Solo il 6% degli italiani prenota visite online, contro un terzo di finlandesi e danesi, e il 27% degli spagnoli. E solo il 31% dei medici utilizza le reti digitali per lo scambio dei dati sui pazienti con altri operatori sanitari, mentre in Danimarca si arriva al 92%, in Spagna al 64%, nel Regno Unito al 53%. Ma con l’informatizzazione delle procedure aumenta la trasparenza e si riducono gli sprechi
La digitalizzazione della sanità è in ritardo. Sono 1.772.000 gli italiani che nell’ultimo anno hanno prenotato visite online e 1.130.000 hanno utilizzato internet per prenotare accertamenti diagnostici come analisi e radiografie. Le regioni più virtuose sono il Veneto, il Lazio e il Trentino Alto Adige, mentre la regione rimasta più indietro è la Puglia, dove meno dell’1% dei cittadini ha prenotato visite online.
A livello europeo sono i finlandesi a utilizzare di più internet per prenotare le visite mediche (il 32,5% della popolazione di 16-74 anni), seguiti dai danesi (32,3%) e dagli spagnoli (27,5%). Gli italiani si attestano al 6,4%, mentre chiudono la graduatoria bulgari (1,9%), greci (1,8%) e ciprioti (0%).
Questi sono i dati elaborati dai partner del progetto «Curiamo la corruzione» (www.curiamolacorruzione.it).
Il progetto, sostenuto dalla Siemens Integrity Initiative, promuove una maggiore trasparenza, integrità e responsabilità individuale e collettiva nella sanità attraverso attività di ricerca, iniziative di formazione e comunicazione sul territorio, sensibilizzazione dei decisori pubblici e privati, sperimentazione di misure anticorruzione nelle strutture sanitarie pilota di Bari, Melegnano, Siracusa e Trento.
Il 18,8% degli italiani è convinto che un utilizzo più intenso di internet nella pubblica amministrazione renderebbe le procedure più trasparenti, dando più forza ai cittadini. Oltre a far risparmiare tempo e denaro, riducendo gli sprechi, l’informatizzazione delle procedure aumenta la trasparenza, perché restringe gli ambiti di discrezionalità degli operatori e permette al cittadino di avere un maggiore controllo. Questa opinione è condivisa anche dal 71% dei dirigenti delle strutture sanitarie, certi che la normativa che obbliga le Asl a dotarsi di un sito web permetta un maggiore controllo dei costi e dei servizi, e costituisca un reale deterrente alla corruzione.
La situazione tra gli operatori non è migliore. Meno di un terzo dei medici italiani (il 31,2%) utilizza le reti digitali per lo scambio dei dati dei pazienti con altri operatori sanitari, mentre in Danimarca la quota sale al 91,8%, in Spagna al 63,6%, nel Regno Unito al 52,8%, in Francia al 39,4%. Più indietro i medici tedeschi, che solo nel 23,9% dei casi scambiano in rete i dati dei pazienti.
Pur avendo registrato negli ultimi anni un’accelerazione sul piano normativo, la digitalizzazione della sanità italiana procede a un ritmo più lento di quello previsto dall’Agenda Digitale, per cui entro la fine del 2017 il processo di informatizzazione del sistema sanitario dovrà essere compiuto.
Ad esempio, l’introduzione del Fascicolo sanitario elettronico, annunciato come una rivoluzione in termini di risparmio di tempi e di costi, al momento risulta attivo solo in 5 regioni (Valle d’Aosta, Lombardia, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna e Toscana) ed è in fase di sperimentazione o di implementazione nelle altre. Siamo poi ancora lontani dall’adempimento dell’obbligo di legge che imponeva a tutte le aziende sanitarie di attivare i pagamenti online e di rendere disponibili i referti in formato digitale entro il mese di novembre 2015. (fonte Censis – foto Angelo Tortorella)