Con il chiacchiericcio perenne che si fa in merito a tutto ciò che riguarda il Coronavirus.19 da parte dei politici che quotidianamente si esibiscono, in buona compagnia di esperti veri e presunti e che diventa sempre meno sopportabile, vi sono notizie che passano sotto silenzio, le quali sarebbero più degne di un minimo di attenzione da parte di tutti noi.
Nessuno in questi giorni sembra aver sentito parlare di una imposta “patrimoniale” straordinaria, vale a dire un prelievo forzoso dai conti di deposito degli italiani, finalizzato a finanziare una parte delle ingenti spese che il Governo ha già sostenuto fino a questo momento, e che quasi certamente, se l’Europa non si deciderà ad intervenire a sostegno della economia dei paesi più colpiti dalla pandemia, il nostro tra i primi, dovrà ancora sostenere: quasi tutte con un aumento del debito pubblico.
Oggi già siamo a circa 82 miliardi di euro spesi negli ultimi tre mesi (27 mld la prima manovra, 55 mld la seconda), pari a quattro manovre di bilancio che, in tempi normali, avrebbero fatto venire il mal di pancia a tanti, Unione Europea in testa. Ccon il problema della pandemia, tutto sembra tacere, UE in primis, salvo a lasciarsi andare, in talune occasioni, ad accennare a cose di una gravità inaudita, anche per i più accesi europeisti.
Allo stato il debito pubblico italiano è cresciuto arrivando al livello record del 150% del Pil, e rischia ulteriore crescita; il che mette a rischio la sua sostenibilità, tant’è che le Agenzie internazionali di rating si ostinano ad assegnarci il “rating” negativo: Moody’s qualche settimana fa ha confermato il “Baa3”, ultimo scalino prima di scendere al livello “spazzatura”.
E’ chiaro che siamo arrivati a un livello insopportabile, che pone il nostro paese allo stesso della Grecia, con la notevole differenza che, nel contesto europeo, l’Italia ha un peso economico imparagonabile a quello della Grecia, ed è pertanto comprensibile la preoccupazione dell’UE.
Ma da questo a ipotizzare, da parte della Germania, una patrimoniale sui nostri depositi tanto gravosa ce ne corre.
Il termine “patrimoniale” evoca uno scenario di 28 anni addietro e ci rimanda al 10 luglio 1992, quando il Presidente del Consiglio Giuliano Amato, pressato dagli avvenimenti economici e finanziari che tutti ricordano, d’intesa con il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro (Governatore della Banca d’Italia era Carlo Azeglio Ciampi) a sostegno della lira varò una manovra di 100 miliardi di lire, una delle più pesanti fino ad allora, e fra le altre misure inserì una imposta patrimoniale del 6 per mille, (si badi bene 6 per mille) sui depositi, raggranellando gli ultimi 8 miliardi per sostenerla: una operazione avvenuta alla chetichella, nella notte tra il 9 e il 10 luglio, che oggi non sarebbe possibile.
Comunque, il 20 maggio scorso “Italia Oggi”, giornale economico autorevole, ha dato notizia che qualche giorno fa la Cancelliera Federale tedesca Angela Merkel avrebbe avanzato l’ipotesi che l’Italia, per far fronte alle spese sostenute e da sostenere a sostegno della nostra sanità e della nostra economia e far rientrare l’Italia nei parametri di Maastricht, dovrebbe mettere in cantiere una “patrimoniale” del 14% sui depositi bancari e postali dei cittadini: una bazzecola che costerebbe ai risparmiatori 1 miliardo e 930 milioni di euro. E sembra che il nostro Premier non l’abbia esclusa.
Ovviamente è tutto da verificare anche perché, oltre ad “moral suasion”, un paese membro dell’UE, pure se autorevole come la Germania, non ha alcun potere di ingerenza su un altro paese membro.
Una decisione del genere presuppone un accordo di governo, un progetto di legge da sottoporre al Parlamento e il voto favorevole delle due Camere: un iter difficile e lungo che ci pone, per il momento, al sicuro da una decisione di tale portata. E non essendo sull’orlo del collasso, come nel 1992, sarebbe difficoltoso pensare ad un iter diverso, simile a quello allora.
Comunque, secondo i dati elaborati da esperti economici del quotidiano “La Repubblica” del 9 agosto 2019, il risparmio depositato sui c/c e depositi degli italiani ammontava, al dicembre 2018, a 1.379.miliardi di euro: un valore superiore al Pil della Spagna, che ci pone ad uno dei primi posti nel mondo come risparmiatori.