LA FINESTRA SUL CORTILE Monte Castello, il simbolo dell’identità smarrita di una città
La conferenza stampa di oggi sulla vicenda del sequestro dei fuochi artificiali per la Festa di Monte Castello lascia attoniti e amareggiati. Una sensazione di disagio che deriva da una consapevolezza che questo episodio conferma, e cioè che la nostra città sta ormai raschiando il fondo.
Tralasciamo lo squallore delle miserie umane così come la tristezza per le intimidazioni simil-camorristiche che sembrano in modo sinistro accompagnare i fatti, anzi, i misfatti, raccontati durante la conferenza stampa. Toccherà alla magistratura fare chiarezza e speriamo che ci riesca per davvero.
Quel che maggiormente ci rattrista è il contesto generale in cui tutto ciò si verifica, lo scadimento complessivo della città, il clima inquinato da infime dispute che nascondono sordidi interessi, le lacerazioni assurde e immotivate, le polemiche velenose e insensate.
Siamo ormai arrivati al punto che ci azzanniamo senza ritegno, calpestando quella convivenza civile di cui ci siamo sempre vantati e siamo diventati tanto bestie da violentare la nostra identità storica e culturale, il nostro dna.
Sì, perché la Festa di Monte Castello, i festeggiamenti in onore del Santissimo Sacramento, sono l’unica, vera festa religiosa e popolare della nostra città, nella sua interezza, per il borgo quanto per le frazioni, per il ricco borghese quanto per il più popolano dei cavesi. La Festa di Castello è un secolare appuntamento con la nostra storia: gli spari dei pistoni, la messa e la benedizione della città il giovedì, i costumi, i piatti tipici dalla milza alla pastiera, dalle melanzane alla cioccolata alla soppressata da incignare nei giorni della festa, infine, i fuochi d’artificio dal Castello a chiusura delle celebrazioni religiose e civili. Una festa così sentita dai cavesi che gli appartamenti, almeno fino a pochi anni fa, prendevano un valore commerciale maggiore se avevano la finestra, il balcone, un affaccio sul Castello, per poter così vedere i fuochi artificiali. D’altra parte, ancora oggi, il cavese vero quando prende casa si accerta se c’è la vista sul Castello, anche nella prospettiva di invitare parenti e amici alla cena che precede i fuochi.
Se tutto ciò non rappresenta un elemento paradigmatico dell’identità della comunità metelliana, allora è assai difficile se non impossibile trovare altro di uguale efficacia e incisività. Non se ne abbia a male nessuno, tutto il resto che pur vivacizza la nostra cittadina è invenzione, a volte gradevole a volte meno, è forzatura, spesso anche interessante, è sovrastruttura, che trovano la loro unica ragione di esistere in questo mondo consumistico privo di punti fermi.
La Festa di Monte Castello, al contrario, per i cavesi è o almeno è stata per secoli e fino ad ora, qualcosa che va oltre l’effimero di questa società liquida, mirabilmente descritta da Bauman. Eppure, nonostante ciò, inesorabilmente la Festa di Monte Castello da anni sta perdendo la sua centralità, anzi, sta diventando quasi marginale, tra l’indifferenza generale, in qualche caso perfino l’ostilità: il Comune (e non certo da adesso), la Chiesa (soprattutto in questi ultimi anni), associazioni del folclore e non solo (da sempre). E con essa viene smarrita l’identità di una città portatrice di una storia illustre ormai in evidente decadenza, culturale e civile prima ancora che economica e politica.
E si arriva così all’assurda pretesa di voler sparare i fuochi dal Monte Castello per una festività diversa o di mettersi in competizione con i fuochi della Festa di Monte Castello per poi poter dire, non importa se per una festa parrocchiale o per un battesimo, di aver sparato più e migliori fuochi. Si è arrivato addirittura alla parodia, da parte di alcuni buontemponi, dello sparo di fuochi da Monte Finestra immediatamente dopo quelli di Castello, tanto da poter scrivere sui social in questa occasione: “Monte Finestra batte Monte Castello 1-0”.
Possibile mai che i cavesi siano ormai così traviati da cadere in così tanta villana pochezza? E’ un po’ come se a Roma qualcun altro vestendosi di bianco volesse impartire da un balcone la benedizione urbi et orbi facendo così il controcanto al Papa.
Ad ogni modo, come dicevamo prima, ora veramente stiamo raschiando il fondo del barile. Forse questi ultimi accadimenti faranno un po’ rinsavire la città, facendo assumere al Comune, come ha annunciato il sindaco Servalli, una maggiore responsabilità rispetto a questo evento che tanto rappresenta la storia religiosa, civile e sociale della città. Forse sui fuochi artificiali, ma non solo su questi, il Comune si impegnerà a far valere la legalità. Sempre, e non in modo intermittente. Forse si sveglierà dal complice e colpevole torpore la Chiesa diocesana. Forse le associazioni folcloristiche faranno un passo avanti per contribuire a ridare centralità e lustro alla Festa di Castello. Forse i cavesi nel loro insieme smetteranno di professare a iosa e in modo ostentato sui social amore per Cava, salvo poi sputare addosso a tutto ciò che di buono ha prodotto o produce di immateriale la città…
Forse faremo tutti la nostra parte, senza nasconderci dietro i pilastri dei portici. D’altra parte, quello di Monte Castello è solo uno dei segnali di decadenza della città che ci è stata lasciata dai nostri avi. E’ quello più recente e attuale, ma ogni giorno il tessuto connettivo della città si fa più debole e sottile. Ogni giorno, ad esempio, si combatte con l’inciviltà dei rifiuti abbandonati o di auto lasciate in sosta in doppia fila o sugli scivoli per i disabili. Ogni giorno i cavesi sono vessati dalle piccole e diffuse illegalità come paletti con catene che ostruiscono passaggi pedonali o sedie e tavolini che ingombrano marciapiedi o spazi pubblici.
E’ un salto di qualità quello che ci tocca fare. E i pubblici amministratori possono e devono dare una mano oltre che delle risposte. Ma tocca a ciascuno di noi fare la propria parte, senza aspettare che altri lo facciano per prima. (foto Angelo Tortorella)