Cava, PUC e la necessità di variante… a prescindere dalle scelte di Servalli & C.
Tra circa un mese si conclude la fase di adozione del PUC con l’eventuale recepimento, ne dubito, delle osservazioni sostanziali pervenute.
A seguire, l’iter procedurale di formazione del PUC prevede la trasmissione del piano, adottato nella sua definitiva stesura dal Consiglio Comunale, alla Provincia di Salerno ai fini della verifica di compatibilità con gli strumenti di pianificazione territoriale sovraordinati e di conformità con la normativa statale e regionale vigente; tutto quanto prima della finale approvazione.
Passaggi procedurali che poco interessano al comune cittadino ma fondamentali per giungere, entro il termine perentorio del 31 dicembre 2019, alla approvazione da parte della Provincia del principale strumento di programmazione e trasformazione urbana del territorio.
Le possibilità che la conclusa fase di partecipazione possa determinare modifiche sostanziali al PUC adottato sono chiaramente nulle, anche al giudizio del più inguaribile ottimista, non potendo l’Amministrazione correre il rischio, data la limitatezza del residuo tempo disponibile, di incorrere nel diniego del previsto parere di conformità con conseguente necessità da parte della Provincia di attivare specifica conferenza di servizi.
In tale contesto, le perplessità di metodo, segnalate nella conferenza stampa del giorno 17 luglio promossa dal Coordinamento Civico per Cava e presieduta dal consigliere di minoranza e già Presidente della Commissione urbanistica arch. Antonio Palumbo, per quanto fondate e condivisibili appaiono intempestive.
Il mancato coinvolgimento della preposta Commissione consiliare nella fase di strutturazione e redazione del piano, a detta di Palumbo mai convocata sul tema, andava certamente denunciata prima ed avversata con ogni mezzo possibile, laddove tale atteggiamento si ponesse in contrasto con l’esercizio delle funzioni di indirizzo programmazione e controllo che la legge attribuisce ai consiglieri comunali mediante le preposte commissioni consiliari.
Stante cosi le cose, è ovvio che, a fronte di legittime ma tardive rimostranze sul metodo appaiono ben più interessanti ed utili le considerazioni di merito peraltro già da più parti evidenziate, nella misura in cui sono finalizzate a segnalare e persuadere tutti, ove ancora residuassero resistenze, che l’approvazione del nuovo PUC, per come strutturato e adottato, è solo un punto di partenza ma di certo non di arrivo.
Sin d’ora, a dispetto delle plausibili e scontate dichiarazioni di ottimismo della maggioranza a guida Servalli sulla validità e potenzialità dello strumento, concepito e strutturato a quanto emerge nelle segrete stanze, appare opportuno andare oltre prospettando alla città, cittadini, imprenditori, professionisti ed artigiani, scenari per il futuro.
In tal senso, è auspicabile che l’Amministrazione comunale, probabilmente non quella attuale ma quella che uscirà vincente dalle prossime elezioni amministrative del 2020, solleciti l’approvazione da parte della Regione – in tempi certi- di un piano paesaggistico regionale, da troppi anni atteso, che ridetermini, restringendone le aree, i vincoli ambientali che per Cava sono quelli stringenti ed anacronistici definiti dal vigente PUT oltre 30 anni orsono.
Tale passaggio risulta necessario presupposto legislativo alla modifica del PUC di prossima approvazione; modifiche che inevitabilmente potranno, in relazione alla nuova e meno opprimente vincolistica, consentire la rideterminazione di scelte e previsioni urbanistiche che vadano nella direzione di uno sviluppo organico della città.
Uno strumento urbanistico che porti in conto aree del territorio completamente private, dal nuovo PUC ed a legislazione sovraordinata vigente, di qualsiasi possibilità di uso o potenzialità edificatoria e soprattutto che tenga conto delle pre-esistenti volumetrie sia in chiave di riconversione che di rigenerazione ma anche di legittimazione (per intenderci riaprendo i termini per eventuale condono di immobili non ricadenti in zona rossa e ad oggi non sanabili perché non conformi al PUT).
Peraltro, è auspicabile che in futuro, mediante riavvio della procedura di riperimetrazione della zona ASI inspiegabilmente accantonata da questa Amministrazione, estese aree cittadine, un tempo destinate ad insediamenti industriali oggi dismessi ed almeno nelle previsioni di massima da destinarsi a turismo e terziario, vengano restituite alla esclusiva potestà pianificatoria del Comune.
In pratica, salvando quanto di buono il PUC propone, chiunque candidato Sindaco si cimenterà nella prossima competizione elettorale non potrà prescindere da questo ineludibile obiettivo di programma per apportare variazioni allo strumento urbanistico al fine di potenziare le opportunità di sviluppo e trasformazione urbana.
E magari, non dispiacerebbe affatto, che il nuovo strumento possa beneficiare anche di una legge regionale in materia di rigenerazione urbana, di cui ad oggi è priva la Regione Campania, che regolamenti interventi di trasformazione e recupero, su scala vasta, di aree degradate; viene subito da pensare a quelle di fondovalle, poste in prossimità della uscita autostradale, creando presupposti per investimenti pubblici e privati in grado di riattivare economia, processi di sviluppo e trasformazione urbana.