Cava de’ Tirreni, Piani Paesaggistici Regionali: l’impatto sul nostro territorio
L'ing. Aniello Casola ripercorre la storia e i vari passaggi della programmazione urbanistica degli ultimi settant'anni
Riceviamo e pubblichiamo
Nel settore della salvaguardia dei beni paesaggistici, in questo momento, non solo il territorio di Cava de Tirreni , ma anche quello dell’intera regione Campania, si sta vivendo un momento di delicata e vitale programmazione a cui molti Sindaci mi sembra che non stiano destinando la dovuta attenzione. Tale attività, infatti, inciderà in maniera sostanziale sulla vita delle prossime due generazioni, nonché sulle variazioni demografiche delle nostre comunità, come già avvenuto per gli anni scorsi.
E’ indiscutibile che le migrazioni dipendano molto dal costo della vita che si determina in conseguenza delle programmazioni urbanistiche, di sviluppo territoriale e della politica della casa. Da esse conseguono costi, fruibilità dei servizi e possibilità occupazionali nei vari settori sociali, quali edilizi, commerciali, industriali e agricoli.
“Nella programmazione urbanistica c’è stata lungimiranza fino all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso”
Per quanto riguarda il comune di Cava de’ Tirreni, osservo che tali obiettivi sono stati perseguiti, con lungimiranza fino all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso. Lo testimoniano gli atti programmatici urbanistici vigenti all’epoca.
Infatti, ricordo che l’assillo delle amministrazioni dell’epoca era quello di limitare le previsioni di sviluppo ad un massimo di 60.000 unità sul territorio. Si riteneva, a ragione, che tale valore numerico costituiva il limite massimo per consentire la vivibilità del territorio comunale in termini di infrastrutture e servizi.
La visione del vecchio PRG (Piano Regolatore Generale), vigente fino al 1998, rende immediatamente l’idea della chiarezza e della semplicità programmatica dello sviluppo territoriale che lo caratterizzava. Ciò avveniva mediante l’ndicazione di alcuni elementi peculiari portanti quali la individuazione dell’asse centrale di scorrimento costituito dal Corso Marconi, l’ampliamento del cimitero, l’individuazione decentrata dall’area ASI per garantire un minimo di sviluppo industriale che consentisse a Cava l’aggancio allo sviluppo industriale provinciale e regionale, il decentramento e la conversione di realtà industriali dalla zona centrale, l’individuazione e caratterizzazione delle aree sportive, e la caratterizzazione della rete viaria, ecc., pur nella persistenza dei decreti di vincolo paesaggistico imposti dal Ministero ai sensi della Legge 1497/39.
A tal proposito, si fa notare una particolarità che caratterizza i decreti di vincoli citati, in quanto fu vincolato tutto il territorio di Cava de’ Tirreni ad esclusione (cosa strana ) dell’area centrale e dell’area di S. Giuseppe al Pozzo. La motivazione pare che sia da ascrivere al forte dissenso che l’amministrazione comunale dell’epoca espresse verso il Ministero , sostenendo che nelle aree dove il comune aveva pianificato con il suo PRG non occorreva l’intervento del Ministero stesso con ulteriore e sovrapposta regolamentazione.
Se tale fatto dovesse risultare fondato, mi permetto di esprimere, ora per allora, i miei complimenti a tali amministrazioni che di fronte allo Stato, seppero anteporre le prerogative territoriali, l’orgoglio di rappresentare gli interessi di un popolo e seppero salvaguardare gli interessi locali dalle aggressioni burocratiche, allora di moda, benché in un sistema fortemente centralizzato.
Tipico esempio di perpetuazione dei nobili sentimenti cavesi che permearono il noto evento della Pergamena Bianca, quando allo stesso modo i rappresentanti del popolo cavese seppero scegliere la strada dell’orgoglio, ottenendo di contro ben più cospicui benefici commerciali nonché uno sviluppo territoriale progressivo. (1 – segue)
ing. Aniello Casola