E’ di pochi giorni già la notizia che il ministero degli Esteri di Kiev ha convocato il nunzio apostolico in Ucraina, monsignor Visvaldas Kulbokas. Il motivo? Esprimere al rappresentante del Vaticano in Ucraina il forte disappunto per quanto dichiarato da Papa Francesco sulla morte di Darya Dugina, uccisa da una bomba esplosa nella propria auto lo scorso 20 agosto nella periferia di Mosca.
Darya non era una giovane qualsiasi, ma la figlia di Alexander Dugin, principale ideologo del concetto di “mondo russo” e strenuo sostenitore dell’invasione russa dell’Ucraina. E la stessa Darya, giornalista, era una convinta ed attivissima propugnatrice delle idee paterne, nonché teorica della guerra scatenata da Putin.
Ma cosa aveva detto papa Francesco? Niente di che, se non ripetere il dolore per la morte degli innocenti e la sua condanna della guerra.
“Penso alla povera ragazza volata in aria per una bomba sotto il sedile della macchina, gli innocenti pagano la guerra, gli innocenti! Pensiamo a questa realtà e diciamoci l’un l’altro la guerra è una pazzia”, erano state le parole di Francesco.
Espressioni che non sono affatto piaciute al governo ucraino. “Il cuore ucraino è lacerato dalle parole del Papa. È stato ingiusto”, ha commentato il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba.
A quanto pare, però, le parole del Papa non sono piaciute neanche in in Polonia e nei paesi Baltici, dove sono stati espressi giudizi molto negativi. Viene riferito, anzi, che in proposito alcuni influenti quotidiani polacchi sono arrivati a definire il Papa “l’utile idiota di Putin”. A loro dire, la linea seguita dal pontefice è troppo favorevole alle ragioni di Mosca.
Tutto questo fervore contro Papa Francesco appare blasfemo, eccessivo oltre che fuori luogo, ma anche assai ingeneroso nei riguardi di un pontefice che in questi mesi di guerra non ha mai perso una sola occasione pubblica e privata per mostrare la propria vicinanza al popolo ucraino. E, nello stesso tempo, ha pregato per le vittime, condannando l’invasione russa che tanta sofferenza e dolore ha arrecato all’Ucraina.
D’altra parte, cosa ci si aspettava da un uomo di fede e di pace come Francesco? Forse che festeggiasse l’uccisione violenta di una giovane donna per quanto sostenitrice dell’invasione russa dell’Ucraina?
La violenza per Francesco resta tale, a prescindere da ogni ragione e latitudine. E lo stesso deve valere per ogni cristiano.
Questo non vuol dire affatto parteggiare per qualcuno o per qualche causa. E’, al contrario, il rifiuto assoluto e indeclinabile della violenza, della sopraffazione, della guerra. Non altro.
Non meno assurda è l’accusa rivolta a Francesco di non aver mai citato per nome l’aggressore Putin e quindi di parteggiare per lui. E’ molto evidente che il Papa non ha mai smesso di tentare di tenere aperto il sentiero da percorrere, per quanto stretto, per arrivare ad un possibile, fruttuoso dialogo con la Russia. Nell’intento di favorire un processo di pacificazione, non certo le ragioni russe.
Insomma, gli ucraini dovrebbero piuttosto mostrare gratitudine verso Papa Francesco. La tragica circostanza di essere invasi e martoriati dalla Russia non deve risultare, in conclusione, una ragione per tentare di piagare la volontà di chicchessia, nel tentativo di svilire e condizionare ruoli e valori altrui.
A cominciare da Francesco. Anzi, soprattutto e in primo luogo da Papa Francesco.