scritto da Nino Maiorino - 04 Marzo 2023 07:39

La strage di Cutro

Giovedì 2 marzo 2023 il nostro Presidente Sergio Mattarella, con la sua visita a Cutro, ha riabilitato la presenza dello Stato italiano dopo le dichiarazioni del Ministro dell’Interno Piantedosi di qualche giorno fa

Vi sono titoli e sottotitoli che ti balzano in testa appena leggi una notizia e ti viene la voglia di commentarla.

Come nel caso della strage di Cutro, che ha scosso l’opinione pubblica, come in tanti altri casi analoghi.

Ma quello di Cutro è un episodio che si distingue dagli altri, dà avvio a una tipologia nuova di percorsi di clandestini, evidenzia che è stata ideata una nuova rotta, una nuova strada della vergogna, che parte dalla Turchia e raggiunge le nostre coste pugliesi o calabresi; questa volta è stata la spiaggia di Cutro, provincia di Catanzaro, la tragica destinazione, ma non è escluso che la prossima volta possa toccare a qualche spiaggia pugliese.

Esaminando la mappa geografica della zona interessata, dalle coste turche fino a quelle calabresi, si evidenzia che, da Smirne in Turchia, luogo di partenza del caicco turco, fino alla spiaggia di Cutro, c’è una distanza di oltre duemila chilometri, e che il barcone ha dovuto navigare almeno quattro giorni e quattro notti, attraversando tratti di mare nel quale vi sono numerose isole greche, sulle quali avrebbe potuto fermarsi.

Ma non l’ha fatto. Perché?

Perché la Grecia ha assunto una posizione molto dura nei confronti dei migranti, senza fare distinzione tra migranti economici e quelli che scappano da zone di guerra o di terremoti, e ha fatto accordi con la Turchia per evitare che i migranti sbarchino sulle sue coste, in maniera da non doversi preoccupare né dell’accoglienza, né delle conseguenze derivanti dall’attraversamento del suo suolo per giungere nei paesi del nord Europa, vera destinazione di chi scappa.

E questo ha causato la strage di un numero imprecisato di disperati che scappavano da guerra e terremoto, assiepati su un barcone turco chiamato caicco.

Il caicco è una barca bialbero di origine turca, nata come barca da pesca e carico, o da diporto, costruita in legno e molto spaziosa. Molti esemplari, non da diporto, sono stati trasformati e navigano mossi da motori, come quello che è naufragato a Cutro.

A bordo del quale c’era un numero non ancora precisato di persone che scappavano da zone di guerra e di terremoti, quindi non migranti economici, come oggi vengono chiamati i tanti altri disperati in cerca di un paese che garantisca una vita un tantino migliore di quella dei loro paesi.

Il caicco sul quale si sono stati imbarcati non era quello che avrebbe dovuto partire, chiamato Luxury, il quale all’ultimo momento ha avuto un guasto al motore, e gli scafisti hanno subito provveduto a sostituirlo con quello che alla fine ha naufragato.

Il che sta a significare che gli scafisti non sono personaggi di secondo piano, che si occupano solo di trasbordare i migranti da un posto ad un altro, ma hanno alle spalle una organizzazione che è in grado di trovare in poche ore un altro natante.

Il barcone, dopo aver viaggiato per quattro giorni, con mare relativamente tranquillo, è giunto sulle coste calabresi in condizioni di mare abbastanza proibitive, si è parlato di onde alte oltre quattro metri, non è ancora chiaro se l’affondamento sia stato causato da un urto con uno scoglio o con una secca, sta di fatto che si è spaccato, scaricando in mare il suo carico umano; e nonostante i circa 100/150 metri dalla costa, il mare grosso ha ingoiato molte persone, ed è stato difficile raggiungere la spiaggia anche per chi sapeva nuotare.

Molti lo hanno fatto, tant’è che sulla spiaggia sono arrivati anche tre scafisti, uno dei quali ha rischiato il linciaggio da parte dei parenti dei naufraghi annegati: è stato salvato dall’intervento dei Carabinieri calabresi.

Portati dalle onde, insieme ai superstiti e ai cadaveri degli annegati, sulla spiaggia sono giunti anche i rottami del barcone, che sono stati sparpagliati per un centinaia di metri.

Per soccorrere i naufraghi è scattata immediatamente la solidarietà degli abitanti del luogo, unitamente alla collaborazione dei pescatori i quali, conoscendo bene i luoghi e i fondali, vengono solitamente interpellati dalle FF. OO. le quali, trovandosi di fronte a tanti cadaveri, hanno avuto qualche difficoltà ad organizzarsi.

Ma pure immediatamente ci si è interrogati sul come sia stato possibile che, con tutte le strutture nazionali ed europee che lavorano d’intesa proprio per far fronte ad emergenze di tale genere, il barcone sia giunto fino a cento metri dalla riva senza che nessuno si fosse preoccupato di intercettarlo prima per evitare il drammatico epilogo.

E ci si è subito chiesto come sia stato possibile che la organizzazione Frontex, che fa capo alla U.E., non abbia segnalato per tempo il barcone.

Frontex è l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, alla quale  è affidato il funzionamento del sistema di controllo e gestione delle frontiere esterne dello Spazio Schengen e dell’Unione Europea, che ricomprende le autorità nazionali competenti per il controllo delle frontiere facenti capo agli stati membri dell’U.E.

