scritto da Nino Maiorino - 24 Settembre 2024 08:04

Le Quattro Giornate di Napoli: un settembre da ricordare di ottantuno anni fa

L'avvenimento consentì alle forze alleate Anglo-Americane di trovare al loro arrivo, il 1° ottobre 1943, una città già liberata dall'occupante nazista, da cui era praticamente riuscita a liberarsi grazie all'eroismo e al coraggio dei suoi abitanti

Un evento epocale che portò Napoli a diventare un esempio per l’intero Paese

 

Con il nome “Le Quattro Giornate di Napoli”, combattute dal 27 al 30 settembre 1943, si indica l’insurrezione avvenuta nel corso della Seconda guerra mondiale, tramite la quale le masse popolari riuscirono a liberare la città dalla occupazione delle forze armate tedesche, con le quali collaboravano i militi fascisti della città.

In quei giorni i napoletani insorsero, mobilitandosi in tutti i quartieri e con grande partecipazione sociale e politica diversificate, in un impetuoso slancio mirato ad imporre l’uscita accelerata dei tedeschi dalla città, e la individuazione e la cacciata dei fiancheggiatori fascisti, i personaggi più infidi perché spesso mascherati da antifascisti, e quindi agevolare l’ingresso delle truppe alleate.

L’avvenimento consentì alle forze alleate Anglo-Americane di trovare al loro arrivo, il 1° ottobre 1943, una città già liberata dall’occupante nazista, da cui era praticamente riuscita a liberarsi grazie all’eroismo e al coraggio dei suoi abitanti, ormai esasperati ed allo stremo per i lunghi anni di guerra.

 

Il 29 settembre il Colonnello Scholl, al comando delle forze armate tedesche della città, ottenne di aver libero il passaggio per uscire da Napoli, in cambio del rilascio degli ostaggi arrestati dai tedeschi.

Per la prima volta in Europa i nazisti trattavano una resa con degli insorti.

 

Il bilancio dei cruenti scontri delle Quattro giornate di Napoli non è concorde nelle cifre; secondo alcuni autori, nelle novantasei ore di combattimenti morirono 170 partigiani e 150 inermi cittadini; secondo la Commissione ministeriale per il riconoscimento partigiano le vittime furono 155, ma dai registri del Cimitero di Poggioreale risulterebbero 562 morti.

La Napoli che, tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre del 1943, divenne la prima città d’Europa a essersi liberata da sola dai nazifascisti, era una città completamente trasformata e quasi interamente devastata dal conflitto.

Principale porto d’imbarco per le truppe e i materiali destinati ai fronti del sud, Napoli era stata sottoposta, tra 1940 e 1943, a decine e decine di bombardamenti; la città, ridotta in macerie e alla fame, costretta a vivere perlopiù nei ricoveri, percepì chiaramente l’incapacità del regime, al di là della propaganda, di proteggere la popolazione, finendo con l’allentare progressivamente il consenso al fascismo, pur precedentemente dimostrato.

Il distacco dal regime e dalla sua guerra si fece più evidente dopo l’esautorazione di Mussolini, nei giorni che, tra il luglio e l’8 settembre 1943, non diedero tregua alla città, sottoposta alle devastanti incursioni dell’agosto e alla repressione governativa delle prime, embrionali, forme di organizzazione antifascista o di protesta popolare.

Passata alla storia come “Le Quattro Giornate di Napoli”, la resistenza cittadina si sviluppò, in realtà, lungo tutto il mese di settembre del 1943, mescolando momenti insurrezionali e modalità di lotta: dai primi atti di reazione di reparti militari nella prima metà del mese, si passò alla forma della resistenza civile e collettiva, concretizzatasi nell’aiuto e nella protezione agli uomini che i tedeschi volevano deportare.

Erano gli uomini che non avevano risposto al bando di reclutamento, dando vita a una forma di disubbidienza di massa che può, a ragione, essere inserita nelle modalità di resistenza che caratterizzarono il Mezzogiorno e l’Italia in quel periodo.

I massicci rastrellamenti che i tedeschi avevano tentato di operare nei giorni precedenti, e che si intensificarono dal 26 settembre in avanti, diedero il via all’insurrezione collettiva della popolazione; un’insurrezione che si mosse con i sistemi della guerriglia urbana, che vide la partecipazione di uomini e donne, civili e militari, ragazzi, giovani ma soprattutto adulti, di ogni ceto sociale, in ogni quartiere, centrale e periferico, della città.

In breve -sono quelli della brevità i tempi della resistenza meridionale, ma questo, oltre che un dato di fatto, è probabilmente un merito- si organizzò un comando insurrezionale che ebbe varie ramificazioni e funse, anche, da coordinamento politico della lotta.

In pratica la popolazione napoletana, che precedentemente non aveva mostrato una efficace volontà partigiana, riuscì in pochi giorni a trasformarsi in gruppi armati all’interno della città, sopportando probabilmente molti più disagi dei partigiani che operavano sui monti.

Quattro giorni servirono alla popolazione di Napoli per mandar via dal proprio territorio nazisti tedeschi e fascisti italiani, e consegnare agli Alleati, il 1° ottobre 1943, una città libera.

Considerate da sempre l’aurora della lotta di Liberazione nazionale, “Le Quattro Giornate di Napoli” sono in realtà anche un punto di arrivo, perché comprendono, nei loro vari aspetti, la fine del settembre più intenso della storia dell’Italia unita, con tutte le tipologie di reazione, rivolta, insurrezione e, in sintesi, resistenza, che hanno caratterizzato la liberazione del Sud e dell’Italia intera: una liberazione della quale, quindi, le popolazioni meridionali non si limitarono a godere, ma della quale furono protagoniste.

Per l’Italia meridionale la città di Napoli era strategica, non solo dal punto di vista logistico, in quanto centro nevralgico delle vie di comunicazione costiere tra il centro e il sud del paese, ma anche portuale, perché tutti i tipi di imbarcazioni, civili e militari, si avvalevano dello stesso.

 

E’ stato calcolato che, durante le operazioni del settembre 1943, in una sola giornata i Tedeschi danneggiarono o distrussero ben 95 navi e natanti italiani presenti nel Porto di Napoli.

Ma anche le forze Alleate tennero nel mirino i natanti nel porto in quanto erano presenti anche imbarcazioni tedesche.

Quindi il porto era bersaglio di entrambi gli schieramenti militari, e questo contribuì ad aggravare notevolmente il disagio dei napoletani: e se si riflette sul fatto che all’epoca non esistevano le cosiddette “bombe intelligenti” (probabilmente non esistono nemmeno oggi) e che gli aerei bombardavano senza pietà, e molti ordigni invece di fermarsi alle imbarcazioni esplodevano anche nelle vicinanze, si comprende quali sofferenze e disagi abbiano subito i cittadini.

(1 – segue)

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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