volta rischia di generare vissuti di tristezza, angoscia e visione pessimistica del mondo.

LE DOMANDE SORGONO SPONTANEE:

  • Dopo il “rovente” primo cinquantennio del secolo scorso, immaginavamo nel primo ventennio del nuovo millennio che potevamo assistere ancora a truci dazioni, genocidi,  minacce di utilizzo di armi nucleari ?
  • Lo sviluppo ed il progresso della medicina, delle scienze, della tecnologia, delle comunicazioni in generale, dell’intelligenza artificiale e delle tantissime altre evoluzioni in ogni campo- oggi più che mai- a cosa stanno servendo all’umanità?
  • In quasi tutto il globo abbiamo assistito a giornate e giornate della memoria (rispetto ad ogni tipo di guerra e senza bandiere ideologiche/politiche), abbiamo scritto, negli ultimi settant’anni fiumi di parole pubblicando testi, organizzato convegni, congressi, abbiamo investito le scuole in percorsi di sensibilizzazione di ogni tipologia, anche di altissima qualità. Ma tutto ciò quale risultato ha prodotto?
  • Cosa, come e quando abbiamo sbagliato?

Da terapeuta ascolto ed osservo le posture dei “Capi” che “governano” il mondo: la mia impressione è che la madre di tutti gli orrori potrebbe essere stata la costruzione di una società globalizzata sì, ma tutta votata al narcisismo, parlo di quel narcisismo sadico, il narcisismo della visibilità a tutti i costi, del narcisismo del possedere sempre di più e senza limiti, della mancanza di investimento nella costruzione dell’empatia. Manca un’educazione all’empatia: in coppia, nel piccolo gruppo, nei contesti lavorativi, nel piccolo o grande condominio- locale e globale che sia- non sappiamo più perdere, non reggiamo più la minima frustrazione. Abbiamo deciso che non dobbiamo provare dolore e continuiamo ad insegnare alle nuove generazioni che quello che è importante è vincere, vincere…vincere!

E vinceremo cosa, quando, come?

Al momento abbiamo perso tutti e stiamo contribuendo al mantenimento di guerre locali, nazionali, europee, trans continenti. Bentornati all’inizio del 900, quando si era ancora ignari che si sarebbero combattute due guerre mondiali!

La storia insegna poco, che dispiacere. Anzi, seppur insegna qualcosa la storia, vince il narcisismo delle forme più sadiche, vince la dis-umanizzazione! Tanto è vero ciò che si ordinano guerre a “tavolino” nella piena consapevolezza che moriranno e patiranno le pene dell’inferno intere popolazioni.

Per fortuna non riesce a convincere nessuna motivazione “giusta” a credere nella morte e nel dolore acuto provocato da qualsiasi guerra.

 

Riferimenti bibliografici

Direttore La città della luna- cooperativa sociale. Psicologo e psicoterapeuta cognitivo comportamentale dr.paololandi@gmail.com www.paololandipsicologo.it 3939366150

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