Femminicidi e violenza giovanile
Contro certi stereotipi occorre una vera e propria rivoluzione culturale che necessariamente deve vedere ancora di più protagonista la scuola, così come le varie istituzioni presenti sul territorio

Non ci sono parole per l’ennesimo femminicidio. Per dirla tutta, di una bambina, di appena quattordici anni ad Afragola, in provincia di Napoli. «L’ho uccisa con una pietra, non voleva tornare con me». Questa, in poche battute, è la confessione di Alessio Tucci, 19 anni, che ha ammazzato Martina Carbonaro. E’ allarmante che la violenza maschile vede sempre più protagonisti i giovani, anzi, i giovanissimi. La cultura maschilista del possesso è molto più diffusa e radicata di quanto si crede. Ed è altrettanto evidente che bisogna fare di più in termini di prevenzione e di educazione. Partendo dalle famiglie, perché è nella prima agenzia educativa, appunto la famiglia, che occorre intervenire e incidere in modo decisivo. Contro certi stereotipi occorre una vera e propria rivoluzione culturale che necessariamente deve vedere ancora di più protagonista la scuola, così come le varie istituzioni presenti sul territorio. Inutile lambiccarsi il cervello. Se questa violenza giovanile sulle donne non accenna a diminuire, allora bisogna fare di più, molto di più di quello che finora si è fatto. Occorre un impegno corale e costante.