Dopo venticinque anni nella città metelliana salta un evento tradizionale come il “trenino della solidarietà”. Sia chiaro, non è questa certo una questione capitale per la città. I problemi veri sono altri: l’ospedale che rischia di chiudere, la crisi economica che resta acuta, la disoccupazione giovanile, il commercio che langue nonostante qualche bagliore natalizio. Tuttavia, è indubbio che l’annullamento di questa iniziativa di solidarietà è un ulteriore segno di deterioramento del tessuto sociale e civile della città.
E’ singolare, infatti, che la manifestazione non si tiene non perché sia scemato l’interesse o venuti meno gli animatori o le finalità, bensì, al contrario, per evitare un’incomprensibile e diciamo pure deprecabile duplicazione. E’, questa, l’ennesima prova, purtroppo, di quanto sia spesso terribilmente provincialotta la valle metelliana, dove sovente l’originalità e la creatività vengono sopraffatte dalle divisioni rissose, dalle gelosie di campanile, dalle invidie da cortile, dal rincorrersi e scopiazzare l’uno dall’altro, e dove l’egotismo va a nozze con il becero interesse di bottega. Non tanto e non sempre emulazione e legittimo bisogno di autonomia, quindi, bensì troppo spesso prevaricazione, dualismo, sovrapposizione, ridondanza. E la storia della città vanta più di un esempio al riguardo, quelli più eclatanti, forse, tanto per capirci, sono legati al fenomeno dell’associazionismo del folclore cittadino.
Bene ha fatto, allora, la dirigenza del sodalizio Studio Teatro Incontri, organizzatore da sempre del trenino della solidarietà, di non tenere l’iniziativa quest’anno per non rischiare di ritrovarsi con due manifestazioni similari in tutto e per tutto. Per farla breve, evitare di coprire di ridicolo la città e svilire un’iniziativa consolidata, minando alla base la sua credibilità. E la solidarietà, d’altra parte, ha come uno dei capisaldi fondanti proprio la credibilità, senza la quale nessuna proposta può sperare di avere minimamente successo.
Un plauso, quindi, va al buon senso di quanti, anche se immaginiamo con rammarico e amarezza, hanno preferito decidere la soppressione dell’evento solidaristico nella convinzione di preservarlo così per il futuro.
A non rimediarci una gran bella figura, però, in questa vicenda è il Comune che, per quello che sappiamo, non sembra aver esercitato in modo adeguato il necessario discernimento. E lo stesso vale per la Chiesa locale che, anche in questo caso, per quel che si è capito, è apparsa debole, incapace di mettere ordine in casa propria o, se le cose stanno in modo diverso, di rendere noto con chiarezza i termini della questione e la propria posizione.
L’impressione, anche in questa vicenda, ripetiamo non di primaria importanza, è che sembra prevalere il tirare avanti e non prendere posizioni nette, decise… figurarsi poi, viene legittimamente da chiedersi, quando in ballo ci sono problemi ben più scottanti. Peccato, perché con il ponziopilatismo nessuno è andato mai lontano. (foto Gabriele Durante)
Un analisi puntuale che mette a nudo i limiti della nostra città che a parole i cittadini dicono di amare ma che la mortificano con i comportamenti. Lo stesso ponziopilatismo si riscontra sulla questione dell’ospedale dove nessuno ha il coraggio di usare parole di verità.