L’agenzia, istituita nel 2004, ha il compito di coordinare l’azione e gestire le risorse messe in comune dalle autorità nazionali dei paesi membri.

Sembra che Frontex si sia giustificata di aver segnalato tempestivamente l’avvistamento del barcone, ma senza allarmare eccessivamente la nostra guardia costiera, la quale sembra sia stata indotta a sottovalutare la cosa, facendola rientrare in una operazione di polizia.

Sono sorte subito le polemiche sulla efficacia delle segnalazioni, fatte da Frontex, che sembra siano state poco chiare.

Dal che sembra derivata una serie di leggerezze: non sarebbe stato controllato il livello di emersione del barcone, dal che si sarebbe potuto comprendere che tutto il carico umano era all’interno, sarebbe stata sottovalutata la circostanza che sul ponte del barcone c’erano due o tre persone, tra le quali un timoniere alla guida del caicco, è stato sottovalutato il pericolo costituito dal mare che andava ingrossandosi, fino ad arrivare, alla fine, a  forza 4 (in altri casi sembra che anche col mare forza 7 sia stato possibile intervenire efficacemente grazie a natanti inaffondabili in nostra dotazione).

Insomma l’emergenza sarebbe stata sottovalutata da tutti, e il Viminale sarebbe stato tratto in errore da tutto ciò, e ha classificato il problema non come un salvataggio, ma come una normale operazione di polizia.

Non sappiamo se tutto questo corrisponda a verità, ma sappiamo bene che il nostro Ministro dell’Interno non sembra eccessivamente sensibilizzato al problema dei migranti, e del loro salvataggio, ed è probabile che questa sua caratteristica abbia portato a “derubricare” il caso come una normale operazione di polizia.

Ma pure volendo, con una buona dose di ottimismo, credere a ciò, è il seguito che è molto difficile da metabolizzare.

E, in particolare, proprio le parole del Ministro Piantedosi il quale il giorno successivo sulla spiaggia di Steccato, in presenza di tanti morti sparpagliati tra i resti del barcone, se n’è uscito con queste parole “La disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei propri figli”.

E se si fosse fermato qui, transeat.

Ma Piantedosi ha voluto rincarare la dose.

“Nel settembre del 1940 -ha continuato- migliaia di ebrei olandesi, belgi, francesi e polacchi, mettendo insieme i pochi risparmi che avevano, affittarono una nave, oggi la chiameremmo una “carretta del mare”, era un vecchio piroscafo di quarta mano battente bandiera panamense, si stiparono su quella nave (omologata per 800 persone) in 4500, con le famiglie, tutto pur di sfuggire all’orrore che avanzava da est, con il cadenzato passo dell’oca. La nave non trovò approdo in Inghilterra, fece rotta per il Canada , ma, proprio come il Titanic, poco prima dell’arrivo la nave si spezzò in due, probabilmente per l’apertura di una vecchia falla riparata male , delle 4500 persone imbarcate se ne salvarono meno della metà, anche per evitare il ripetersi di queste tragedie (che furono numerosissime durante la seconda guerra mondiale), la neo-costituita O.N.U. sancì per tutti gli stati che ne facevano parte il dovere di accogliere i profughi da qualsiasi parte venissero”.

Una lezione di storia senza capo né coda, mescolante avvenimenti vari in un guazzabuglio incomprensibile, qualcuno l’ha definita vomitevole.

E non ha nemmeno taciuto che l’ONU aveva sancito l’obbligo di accoglienza che egli non rispetta.

Ma, pure volendo sorvolare sulle sciocchezze dette, non si può non rimanere basiti che tutto il discorso sia stato fatto in quella circostanza.

Parole che prima di essere indegne di un’autorità dello stato, sono indegne di un essere umano il quale, di fronte ad una tragedia di quella portata, ha mostrato tutta la freddezza di un burocrate con cuore e anima di ghiaccio.

Ma cosa ha in mente Piantedosi?

Molto ci sarebbe ancora da dire sulla strage di Cutro, che è ancora tutta da scoprire, e probabilmente solo l’indagine della magistratura, già avviata a Crotone, potrà chiarire i tanti enigmi e le indubbie responsabilità del nostro paese, dell’Unione Europea, e dei vari personaggi, inclusi quelli politici; ci fermiamo qui per evitare di duplicare informazioni che momento per momento, radio, tv e social-media divulgano, talvolta anche sbagliate.

Al momento i morti accertati sono 67, è ancora indefinito il numero delle persone che occupavano il barcone, per questo motivo non si può ancora precisare il numero dei dispersi.

Un fatto però è certo; in altri paesi per molto meno di quello che è accaduto a Cutro ci sono politici che si dimettono, spesso invitati dagli stessi responsabili politici e di partito.

Qui in Italia le dimissioni di un uomo politico è un argomento pressoché sconosciuto, e questo è un ulteriore fatto negativo che mette il nostro paese alla berlina, e danneggia gli stessi governanti, specialmente quelli impegnati in prima linea nella guida del paese.

In parole povere, il Presidente Meloni dovrebbe fare un bel repulisti tra Ministri, Vice, Sottosegretari, Capigruppo e pasticcioni vari (Donzelli è ancora ai suo posto, Delmastro lo sarebbe ancora se non fosse inquisito) per non perdere la credibilità che con tanta difficoltà ha costruito, e che le viene riconosciuta, pure se con qualche difficoltà e qualche riserva.

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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