Aldo Trezza e la movida
Aldo Trezza, Consigliere della Camera di Commercio di Salerno, nonché attivissimo Presidente della Confesercenti di Cava de’ Tirreni, ha fatto una lunga e articolata filippica, sui danni che i pubblici esercizi metelliani starebbero subendo a causa delle restrizioni imposte dalle attuali ordinanze legate alla emergenza sanitaria derivante dal Coronavirus.
Come tutti sanno, la Confesercenti è la confederazione degli esercenti dei pubblici esercizi, una associazione di categoria che rappresenta le imprese italiane del commercio, del turismo e dei servizi, dell’artigianato e della piccola industria: qui a Cava ad essa sono prevalentemente iscritti gli esercizi legati al turismo ed ai servizi, con prevalenza dei piccoli commercianti ma principalmente di bar, ristoranti, pizzerie, paninerie, piccola ristorazione, pub, locali di intrattenimento “et similia”, che sono quelli sui quali si è concentrato il discorso del Presidente Trezza.
Discorso, quasi invettiva, focalizzato sulle difficoltà che la categoria starebbe affrontando in questa fase di pseudo-liberalizzazione “post pandemia”, se possiamo azzardarci a definirla “post”.
Voglio commentare il discorso di Aldo Trezza, che gode della mia stima, in tante occasioni dimostrata e ricambiata, che però non mi esime dall’esprimere in questa occasione qualche perplessità.
In sostanza Aldo Trezza incentra il suo discorso sulla “movida” che, a suo dire, verrebbe “accusata di ogni male della società, e questo sarebbe un facile esercizio di populismo che danneggerebbe tanti imprenditori, tantissimi lavoratori, soprattutto giovani, nonché l’economia di interi territori”.
E lancia un anatema: “Ora basta, bisogna avere rispetto per gli operatori del settore, soprattutto in un momento come questo, in cui i sacrifici di chi investe e cerca di riaccendere le città, sono enormi e pieni di incognite per il futuro. Piuttosto che cercare di denigrare la concorrenza (???), facendo sfoggio di un peccato capitale come l’invidia (???) , sarebbe utile, intelligente e vantaggioso, fare squadra e pensare a come promuovere l’intero comparto, fuori dai localismi e ragionando con una visione provinciale. Tutti gli attori, a cominciare dalla politica, dagli Organi dello Stato come la Prefettura, le Forze dell’Ordine, gli operatori commerciali e dell’informazione debbono fare sinergia a tutela di un bene comune, invece di puntare il dito gli uni contro gli altri”.
E conclude: “Nessuno nega le problematiche, che sono annose, prima tra tutte, la carenza di organico delle Forze dell’Ordine e delle Polizie Locali, di Cava de’ Tirreni, in particolare. Ciò non giustifica, però, che un singolo episodio assurga agli onori delle cronache tanto da definire, genericamente, la movida violenta. Come presidente della Confesercenti di Cava de’ Tirreni e Consigliere della Camera di Commercio di Salerno invito tutti a non continuare a demonizzare un intero settore ogni volta che due idioti di azzuffano in una strada o in una piazza, ma a lavorare tutti insieme per sostenere gli imprenditori del settore e rendere sempre più accogliente e di qualità il “sistema movida”.
Parole senz’altro apprezzabili, però in un contesto che certamente non si identifica con quello nostrano, paesano, che sembra trascurare le peculiarità del nostro territorio, specialmente quello dell’intero centro storico, afflitto da penuria di spazio del quale purtroppo non si può non tenere conto.
Infatti, un discorso è parlare di grandi spazi, che nella nostra provincia non mancano come, ad esempio, quelli del litorale salernitano proiettati verso il sud e la intera litoranea fino a Battipaglia e oltre, altra cosa è parlare degli spazi esigui del nostro centro storico nel quale c’è un susseguirsi di locali che definire striminziti può sembrare un eufemismo: sarebbe più corretto parlare di “bugigattoli” trasformati in locali di ristorazione nei quali il distanziamento è altro eufemismo sul quale meglio sorvolare; il tutto aggravato dall’angustia delle strade del centro storico.
