Il rebus del Quirinale
Il rebus del Quirinale
Non è un nuovo gioco. Non è una variante (termine purtroppo assai di moda in questi ultimi tempi) del Monopoli o del Risiko. Sta di fatto, però, che oggi è quello più giocato da politici e giornalisti.
Stiamo parlando del rebus del Quirinale, vale a dire la partita molto complicata e probabilmente piena di sorprese che si sta giocando in vista dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica Italiana.
I giochi veri e propri inizieranno nel pomeriggio del prossimo 24 gennaio, quando il parlamento in seduta comune (ovvero Camera dei Deputali e Senato della Repubblica), con l’aggiunta dei 58 delegati regionali, procederà alla prima votazione.
Dicevamo il rebus. Sì perché l’elezione del nostro Capo dello Stato è stata sempre un’operazione complessa. Molte le variabili, troppi i possibili candidati, infiniti i trabocchetti, i giochi di potere, gli interessi in gioco, le situazioni da far quadrare .
Questa volta sembrava più semplice. Almeno fino a qualche mese fa. Un candidato c’era e sembrava essere l’unico, quasi un predestinato. Parliamo del presidente del Consiglio Mario Draghi. Un salvatore della Patria in tempo di Covid. Quasi un eroe.
Poi le cose, un po’ alla volta si sono complicate. In primo luogo, traslocare Draghi da Palazzo Chigi al Quirinale significherebbe la caduta del governo. Con il rischio poi di andare a votare con un anno di anticipo. Ipotesi che tutti, o quasi, vogliono scongiurare. La gran parte degli attuali parlamentari, infatti, non verrebbe più rieletta (nel prossimo parlamento ci saranno 230 deputati e 115 senatori in meno).
Insomma, si è mai visto che un cappone metta per sua iniziativa la testa sul ceppo per farsela tagliare con un anno di anticipo?
Più di uno ha pensato quindi di congelare la situazione dei due attuali inquilini dei palazzi del potere più importanti nel nostro Paese. In pratica, convincere il presidente Mattarella a farsi rieleggere per un secondo mandato. Eventualità, però, che sembra essere quasi definitivamente tramontata per il secco e convinto rifiuto del presidente uscente.
Poi, per complicare ancora più la matassa, ci ha pensato Berlusconi, sempre più convinto di avere i numeri per salire al Colle, ovvero il Quirinale, che non è geograficamente il più alto, ma lo è istituzionalmente, visto che lì è situato il palazzo dove ha sede la Presidenza della Repubblica.
Berlusconi in questi giorni ha fatto scattare la cosiddetta “operazione scoiattolo”, vale a dire la caccia ai 505 voti che gli serviranno a partire dalla quarta votazione per diventare presidente della Repubblica italiana. O meglio, la caccia a quei voti che gli mancano partendo dal presupposto che riceverà tutti quelli del centrodestra, ovvero 450.
Allora cosa succederà? E’ difficile, anzi al momento appare impossibile, che il rebus si scioglierà nelle prime votazioni, le quali, per l’elezione del presidente, richiedono una maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti l’assemblea elettiva.
Dalla quarta votazione in poi basterà la maggioranza assoluta. Eventualità più abbordabile, ma fine ad un certo punto se non ci sarà un accordo che vada oltre gli schieramenti di centrodestra e centrosinistra.
Tutto può succedere, in conclusione. L’impressione è che Mario Draghi resti il candidato più forte, soprattutto se ci sarà un accordo largo sulla continuazione della legislatura per quest’ultimo anno e sul nome del suo successore alla guida del governo.
A meno che non si riesca a convincere Mattarella ad essere rieletto. Eventualità assai improbabile, a meno che lo stallo sull’elezione del nuovo presidente, non sarà tale da indurre Mattarella a tornare sui suoi passi pur di scongiurare una pericolosa impasse politico-istituzionale. A maggior ragione in un momento così delicato per la pandemia e per la ripresa economica del Paese.