Sono quasi centoquarantamila i bar, i ristoranti, le pizzerie e gli agriturismi con attività di ristorazione all’aperto presenti nelle regioni gialle dove è tornato il servizio al tavolo all’esterno ma non quello al bancone interno per i bar.
E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti sugli effetti dell’entrata in vigore del decreto anti-Covid dal 26 aprile con la nuova mappa dei colori che prevede una Italia in giallo con 46,6 milioni di italiani in zone gialle (78% del totale) e sole 5 regioni in arancione (Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Valle d’Aosta) ed una in rosso (Sardegna) dove resta vietata la ristorazione al tavolo.
“Consentire la riapertura dei ristoranti a pranzo e cena per chi ha spazio esterno riguarda – stima la Coldiretti – in media circa la metà dei servizi di ristorazione presenti con i posti all’aperto dei locali che sono, però, molti meno rispetto a quelli al coperto”.
“Le maggiori difficoltà si registrano nei centri urbani stretti tra traffico ed asfalto mentre nelle campagne – sottolinea la Coldiretti – ci si sta organizzando secondo Campagna Amica per offrire agli ospiti degli agriturismi la possibilità di cenare sotto gli uliveti in mezzo alle vigne che stanno germogliando oppure nell’orto con la possibilità di raccogliersi la verdura direttamente”.
“A preoccupare tutti è invece il limite fissato per il coprifuoco alle 22 poiché – precisa la Coldiretti – gli agriturismi sono situati nelle aree rurali e ci vuole tempo per raggiungerli dalle città”.
Le riaperture sono indicate come priorità da quasi un italiano su tre (30%) che desidera tornare in pub, ristoranti e agriturismi per trascorrere momenti conviviali a tavola insieme a parenti e amici, secondo un sondaggio condotto on line sul sito www.coldiretti.it.
Una misura attesa dopo mesi di lockdown che hanno primato gli italiani di una componente importante della socialità e tagliato pesantemente i redditi degli operatori con un crollo del fatturato della ristorazione del 42% nel 2020. Un beneficio che si trasferisce a cascata sull’intera filiera con 1,1 milioni di tonnellate di cibi e di vini invenduti dall’inizio della pandemia.
“Si stima che 330mila tonnellate di carne bovina, 270mila tonnellate di pesce e frutti di mare e circa 220 milioni di bottiglie di vino – sottolinea la Coldiretti – non siano mai arrivati nell’ultimo anno sulle tavole dei locali costretti ad un logorante stop and go senza la possibilità di programmare gli acquisti anche per prodotti fortemente deperibili”.
Al danno economico ed occupazionale si aggiunge il rischio di estinzione per oltre 5mila specialità dell’enogastronomia locale, dai formaggi ai salumi fino ai dolci, per la mancanza di sbocchi di mercato per l’assenza di turisti e la chiusura di ristoranti e agriturismi dove le tradizioni dai campi alla tavola sono tramandate da secoli.
“Complessivamente nell’attività di ristorazione – rileva la Coldiretti – sono coinvolte 70mila industrie alimentari e 740mila aziende agricole lungo la filiera impegnate a garantire le forniture per un totale di 3,6 milioni di posti di lavoro”.
“Si tratta di difendere la prima ricchezza del Paese con la filiera agroalimentare nazionale che – conclude Coldiretti – vale 538 miliardi pari al 25% del Pil nazionale ma è anche una realtà da primato per qualità, sicurezza e varietà a livello internazionale”. (fonte Coldiretti articolo originale)