Il problema della movida cavese, tanto decantata da Trezza e da tanti altri, sta proprio in questo e certamente non possono essere gli esercenti dei locali in questione a risolverlo, ma non bisogna disconoscere che gli stessi non fanno mai niente per cercare di contenerlo, e su questo argomento Trezza sorvola.
Invocare l’aumento dell’organico delle Forze dell’Ordine è una specie di sterile esercizio di scaricabarile, perché dieci o cento agenti in più per le strade del centro metelliano non potrebbe portare nessun beneficio pratico in quanto, di fronte all’assieparsi di centinaia di persone davanti agli striminziti ingressi dei predetti “bugigattoli” significherebbe, se gli agenti volessero fare il loro dovere fino in fondo, cacciarli via in malo modo, significherebbero chiudere i locali e lasciarli chiusi non solo quella sera.
Io mi rendo conto che il discorso è difficile, perché si dovrebbe esaminare il fenomeno da diverse angolazioni, non escluse quelle economiche, fiscali e burocratiche, iniziando dai fitti, dai gravami fiscali, e via dicendo.
Ma non si può, in virtù di tali gravami economici, liberalizzare gli assembramenti, consentire gli eccessi che tali sconsiderati raggruppamenti comportano e dei quali vi sono esempi numerosissimi e quotidiane esperienze
Cosa fare? A mio avviso bisognerebbe tornare un attimino con i piedi a terra, evitare voli pindarici e rendersi conto che non è possibile consentire, in nome di una economia da non penalizzare ulteriormente, gli eccessi che tutti conosciamo e che gli stessi operatori economici non fanno nulla per contrastare, incominciando dal non rispetto delle disposizioni sul distanziamento dei tavoli all’interno dei locali, spesso assiepati l’uno addosso all’altro, per finire alla vendita di alcolici che in tanti sono abituati ad acquistare anche oltre gli orari consentiti e consumare facendo baccano per strada e lasciando in giro cumuli di bottigliette, bicchieri e porcherie varie.
Cose che da anni vengono denunciate, anche per i fastidi che da anni arrecano ai residenti costretti, nelle ore serali e notturne, a tapparsi in casa per tentare di non sentire il frastuono che i gozzovigliatori fanno; ma che ora assumono una valenza ancora maggiore perché alimentano la diffusione dei contagi dei quali nessuno sembra più preoccuparsi.
Qualche giorno fa ho intrattenuto i lettori con un articolo riguardante l’applicazione “Immuni”, dal titolo “Serietà e concretezza” (Ulisse 18/6/2020) con il quale penso di aver ampiamente invitato, fra l’altro, tutte le persone responsabili ad agire a tutela della propria e dell’altrui incolumità con comportamenti coerenti, e non voglio dilungarmi su quanto già scritto nello stesso e in precedenza.
Frattanto mi è appena comparso sott’occhi il termine “infestare” nel senso di “rendere un luogo malsicuro, pericoloso, con la propria presenza e le proprie azioni, specie violente”, che rafforza i concetti che ho espresso ed è quanto mai calzante alle considerazioni contrarie alle aperture che intenderebbero fare i locali esercenti commerciali meno responsabili e dai quali lo stesso Trezza si è lasciato convincere ad intervenire.
E non ho potuto non associarli immediatamente a questa polemica in quanto questo è il momento della verità e della responsabilità: assecondare indiscriminatamente i desideri derivanti da considerazioni esclusivamente utilitaristiche, oppure fermarsi a ragionare sulla opportunità che la tutela del nostro bene primario, la salute, debba avere la priorità su tutto.
Io sono convinto che se oggi adottiamo comportamenti responsabili è possibile che qualche ulteriore sacrificio ci consenta di guardare al futuro con maggiore serenità e certamente senza ulteriori problemi. Diversamente non so davvero come potrebbe andare a finire.