L’ARCHRITICO Portogallo – Italia 3 a 0
L'ARCHRITICO Portogallo - Italia 3 a 0
Per la seconda volta consecutiva, evento mai accaduto, non parteciperemo ai mondiali di calcio.
Dopo la sorprendente vittoria dell’europeo ci eravamo cacciati in un bel guaio a causa di ben quattro disgraziati pareggi. Le chance erano riposte nel girone infernale degli spareggi da affrontare prima contro la Macedonia del Nord e, in caso di successo, contro la vincente di Portogallo – Turchia.
Per la gara contro gli ostici macedoni la scelta era caduta sullo stadio di Palermo. Un impianto dove la nazionale italiana, su 15 incontri disputati, aveva perso una sola volta. La cabala e il calore del tifo, avrebbero dovuto spingerci fino alla sfida decisiva.
Sappiamo tutti come è andata a finire.
Lo stadio di Palermo era detto “La Favorita” dal nome del parco dove si trova, oggi è noto come “Renzo Barbera” che fu il presidente della squadra di calcio cittadino negli anni settanta; prima di allora aveva avuto anche altri nomi.
Inaugurato nel 1932, opera dell’architetto Giovan Battista Santangelo (allievo di Ernesto Basile) e battezzato “Littorio”, fu terminato solo a guerra conclusa. Fino al 1945 venne intitolato a Michele Marrone, soldato fascista ucciso nella guerra civile spagnola. Nel dopoguerra prese la più tranquillizzante denominazione di “Stadio Comunale”.
Più volte rinnovato, entrò nella lista di stadi da adeguare per ospitare i mondiali del 1990. La pesante ristrutturazione risparmiò la facciata, ritenuta di pregio (“valido esempio di architettura coloniale”) dalla soprintendenza.
l giorno seguente alla “Caporetto” palermitana, Fabrizio Roncone sul Corriere della sera ha stroncato la struttura definendola “fatiscente come il calcio in Italia” e denunciando tutti i problemi di un impianto vecchio ed inadeguato, “con mura marce. Pozzanghere di melma giallastra. Balaustre rugginose. Gradoni insicuri. Fili elettrici penzolanti. Bagni infetti: un water per mezza tribuna, la porta scassata, lo sciacquone scassato, e donne e uomini avvolti nei tricolori dentro la stessa, mortificante fila”.
La società del Palermo calcio ha risposto alle accuse, ricordando gli sforzi organizzativi e il restyling avvenuto proprio in previsione del playoff spareggio.
Ma quello di Palermo non è il solo stadio vecchio e inadatto dove in Italia si gioca al calcio.
Tutti gli stadi che ospitarono i mondiali di calcio del 1990 sono da rottamare.
Anche il San Nicola di Bari che fu progettato da Renzo Piano e realizzato ex-novo e il “Luigi Ferraris” di Genova riveduto su progetto di Gregotti.
Uno è stato già abbattuto: il “Delle Alpi” di Torino, sostituito da uno stadio più piccolo e moderno.
Ad Udine, lo stadio “Friuli”, privatizzato, è stato completamente rivoluzionato.
Su altri è aperto un dibattito circa la demolizione totale o parziale: San Siro a Milano, lo stadio “Franchi” a Firenze, il “Maradona” (ex “San Paolo”) a Napoli.
Anche se certamente non abbiamo perso a causa dello stadio, una riflessione sullo stato delle nostre infrastrutture va fatta. Scontiamo un ritardo di decenni che rallenta e deprime qualsiasi tentativo di rilancio del paese.
Ma non si svecchia un paese se non si svecchia il suo pensiero.
Dal canto suo, il Portogallo ha giocato le sue due partite dei playoff, vincendole entrambe, nello stadio“do Dragão” di Oporto.
Un gioiellino da 50.000 posti a sedere tutti al coperto realizzato in occasione dei campionati europei del 2004 ed opera dell’architetto Manuel Salgado.
In un ipotetico match tra questi stadi, Portogallo batte Italia 3 a 0.
Chi vuole visitare il “Do Dragao” può usufruire di un tour guidato, al suo interno, negli spazi di passaggio e nelle sale, troverà pareti decorate con azulejos realizzate dal maestro Julio Resende: 21mila metri quadrati di ceramiche raffiguranti scene di gioco col tipico dragone simbolo del club Porto, coi colori sociali bianco e azzurro.
Per i collezionisti, un modellino 3d puzzle dello stadio è anche in vendita su Amazon.
Non sarà stato tutto merito dello stadio, fatto sta che il Portogallo parteciperà ai mondiali di calcio.
Al nostro posto.
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