scritto da Nino Maiorino - 16 Marzo 2015 10:01

Giustizia della verità o verità della giustizia?

E ora che il processo Ruby.1, riguardante le accuse di concussione e prostituzione minorile, si è concluso con la definitiva assoluzione di Silvio Berlusconi da parte della Corte di Cassazione, viene spontaneo farsi alcune domande in merito alla verità e alla giustizia.

Prima di ogni altra cosa, viene spontaneo chiedersi come sia possibile che tre gradi di giudizio si siano espressi il primo per la assoluta colpevolezza, gli altri due per innocenza.

Com’è possibile che gruppi diversi e tutti qualificati di esperti delle indagini e del diritto, di giuristi, che, esaminando gli stessi fatti e circostanze, le stesse prove, le stesse dichiarazioni, possano giungere a conclusioni opposte?

Ma insomma, si chiede il cittadino medio, Berlusconi quei fatti li ha commessi oppure no? Sapeva che Karima El Mahroug, in arte “Ruby Rubacuori” era o non era la nipote di Mubarak?

Sapeva oppure no che “Ruby Rubacuori” era minorenne allorquando la ospitava a pagamento nelle sue faraoniche dimore?

Ha indotto o meno le ragazze che ospitava nelle sue dimore alla prostituzione, pagandole lautamente?

Ha comprato oppure no le ragazze che partecipavano ai suoi festini per farle testimoniare il falso?

Ha operato oppure no la concussione nei confronti del Funzionario di Polizia che, per legge, avrebbe dovuto affidare Ruby ad una casa famiglia, ma, sulla spinta della telefonata dell’allora Presidente del Consiglio, scomodatosi da Parigi dove era per motivi istituzionali, l’affidò, invece, all’onorevole regionale Nicole Minetti che la prese in carico e la portò a casa di una prostituta?

Insomma, qual è la verità? E qual è la giustizia? In definitiva è stata fatta veramente giustizia?

Ma se questa giustizia è così controversa in una vicenda tanto eclatante, che ha tenuto inchiodati i cittadini per anni dinanzi agli schermi televisivi  o che ha fatto fare indigestioni di letture di giornali, in una vicenda che, per la sua visibilità, ha tenuto la giustizia italiana sotto li riflettori della stampa mondiale; se questa giustizia sembra tanto “ingiusta”, in un verso e nell’altro, per un caso tanto eclatante e nel quale sono state impegnate risorse inimmaginabili e coinvolti personaggi di grande livello e grande prestigio, noi, cittadini normali, eventualmente presi in un simile meccanismo, ma privi di quelle ingenti risorse che, certamente, hanno fatto pendere il giudizio nell’uno e nell’altro verso, cosa potremmo sperare?

Se la macchina della giustizia è il tritacarne che determina risultati così controversi in casi di così grande risonanza, noi cittadini normali, eventualmente coinvolti in un caso analogo, da quel tritacarne come potremmo venire fuori?

E’ fin troppo facile giustificare il tutto con la tesi che lo stato di diritto può portare a questi paradossi, e che la semplice considerazione che, proprio per l’esito diametralmente opposto dei tre gradi di giudizio, il cittadino è doppiamente garantito, prima che siamo tutti uguali di fronte alla legge, il più potente e il più umile, e poi che proprio le opposte pronunce fanno comprendere come i magistrati siano indipendenti ed esercitino il loro ruolo con assoluta imparzialità.

Il cittadino normale vorrebbe, invece, sapere perché una persona che certamente, come il suo stesso difensore ha annesso, ha commesso quelle azioni, viene assolto definitivamente perché non è dimostrato che sapesse, perché non è dimostrato che operasse concussione. E va pure bene ciò che hanno detto i Vescovi: l’assoluzione da una presunta colpa o da un presunto delitto non ha nulla a che vedere con il giudizio morale nei confronti della stessa. Ma il cittadino comune si sente comunque tradito da decisioni che sembrano annullare fatti e circostanze certamente non facili da digerire all’epoca in cui si sono svolti e anche a distanza di tanti anni.

Forse è voler pretendere troppo, ma i cittadini vorrebbero più una giustizia della verità che una verità (?) della giustizia.

 

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

Una risposta a “Giustizia della verità o verità della giustizia?”

  1. senza entrare troppo nel merito e parlare ancora di un personaggio che sinceramente ha stancato, dal punto di vista giuridico, almeno per quanto riguarda la concussione, le sentenze diametralmente opposte sono giustificate dalle modifiche normative introdotte dalla legge Severino, che tra le altre cose ha modificato i presupposti del reato di cui sopra. Ragion per cui era giusta la sentenza di primo grado, sono giuste (sempre in punta di diritto) le successive assoluzioni; oltre al giudizio morale, che giustamente rimane, ricordo che le leggi (e le modifiche alle stesse) non discendono dal Creatore, ma sono redatte in Parlamento dai politici. A buon intenditor…

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