scritto da Luigi Gravagnuolo - 04 Aprile 2020 08:59

Dopo l’epidemia

Massimo Recalcati, tra le sue tante, straordinarie doti, ha la virtù maieutica. Dice cose che ti inducono poi a svilupparle in autonomia. Raramente riesco ad intercettarlo sulle Tv e da tempo ormai sono renitente ai social. L’altra sera l’ho beccato su La 7. Rispondeva a Corrado Formigli per  Piazzapulita. Ovviamente il giornalista gli chiedeva un’analisi della psicologia collettiva in tempi di Covid-19. Lui, milanese ancora col rumore delle autoambulanze nelle orecchie, ha dato un giudizio positivo sulla disciplina dei suoi concittadini e degli Italiani in generale, i quali stanno esercitando una forma superiore di libertà, quella di  accettare di essere meno liberi in nome della solidarietà collettiva.

Ha aggiunto che la reazione della gente al trauma in corso rappresenta una novità nella recente storia della psicologia di massa. I traumi sono eventi imprevisti, che ti prendono alla sprovvista e ti costringono a cambiare i tuoi abiti mentali e di vita. Possono riguardare un individuo o un piccolo gruppo sociale,  ad esempio un incidente che lascia menomato chi lo patisce, o la morte improvvisa di una persona cara. Il singolo o il piccolo gruppo elaboreranno il lutto, o più genericamente il trauma, rifocalizzando la propria esistenza e spesso la propria visione del mondo alla luce dell’evento traumatico.

Ci sono poi i grandi traumi collettivi. L’unici settembre, ad esempio, o l’esplosione del terrorismo islamico in Occidente. In questi casi la reazione tipica è la ricerca di un colpevole, la sua trasformazione in nemico e la conseguente guerra al nemico. Il grosso dell’opinione pubblica si compatta intorno ai propri leader che, a volte giocandoci sopra cinicamente, assumono poteri eccezionali per combattere il nemico. Nelle democrazie, ovviamente, ci sarà sempre qualcuno che non accetterà di omologarsi alla vulgata, ma la reazione sociale maggioritaria sarà di coesione e di delega alla leadership di turno. I colpevoli dell’undici settembre furono Bin Laden, i talebani e Saddam Hussein; quelli dell’ondata terroristica furono Al Baghdadi e il suo Stato Islamico. L’opinione pubblica occidentale in entrambi i casi si è compattata intorno al Presidente U.S.A. ed ai capi di governo alleati e ne ha sostenuto gli sforzi bellici. La vita e la visione del mondo dopo quei traumi, però, non sono state più le stesse di prima.

Cosa succederà, terminata la fase acuta dell’epidemia, quando, superato lo shock cominceremo a chiederci di chi è stata la colpa e, orfani di un capro espiatorio visibile, lo andremo cercando dappertutto, magari orientati dalle fake della bestia?

Qui c’è la differenza di fondo tra i traumi sopra citati e l’attuale da coronavirus. Il nemico di oggi non ha un volto, un colore della pelle, un’organizzazione sulla quale andare a guerra. È invisibile, sta nell’aria che respiriamo. In modo meccanicistico io posso immaginare che, cacciando tutti i musulmani dall’Europa, saremo al riparo dal terrorismo, o che uccisi Saddam Hussein e Bin Laden avremo risolto il problema della minaccia di una guerra planetaria. Ma chi è il Saddam Hussein della Covid-19? Trump ci sta provando a scaricare la rabbia degli Americani sui Cinesi, ma non gli sta andando bene a quanto pare.

Temo che, privi della visibilità del nemico, possa determinarsi un tutti contro tutti tanto devastante quanto difficile da governare. Quello della casta ha avuto la possibilità di avere il tampone per tempo e si è salvato, mio padre non lo ha ottenuto ed è morto; a quell’altro hanno trovato il posto in intensiva, negato a mio fratello, che è morto. Quello lì ha una casa grande ed un stipendio fisso, si è fatto le vacanze, altro che la quarantena, io invece chiuso in un basso senz’aria e senza un lavoro legale sono impazzito. E via immaginando.

Ecco, temo fortemente che stavolta la reazione al trauma non sarà di compattamento sociale e di accettazione dei leader che ci avranno condotti fuori dal tunnel. Ed andrà bene se nuovi leader, fossero pure dei demagoghi, riusciranno a cavalcare la tigre ed a governarla. Terribile sarebbe se la frammentazione sociale e la moltiplicazione dei colpevoli non trovasse sintesi e punti di riferimento. Che Iddio ce ne guardi con misericordia!

Luigi Gravagnuolo, giornalista, scrittore, docente ed esperto di comunicazione. E' stato Sindaco di Cava de’ Tirreni dal 2006 al gennaio del 2010, quando si dimise per andare al voto con un anno di anticipo rispetto alla scadenza naturale del mandato.

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