Avevo iniziato a scrivere queste note, con questo titolo, in occasione dell’intervento di Mario Draghi, Presidente della BCE, fatto in data 15 dicembre alla Scuola Superiore S. Anna di Pisa; non avrei mai pensato che, a distanza di pochi giorni, tutta la stampa e i media nazionali avessero involontariamente condiviso tale titolo e, in parte, le mie considerazioni, commentando la conclusione dello scontro che per circa tre mesi ha visto schierati su fronti opposti l’UE e l’Italia sulla legge di bilancio che il nostro governo giallo-verde aveva intenzione di varare e che l’UE ha aspramente contestato per poi, alla fine, collaborare a riscriverla in maniera da aiutare il nostro paese a non essere sottoposto alla procedura di infrazione per debito eccessivo, che oramai era sulla linea di partenza.
L’Europa Unita ha parecchi difetti, ma pure qualche pregio, e la conclusione della vicenda italiana lo dimostra.
E’ notorio che, per come è adesso, l’Unione Europea è una confederazione di stati membri sui quali essa ha influenza solo per questioni di carattere economico-finanziario, ma non ha alcun potere sulla conduzione interna dei singoli stati.
E’ vero che essa si pronuncia su tante altre questioni non solo economiche e finanziarie, ma è altrettanto vero che per esse ha poteri scarsamente vincolanti, se non addirittura non vincolanti.
Una delle tante prove di ciò è data dalla regolamentazione della gestione dei flussi migratori, relativamente ai quali l’intervento concreto dell’ U.E. è esclusivamente economico, con aiuti ai paesi che li subiscono, ma senza poter incidere sulla volontà dei singoli di accettare quei milioni di esseri umani che cercano in Europa una vita diversa da quella dei paesi dai quali fuggono: in questo campo l’UE non ha nessun potere di intervento sulla ripartizione dei flussi.
La conseguenza di tutto ciò è che taluni stati membri, come il nostro, sono pesantemente penalizzati da questo evento epocale, ormai in corso da anni ma che molti ancora stentano ad accettare e addirittura vorrebbero contrastarlo con la chiusura di porti, frontiere e quant’altro, senza rendersi conto non solo dell’anacronismo di tale posizione, ma più semplicemente della impossibilità di contrastarlo in maniera radicale e violenta in quanto non è possibile “arginare una alluvione con sacchetti di sabbia”, per dirla con una metafora: specialmente da parte di paesi come il nostro, nel quale non abbiamo frontiere controllabili come altri; il mare che circonda oltre tre/quarti della nostra penisola non consente controlli stringenti ed efficaci, cosa che, unitamente alla nostra endemica carenza organizzativa e normativa, ci danneggia enormemente.
Per contro, quasi tutti gli altri stati, con l’eccezione della Spagna e della Francia, della Grecia, dell’Albania, del Montenegro e della Croazia, limitatamente alle loro coste mediterranee, sono meno raggiungibili e comunque hanno confini più controllabili, tant’è che alcuni di essi, ad esempio quelli uniti dal trattato di Visegrad, sono in grado di respingere alle loro frontiere i disperati provenienti dall’Africa.
Indipendentemente da valutazioni etiche o morali, questa è la situazione oggettiva, dalla quale deriva che alla fine, è il nostro paese quello più esposto e meno tutelato.
Tornando all’origine del discorso, gli innegabili benefici che comporta l’essere membro della Unione Europea non sono stati mai tanto evidenti come nel confronto serrato che il nostro paese ha tenuto con la stessa proprio per la legge di bilancio 2019; alla fine, vuoi o non vuoi, la battaglia l’ha vinta, fortunatamente per noi, l’UE, che da un lato è stata costretta a scrivere la legge quasi daccapo, dall’altro ha dimostrato ai nostri governanti penta-leghisti come si governa, e da un altro lato ancora ha dimostrato flessibilità operativa e volontà di evitare che uno dei paesi più importanti del gruppo, qual è l’Italia, venisse assoggettato, per colpa di ignoranti (=che ignorano) e testardi governanti, all’ignominia della procedura d’infrazione la quale, più chiaramente, andrebbe etichettata come procedura di non rispetto delle regole liberamente sottoscritte allorquando aderimmo ad essa.
Immaginiamo cosa sarebbe accaduto se, in questa circostanza e non solo, non ci fosse stato il blocco rigido della UE; questo governo, e anche altri precedenti, avrebbero agito in dispregio di ogni regola finanziaria ed economica, e il nostro debito, già colossale, si sarebbe ingrandito ancora di più, fino a diventare una bomba innescata sul punto di esplodere in qualsiasi momento anche per un minimo intoppo: pochi governi, per lo più quelli cosiddetti “tecnici”, hanno cercato di contenerlo e varare misure per cercare di ridurlo, anche se non si può non riconoscere che vi sono stati anche governi politici che lo hanno fatto: ricordiamo ad esempio il governo Prodi che riuscì a contenere le spese e conseguì anche un avanzo primario (leggi: entrate superiori alle spese) che andò a beneficio proprio del debito pubblico; poi quello successivo andò a ruota libera e diede nuovamente il via alla spirale perversa del suo aumento.
Orbene, la conclusione di questo discorso è che l’Unione Europea, seppure partita monca, condotta non sempre in maniera inappuntabile, e, specialmente negli ultimi anni, indebolita da azioni di sfiancamento che l’hanno ulteriormente azzoppata, è comunque un baluardo a tutela di sovranismi e populismi male intesi, che vorrebbero la loro piena autonomia per fare, scusate la frase pesante, i “propri porci comodi” e condurre i singoli paesi verso chine dalle quali potrebbe essere sempre più difficile risalire.
E allora, ben regga questa Europa, con l’augurio che gli elettori europei siano lungimiranti nelle prossime elezioni, rafforzandola piuttosto che indebolirla, in quanto solo una comunità forte potrà, in un prossimo futuro, superare tutti gli ostacoli che ne limitano la piena operatività con l’augurio che possa finalmente un giorno, speriamo non lontano, superare la confederazione e diventare una federazione di stati come quella statunitense: il sogno è che a contrastare l’egemonia di paesi come gli USA ad occidente, o come Cina, Giappone, India ad oriente, ci sia una Europa forte e determinante che possa fare anche da cuscinetto, oltre che diventare un fattore di equilibrio e stabilità politica, economica e sociale, affiancandosi magari all’altra grande potenza intermedia, la Russia di Putin.
Riusciremo a vedere questa trasformazione? Almeno lo speriamo.