Ho voluto rivedere l’altra sera lo spettacolo teatrale “Questi Fantasmi” di Eduardo De Filippo, messo in scena da Mimmo Venditti presso la sala teatrale del seminario della città.
Non ho voluto perdere l’occasione per rivederlo diretto e interpretato dal bravo regista metelliano, del quale sono un estimatore, che dovrebbe essere orgoglio e vanto di questa città unitamente a tanti altri registi e sceneggiatori cavesi, che mettono in scena opere di grande spessore culturale ben dirette e bene interpretate.
Ho usato volutamente il termine “dovrebbe” in quanto, nel mentre da un lato queste Compagnie teatrali sono seguite da un pubblico colto e amante dell’arte, dall’altro sembrano del tutto trascurate dalle pubbliche autorità le quali dovrebbero avere tutto l’interesse a motivarle, aiutarle, supportarle, per elevare il livello culturale della città, seconda della provincia salernitana, gratificare le compagnie che si sacrificano nel nome dell’arte, fare in maniera che esse non subiscano ulteriormente i disagi derivanti non solo da assenze di contributi, ma anche dalla necessità di dover reperire, di volta in volta, qualche locale disponibile ad ospitarle, e debbono accontentarsi di ciò che viene loro offerto.
La Compagnia di Mimmo Venditti si esibisce, da anni, nella piccola sala teatrale messale a disposizione dal Seminario vescovile, la quale ha purtroppo tanti limiti e crea tanti disagi agli artisti e al pubblico; nonostante ciò, meno male che essa è disponibile e per questo si è grati al Seminario, come lo stesso Maestro Venditti ha sottolineato alla fine dello spettacolo; chi ama l’arte e segue queste piccole Compagnie è disposto anche a sacrificarsi e sopportare disagi, ma fino a un certo punto; a lungo andare questa situazione esplode, il pubblico si allontana ulteriormente, le Compagnie scompaiono e l’Arte teatrale muore, giacché non è da tutti organizzarsi per andare a teatro altrove.
Negli ultimi anni l’amministrazione cittadina ha fatto di tutto per venire incontro alle esigenze di locali che attirano folle di utilizzatori, provenienti anche dalle zone circostanti, prevalentemente bar, pizzerie, paninerie, locali per la ristorazione veloce oltre ai ristoranti, locali da ballo e discoteche, il cui giro di affari è molto cresciuto il che non può non far piacere, anche per l’aumento dei posti di lavoro in questi settori.
Ma questo non avrebbe dovuto penalizzare l’arte e chi per essa vive e soffre, spesso senza riconoscimenti e gratificazioni adeguati, primo fra tutti, oltre al seguito del pubblico, almeno un decoroso locale nel quale esibirsi, almeno una sala teatrale adeguata.
Dell’annosa questione della sala teatrale in questa città più volte si è parlato, purtroppo inutilmente, e se si pensa che in tutte le città viciniore ve n’è almeno una disponibile (in qualcuna anche due), vien da chiedersi perché proprio in questa città, che ancora si fregia dell’appellativo di “piccola Svizzera”, manchi e per quale motivo quasi nessuno si è preoccupato di risolvere il problema, anzi addirittura c’è stato chi ha boicottato fino al punto di annullare precedenti iniziative.
Facendo mente locale, viene da riflettere che diverse sono state le occasioni per risolvere il problema. Senza andare molto indietro nel tempo, partiamo dallo stabile della ex Pretura, che ospita ora la Mediateca Marte; lo stabile venne ristrutturato dal Comune per creare uno spazio come quello attuale, dato in gestione ad una struttura privata. Non si spiega perché, all’epoca, il Comune non abbia pensato di trasformarlo in Teatro cittadino.
Seconda possibilità, il salone delle feste al terzo piano dell’immobile che per anni è stato quasi interamente gestito dal Social Tennis Club: salone bello, capiente che con limitati interventi avrebbe potuto essere trasformato in sala teatrale; sarebbe stato sufficiente consentire l’accesso dall’esterno e creare le vie di fuga separatamente dal Tennis. Pure questo non è stato utilizzato.
Terza possibilità, la trasformazione del locale dell’ex Club Universitario Cavese in sala teatrale. Per com’è lo stabile sarebbero stati necessari interventi molto limitati, ma pure questa possibilità è andata persa.
Quarta possibilità, l’utilizzo dell’ex monastero di San Giovanni, ovviamente trasformando adeguatamente il vecchio stabile; probabilmente non sarebbe stato semplice vincere le resistenze della Sovrintendenza, ma qualche tentativo andava fatto, e, anche alla luce dei successivi interventi sulle aree circostanti (abbattimento della vecchia palestra retrostante e creazione di ampio parcheggio) sarebbe stata una soluzione adeguata.
Quinta possibilità, l’utilizzo degli ampi locali dell’ex Manifattura Tabacchi, e dell’annesso spazio, con trasformazione dell’immobile costruito, che probabilmente consentirebbe di avere più sale teatrali e di spettacolo, delle quali almeno una adibita a Teatro comunale, destinando il retrostante spazio per il parcheggio.
Ma l’occasione perduta più grave di tutte è stata la rinuncia, da parte dell’Amministrazione comunale del sindaco Marco Galdi, al progetto messo in cantiere dal precedente Sindaco Luigi Gravagnuolo, il quale si era attivato con grande impegno per costruire una sala teatrale nello spazio dell’ex deposito del Cstp, in piazza Amabile, l’aveva progettata e aveva ottenuto anche il finanziamento. Scelleratamente il successore Galdi annullò tutto, e la cosa ha lasciato l’amaro in bocca e il quesito irrisolto del perché una persona di cultura, come il prof. Galdi, abbia penalizzato, con la sua rinuncia, proprio la cultura cittadina.
Purtroppo, considerate tutte le occasioni perdute, probabilmente non è più tempo per avviare un discorso del genere, a meno che non si voglia pensare di utilizzare lo spazio dell’ex Cofima, inspiegabilmente acquistato dal sindaco Galdi, proprio per costruire la sala teatrale con annesso parcheggio; è una proposta che butto lì provocatoriamente, ma non troppo.
Frattanto ritengo che il Comune debba comunque attivarsi per trovare sistemazioni provvisorie più adeguate delle Compagnie teatrali cittadine: di cultura non si mangia, disse una volta un non simpatico ministro dell’Economia; nel ventennio successivo i governi succedutisi lo hanno completamente smentito, dimostrando che di cultura si può anche mangiare, e bene, purché ci siano idee e spirito di iniziativa.
Chi sa che il sindaco Servalli, o chi per esso, non voglia dimostrarlo anche qui a Cava.