“Barbie”: come delle bambole sul grande schermo insegnano a vivere allo spettatore
Il film “Barbie”, ispirato alla famosissima bambola della Mattel, è uscito nelle sale italiane e internazionali il 21 luglio 2023 e sta sbancando al botteghino; basti pensare che all’esordio la creatura della Warner Bros ha fruttato 7,7 milioni di euro nel Bel Paese. Malgrado la popolarità del film sia stata accentuata dalla presenza di celebrità dal calibro di Margot Robbie e Ryan Gosling e il prodotto fosse indirizzato per lo più a una fascia d’età inferiore ai 18 anni, “Barbie” è lo specchio di molteplici tematiche che caratterizzano il mondo reale.
Ed è proprio il mondo reale l’elemento da cui la trama del film si sviluppa.
La regista Greta Gerwig ha saputo inserire gli argomenti all’interno della trama in maniera ottimizzante, ovvero ha reso fruibili tematiche che oggigiorno sono continuo oggetto di dibattito – a volte anche in pasto a uomini privi di ragione – con uno stile semplice e geniale.
I temi dibattuti sono quelli del femminismo e del maschilismo, quindi dell’emancipazione femminile, della lotta al patriarcato e della parità di genere, con una base impercettibile di capitalismo.
Barbie e Ken, provenienti da “Barbieland” – comparabile all’idea platonica – si ritrovano nel mondo reale, la “copia” non fedele del loro luogo di provenienza. La staticità del mondo fantastico viene messa a rischio con quanto è presente sulla Terra: il personaggio interpretato da Margot Robbie, una bambola stereotipata, scopre di possedere sentimenti e imperfezioni tipicamente umane attraverso colei che la possiede; Ken, raffigurato come se fosse Dante stilnovista alla visione di Beatrice, capisce che egli stesso può essere diverso; si rende dunque latore degli ideali di un maschilismo becero, appresi durante la permanenza sulla Terra.
Il tutto confluisce nel potere del capitalismo e della società consumistica del XXI secolo, rappresentati fedelmente dal CEO della Mattel: egli non pensa alla natura umana e allo scopo reale per cui Barbie è stata creata, si occupa pertanto di “fare business”, di arricchirsi in maniera estenuante facendo prevalere il proprio ego.
Greta Gerwig, dunque, ci insegna a essere sé stessi, prendendo coscienza di chi siamo, di chi vogliamo essere, al fine di essere migliori e, in chiave altruistica, di non denigrare l’altro; chiunque noi siamo, uomo o donna, ci avvaliamo della facoltà di poter migliorare non affidandoci a stereotipi, spesso chiusi e frigidi, perché certe battaglie possono essere inutili e possono rovinarci inesorabilmente.
Non siamo una Barbie o un Ken in vendita: dobbiamo osare!