A conclusione dei lavori della la Direzione del PD, chiusa da un forte discorso di Renzi, che ha respinto le varie mozioni delle minoranze che in tutti i modi tentano di disarcionare il Premier dalla segreteria del partito, proviamo a ragionare sulle conclusioni, e sugli attacchi che quelle minoranze hanno ancora una volta inutilmente portato.
A me è piaciuto il discorso finale di Renzi: “Una cosa deve essere certa: la stagione in cui qualcuno dall’alto dalla sua intelligenza si diverte ad abbattere i leader, per me è finita”, ha detto il premier.
“La stagione nella quale si immagina di utilizzare la strategia Conte Ugolino per logorare chi sta alla guida del partito non funziona. E se volete i caminetti prendetevi un altro Segretario perché con me si apre le finestre, non si chiude i caminetti.
Da Prodi a Veltroni ho sempre detestato gli attacchi a chi guidava senza avere una strategia alternativa; se c’è una strategia alternativa e ha i numeri ben venga, questo partito è di tutti”.
Ricordo che il Conte Ugolino, celebrato da Dante nel canto XXXII dell’ Inferno, era quello che, imprigionato insieme ai figli con inganno dal suo nemico Arcivescovo Ruggieri, condannati a morire di fame, accettò il sacrificio dei figli moribondi di cibarsi delle loro carni.
Così Renzi evidenzia, finalmente in maniera chiara, la tristissima consuetudine, radicata nel PD, e in tutti i partiti che l’hanno preceduto, di “mangiarsi” anche i segretari democraticamente eletti, rimettendo sempre tutto in discussione, dalla “leadership” ai programmi, in maniera da fare solo finta di cambiare; strategie seguite da tutti i leader del partito, e che oggi ha in D’Alema la sua punta di diamante, seguito dalle minoranze..
In effetti i “padri” del PD avevano l’abitudine di mangiarsi i figli, benché da essi generati, proprio come fece il Conte Ugolino.
Ma Renzi introduce un altro concetto, allorquando dice: “Da Prodi a Veltroni ho sempre detestato gli attacchi a chi guidava senza avere una strategia alternativa; se c’è una strategia alternativa e ha i numeri ben venga, questo partito è di tutti”; facendo intendere chiaramente alle minoranze malpanciste che, prima di ogni cosa, debbono procurarsi il sostegno all’interno del partito, e avere la forza dei numeri per defenestrarlo.
E a chi obietta che questa non è il massimo della democrazia, la risposta e una: con la malintesa democrazia di rimettere sempre e tutto in discussione e discutere ed avere il consenso di tutti, l’Italia si è trovata con le palle di piombo di un debito pubblico ancora oggi fuori controllo, di leggi sgangherate e spesso sconclusionate e di difficile applicazione, e di un immobilismo che ha penalizzato pesantemente l’economia e tutto il paese.
C’è, poi, la problematica legata al consenso che oggi il PD ha dal corpo elettorale; le minoranze del partito accusano Renzi che, sulla base delle ultime elezioni amministrative, il consenso si è drasticamente ridotto, passando dal 40,8 % delle elezioni europee del maggio 2014 all’attuale 31%.
Ma la memoria corta delle minoranze, e degli italiani in genere, non fa approfondire una analisi che porta a queste conclusioni: le elezioni politiche del 2013 portarono il consenso al PD al 25,5 %, i sondaggi del febbraio 2014 registravano un consenso al PD del 30 %; solo l’effetto e la novità Renzi fecero impennare il consenso al PD, che alle Elezioni europee del maggio 2014 raggiunse il 40,8%.
Oggi, sebbene in calo, il consenso si è attestato al 31%, certamente maggiore di quello registrato dal PD negli anni precedenti (fonte Demopolis).
Questi sono i numeri, questi i fatti. Con buona pace di gufi, rosiconi e malpancisti. (foto Tiberio-Barchielli – Palazzo-Chigi)