Domenica si terrà il cosiddetto referendum sulle trivelle. Senza troppi giri di parole, non solo andrò a votare, contrariamente a quanto ci consiglia il nostro premier Renzi, ma voterò convintamente sì.
I motivi? In questa vicenda le ragioni tecnico-giuridiche mi interessano poco. Quel che mi preme è altro. In questa consultazione, infatti, si scontrano due Italie, quella che è tuttora caparbiamente ancorata ad una visione di crescita legata allo sviluppo industriale e quella che, invece, vorrebbe che il futuro del Paese fosse soprattutto assicurato da quelli che sono i suoi veri punti di forza, non del tutto espressi e spesso mortificati, bistrattati e, in qualche caso, massacrati.
Parlo del nostro enorme e inimitabile patrimonio artistico, archeologico, architettonico, urbanistico e culturale, di cui ne cogliamo le potenzialità solo in minima parte.
Parlo della straordinaria bellezza del nostro ambiente, dei nostri paesaggi, delle nostre coste, delle nostre colline, dei nostri paesini e delle nostre città d’arte, nonostante in questi ultimi decenni si sia fatto di tutto per ferirla e sfregiarla.
Parlo della ricchezza della nostra fertile terra e della nostra millenaria e inimitabile cultura agricola e gastronomica che ci consentono di primeggiare nella produzione delle eccellenze alimentari ed enogastronomiche.
Tutto ciò rappresenta la nostra principale industria -ovvero quella turistica, ricettiva e dell’ospitalità, culturale e alimentare- che dobbiamo preservare e sviluppare prima di ogni altra cosa.
Ed è anche e non solo per questo che dobbiamo puntare alle energie pulite e rinnovabili. E il nostro Paese, più di chiunque altro al mondo, deve investire subito e in modo convinto nelle energie rinnovabili altro che trivelle e petrolio.
Una delle obiezioni che viene mossa al ragionamento fin qui esposto è che il referendum di domenica prossima riguarda un aspetto molto riduttivo della questione energetica e, quale che sia il risultato delle urne, non cambierà molto. E’ proprio così, ma proprio per questo, il voto di domenica deve rappresentare per la classe politica un segnale forte su quali siano i reali intendimenti della maggioranza dei cittadini italiani sia in materia di politica energetica che di sviluppo.
Un’ultima annotazione. Il premier Renzi, in modo a dir poco sconveniente, invita gli italiani a non andare a votare sostenendo che è giuridicamente legittimo farlo.
Il problema, però, non è di legittimità giuridica, ma soprattutto politica e, sotto certi aspetti, anche morale. E’ inaccettabile e vergognoso, infatti, ma anche pericoloso per la democrazia, che il presidente del consiglio dei ministri sia il capo del partito dell’astensionismo. E che poi, in questo, sia sostenuto dal presidente emerito Napolitano, è anche peggio.
C’è da chiedersi, infatti, con quale credibilità questi signori potranno parlare d’oggi in poi di antipolitica e chiedere agli italiani di andare alle urne in occasione delle elezioni politiche? Insomma, ma davvero credono che abbiamo l’anello al naso?
Un motivo in più, in conclusione, per andare a votare domenica, non importa se prima o dopo essere andati al mare. (foto Gabriele Durante)