scritto da Nino Maiorino - 12 Agosto 2024 07:08

La frittata di maccheroni

Siamo ormai vicini al ferragosto, tra qualche giorno si celebrerà questa ricorrenza che dal VII secolo la Chiesa cattolica trasformò in celebrazione religiosa dedicata all’Assunzione in cielo di Maria Vergine.

Ma nell’antichità era una festa popolare che si celebrava il 1° agosto (da Treccani ferragósto – dal latino: feriae Augŭsti «ferie d’agosto»); se oggi si celebra il 15 lo si deve alla Chiesa cattolica che l’ha trasformata in festa religiosa.

Comunque la ricorrenza è prevalentemente considerata una festa popolare, e probabilmente non molti, distratti dalla frenesia festaiola, ricordano che è anche una festività religiosa.

Ferragosto è il simbolo delle ferie estive, la breve sospensione del lavoro nel pieno dell’estate, che si estende in genere anche ai giorni contigui, e che conserva l’antico carattere popolare, con l’uso delle scampagnate e delle mance per i ristoratori e per i portieri degli alberghi, tant’è che, nella tradizione popolare, si usa dire “dare il ferragosto”.

Ora la ricorrenza si festeggia prevalentemente in alberghi e ristoranti; un tempo, quando il ritmo della vita era meno frenetico, c’era la tradizione di fare le “gite fuori porta”, e non sempre si trascorreva la giornata in ristoranti o trattorie, in tanti sceglievano la montagna, ora chiamata “attrezzata” in quanto molti comuni, per incrementare anche il turismo mordi e fuggi, hanno creato luoghi di ristoro forniti di tavoli e barbecue, nei quali si può preparare in loco il pranzo.

Un tempo, invece, il cibo si doveva portare da casa già cucinato, e il menù era quasi fisso: per primo la tradizionale frittata di maccheroni, per secondo cotolette alla milanese,  frittata  di cipolle, poi affettati di salame e formaggio, e come frutta la tradizionale anguria, che si portava dietro intera, avvolta da tela di sacco e ghiaccio per farla mantenere fresca (ma era ghiaccio tradizionale che si scioglieva per cui capitava che, con il caldo l’anguria alla fine era tutt’altro che fresca); a proposito dell’anguria non era infrequente l’incidente di percorso che durante il trasporto la faceva cadere e si maciullava (esperienza personale), così avevi perduta pure la frutta; però il vino non mancava mai e chi conosceva un ruscelletto, poneva le bottiglie nell’acqua fresca, rigorosamente legate con la cordicella per evitare che l’acqua se le portasse via.

E se si aveva l’accortezza di non far cadere l’anguria, pur’ essa veniva posta nel ruscelletto per mangiarla, alla fine, fresca.

In genere non si portava il dolce, qualcuno ricorreva ai pasticcini secchi per concludere la scampagnata.

Ma, come dicevamo prima, la pietanza tradizionale e insostituibile era la frittata di maccheroni, allora e anche oggi sempre graditissima, con le sue varianti, con all’interno le fette di salsiccia, talvolta fettine di uova sode, oppure pezzi di provola affumicata o meno, o ritagli di salumi.

 

A proposito della quale, il sito “Cibo-today”, che si occupa di pietanze della tradizione campana, ha recentemente pubblicato una gustosa storia della evoluzione del “migliaccio” (altro nome popolare della frittata di maccheroni), che qui di seguito sintetizziamo.

La frittata di maccheroni, nota anche come frittata di pasta, pizza di maccheroni o pizza di pasta, è un autentico capolavoro della cucina tradizionale partenopea, un’invenzione davvero sagace.

Amatissima da grandi e piccini per la sua bontà e versatilità, rappresenta un perfetto esempio di cucina svuota-frigo, ideale per smaltire gli avanzi in modo creativo, e un’ottima scelta per un pranzo al sacco o una cena improvvisata.

Si tratta di pasta avanzata (ma anche preparata ad hoc) condita con uova, poi ognuno aggiunge ciò che preferisce o quello che ha disponibile in frigo; la bellezza della pizza di pasta sta proprio nella sua capacità di adattarsi a ciò che abbiamo, e può essere preparata in versione “rossa” con salsa di pomodoro, oppure “bianca”, a seconda degli avanzi: oltre a formaggio, mozzarella, prosciutto cotto, crudo, salame, provola, si può aggiungere qualsiasi cosa, per poi friggerla su entrambi i lati per una deliziosa crosta all’esterno e una morbida pasta umida all’interno; è pronta in quindici minuti e si distingue per la velocità di preparazione.

La frittata di maccheroni ha radici profonde nella tradizione partenopea e nasce come un piatto di riciclo per eccellenza.

La storia racconta che, in passato, era un escamotage per riutilizzare la pasta avanzata spesso venduta dai “maccaronari” di strada.

Con il passare del tempo questo piatto si è evoluto diventando uno dei cibi da asporto per eccellenza, non a caso perfetto per essere gustato in spiaggia o per le scampagnate della pasquetta.

Le varie tipologie di frittate di maccheroni

La variante più sobria e povera della frittata di maccheroni è nota come frittata di “scammaro” che non prevede l’uso delle uova e impiega invece l’amido della pasta come collante, con aggiunta di olive e pinoli; una frittata “pezzentella”.

Il termine “scammaro” deriva dal verbo “scammarare”, che si riferiva alla cucina monastica.

I monaci che per motivi di salute erano esentati dall’astinenza dalle carni, durante i periodi di magro mangiavano in cella per non tentare i confratelli con cibi ricchi, e “scammarare” divenne sinonimo di piatti di magro, quindi privi di carne.

La frittata di maccheroni è un esempio di cucina democratica e inclusiva, capace di adattarsi e rispondere alle esigenze e ai gusti di tutti, indipendentemente dalle risorse.

Anche gli chef fanno la frittata di pasta

Ma, a frittat e maccarun ha ispirato anche la cucina aristocratica, come dimostra la celebre Torta al Basilico del Monzù di casa Barracco, arricchita con salame, provola, formaggio e abbondante basilico; qui il piatto raggiunge il suo massimo splendore, rappresentando l’alta cucina che nasce da una tradizione popolare.

Anche altri chef si sono cimentati con la sua preparazione. Per esempio Marianna Vitale, una delle più note chef campane, è famosa per la sua frittata di maccheroni, che considera un suo “piatto del cuore”; la serve in tutti i suoi ristoranti, in particolare con Angelina, format di cucina veloce, finivano in frittata tutte le tipologie di pasta, dalla Nerano alla Genovese.

E pure Peppe Guida, altro importante cuoco campano, cucina la frittata di pasta in tante varianti super golose.

Ma, concludendo, la frittata di pasta si cucina prevalentemente in casa: ogni famiglia ha una personalissima ricetta e, per nostra fortuna, resta tra le poche ricette italiane impossibili da confutare e completamente soggette alla creatività di chi la prepara.

Questo articolo vuole essere l’occasione per i lettori, e le lettrici, di raccontare la propria versione.

Buon ferragosto!

 

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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