scritto da Eugenio Ciancimino - 13 Maggio 2023 11:34

Il presidenzialismo non deturpa la bellezza della Costituzione

In 75 anni di Repubblica si sono succeduti a Palazzo Chigi 68 Esecutivi, uno ogni 14 mesi di media. Si tratta di una fragilità politica che

originale della Costituzione della Repubblica Italiana conservata al Quirinale

C’è qualcosa che non va se la Nazione che ha la Costituzione più bella del mondo non riesce a tenere in vita i suoi Governi per la durata delle legislature espresse dai rispettivi responsi elettorali.

In 75 anni di Repubblica si sono succeduti a Palazzo Chigi 68 Esecutivi, uno ogni 14 mesi di media. Si tratta di una fragilità politica che non ha riscontri in altre democrazie vigenti in Europa e mette in discussione ed a confronto la coerenza degli organi elettivi rispetto alla funzionalità ed all’esercizio dei poteri esecutivi.

E non è una semplice questione di sistemi elettorali che ci distingue dalle dinamiche politiche di altri Paesi. Dal 1948 l’Italia ne ha sperimentato quattro (più un quinto abortito nel 1953) e l’instabilità è stato mal comune sia con il proporzionale praticato nella Repubblica della partitocrazia e sia in quella del maggioritario misto del leaderismo a pois. Perciò, a partire dagli anni ottanta per ben cinque volte, con tre bicamerali e due referendum, è stata  avvertita la necessità di mettere mano ai meccanismi di funzionamento e di esercizio dei poteri di garanzia riservati al Capo dello Stato, di stabilità per il Governo e di agibilità democratica del Parlamento.

Il problema è stato in agenda del centrosinistra e del centrodestra e non può dirsi un mantra esclusivo della destra divenuta forza di maggioranza.

Si può discutere, confrontarsi o emendare le proposte che la Premier Giorgia Meloni intende portare avanti, ma non sembra pertinente la reazione di chi ne declassa la portata anteponendo altre priorità.

È come buttare la palla in tribuna o rifugiarsi in corner, dal momento che le riforme costituzionali servono a correggere storture storicamente testate ed abbisognano di un arco temporale vasto, quasi di legislatura, e non sospendono l’esercizio delle attività legislative ordinarie. Semmai sottopongono Deputati e Senatori a qualche fatica in più di pensiero, elaborazione di idee, articolazione di proposte e di incombenze in aula e nelle commissioni per le quali hanno ricevuto il mandato dagli elettori.

Nel merito il pacchetto di proposte riguarda l’autonomia differenziata da attribuire alle Regioni e l’introduzione del Presidenzialismo nel sistema istituzionale della Repubblica.

Nel primo caso si tratta di dare corso all’attuazione di disposizioni contenute nell’articolato del titolo V della Costituzione, e per essa si procede con iter legislativo ordinario; nel secondo caso profilandosi una riforma si dovrà navigare secondo il rito della doppia lettura alla Camera dei Deputati ed al Senato con eventuale referendum confermativo.  Nonostante prevedano nuovi assetti istituzionali che potrebbero conferire più autorevolezza alla politica rispetto al dominio e/o alla supplenza di poteri alieni da investiture democratiche, su entrambe le iniziative incombono bandierine da campagna elettorale che ne ostacolano o ne rendono periglioso il cammino.

Se ne colgono i segnali nelle frenesie della Lega di chiudere la partita delle autonomie prima delle consultazioni per le europee, nelle divagazioni del PD su altre priorità e nelle esternazioni dei 5 Stelle sul rischio per l’uomo solo al comando.

Ed anche all’iniziativa della Premier di consultare tutte le forze presenti in Parlamento è stato attribuito il disvalore di uno spot, a prescindere. Il suo intento pubblicamente manifestato è di procedere e verificare la possibilità, e ne ha numeri, per tagliare il traguardo entro la legislatura. Salvo defezioni o ripensamenti interni alla maggioranza, o mobilitazioni per un cambio di semantica rispetto ad un’idea politicamente scorretta di Repubblica presidenziale che fu cavallo di battaglia di Giorgio Almirante.

Ma, sempre a prescindere, non si valuta che il presidenzialismo è una realtà storica negli USA ed è vigente in ben altre otto Nazioni europee e si dimentica che fu anche la forma di Repubblica caldeggiata da Piero Calamandrei in sede di elaborazione di quella Carta apprezzata come la più bella del mondo per affermazione di principi di democrazia, equilibri di poteri e salvaguardia di diritti universali.

Una risposta a “Il presidenzialismo non deturpa la bellezza della Costituzione”

  1. 13.05.2023 – By Nino Maiorino – Opinione rispettabilissima, come tante altre. Personalmente mi riporto a quanto ha lucidamente scritto in proposito l’8 maggio scorso il Direttore Petrillo: “ULISSE – CORNETTO E CAFFE’ – Ora la premier Meloni ci prova con la riforma della Costituzione -scritto da Pasquale Petrillo l’8 08/05/2023.
    “Si ricomincia con la riforma della Costituzione. E’ una costante della politica italiana. Finora, però, i tentativi di cambiare l’assetto istituzionale del nostro Paese (in primo luogo, elezione diretta del Presidente della Repubblica e/o del premier) sono miseramente falliti. Negli ultimi quarant’anni ci hanno provato un po’ tutti. Da Craxi a De Mita. Da Berlusconi a D’Alema. Fino a Renzi, che ne fu politicamente travolto. Ora ci prova la Meloni. L’obiettivo è il semipresidenzialismo alla francese se non proprio il presidenzialismo all’americana. Domani la premier si incontrerà con le forze dell’opposizione proprio su questo tema. Conosceremo così quale sarà la sua proposta, ma anche quali saranno le reazioni dell’opposizione. La sensazione è che non ci sarà nessun accordo e quindi ognuno andrà per la sua strada. Una perdita di tempo? Forse. Meglio sarebbe puntare alla nascita di una nuova Assemblea costituente, eletta direttamente dal popolo con il sistema proporzionale puro e con il mandato a tempo di riformare la Carta costituzionale. Sarebbe, quella della Costituente, la sede ideale per confrontarsi e fare sintesi, visto che la Costituzione riguarda tutti gli italiani e non una parte di loro. Nel nostro Paese, però, spesso si preferiscono le scorciatoie alle strade maestre.” A mio avviso questa classe politica non è all’altezza di una riforma così importante della nostra Carta, e non perché è di destra, ma perché non ha competenze così alte, come d’altronde non credo le abbiano neanche altri schieramenti.

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