FIGLI DI CHI?
I fatti, le norme, le conseguenze
Vien da dire, anzi ridire, che le carenze legislative derivanti da silenzi o ritardi del Parlamento finiscono per creare maggiore scompiglio nella cittadinanza allorquando, per far fronte alle stesse, è chiamata a intervenire la Magistratura.
Ci riferiamo alla sentenza, non ancora pubblicata, pronunciata dalla Corte Costituzionale il 27 aprile, seguita immediatamente da un Comunicato stampa della stessa Consulta, nel quale è spiegato, in estrema sintesi, cosa contiene la pronuncia.
Il comunicato stampa della Consulta precisa che l’attribuzione, finora automatica, del cognome paterno ai figli sarebbe illegittima, perché in contrasto con gli articoli 2, 3 e 117 della Costituzione e con gli articoli 8 e 14 della “CEDU – Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo”.
La Corte ha ritenuto discriminatoria e lesiva dell’identità del figlio la regola che gli attribuisce automaticamente il cognome del padre.
1) I fatti
Vediamo da cosa è nato tutto questa pasticcio.
La sentenza della Corte nasce da una questione di legittimità costituzionale inoltrata a novembre del 2021 dalla Corte d’Appello di Potenza, in Basilicata: il caso riguardava una coppia di Lagonegro che voleva dare al proprio figlio il solo cognome della madre, per uniformità coi primi due figli, avuti prima del matrimonio e che la madre aveva riconosciuto per prima (i primi due figli avevano quindi mantenuto solo il suo cognome). Gli uffici comunali si erano opposti alla richiesta dei due coniugi, prevedendo al massimo la possibilità di assegnare al figlio entrambi i cognomi. I due coniugi si erano allora rivolti al tribunale cittadino, che aveva giudicato inammissibile il loro ricorso. La coppia aveva quindi fatto ricorso in appello: la Corte d’Appello di Potenza aveva accolto la loro richiesta, ritenendola fondata, e l’aveva inoltrata alla Corte Costituzionale, che ha dato ragione ai genitori.
Prima anomalia: un avvenimento invero particolare diventato simbolo di una esigenza generalizzata che, francamente, non vediamo.
2) Le norme
Sulla base del comunicato stampa immediatamente emesso dopo la pronuncia della Consulta, comportamento certamente inusuale da parte della Corte Costituzionale, si è scatenata una campagna pubblicitaria a favore di una presunta conquista di civiltà, che in verità lascia perplessi, anche perché non è ancora ufficiale la sentenza: per questo motivo l’approfondimento lo si può fare, al momento, solo sugli elementi dedotti dal Comunicato stampa.
Art. 2 della Costituzione: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.
Non sembra che l’attribuzione del cognome paterno lo violi, anche perché, se un cittadino sentirà violati i propri diritti, potrà sempre ricorrere alla Magistratura per vederseli riconosciuti, magari anche con la modifica del cognome.
Art. 3 della Costituzione: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Quale ostacolo può costituire un cognome a tutto questo non si vede, salvo qualche caso particolare.
Art. 117 della Costituzione: riguarda la potestà legislativa dello Stato e delle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Il che rinvia agli art. 8 e 14 della CEDU: vediamo cosa prevedono.
Art. 8 della Convenzione: “Diritto al rispetto della vita privata e familiare. 1) Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. 2) Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui”.
Non vediamo come il cognome paterno finora attribuito leda tutto ciò.
Art. 14 della Convenzione: “Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza distinzione di alcuna specie, come di sesso, di razza, di colore, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di appartenenza a una minoranza nazionale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione”. Pienamente condivisibile, ma cosa c’entri con un cognome non si comprende.
A tal proposito, per chiudere questo aspetto, una persona che si chiamasse, ad esempio, Pacciani potrebbe essere discriminato, emarginato, insolentito per quel cognome che lo accumuna al famoso mostro fiorentino, ma in tal caso potrà rivolgersi alla Magistratura per cambiarlo.
Ovviamente non pretendiamo di fare da maestri ai Costituzionalisti, che avranno avuto qualche ragione per quella pronuncia, ma il senso pratico, che non dovrebbe mai venir meno, ci fa riflettere e ci lascia perplessi.
3) Le conseguenze
Vediamone qualcuna, facendo qualche esempio.
1/ Ipotizziamo due coniugi: Carmine Baba sposa Gina Zaza, hanno un figlio, Carlo, il quale, applicando col consenso dei genitori il criterio basato sulla sentenza della Consulta, si chiamerà Carlo-Baba-Zaza; finora si sarebbe chiamato Carlo Baba
2/ Altri due coniugi, Livio Coca e Nina Maio, hanno una figlia e, sulla base della sentenza, la chiamano Enza Coca-Maio; finora si sarebbe chiamata Enza Coca.
3/ Una terza coppia, Gigi Acca e Lucia Amarante, ha una figlia che viene chiamata Carmela Acca-Amarante; finora sarebbe stata solamente Carmela Acca.
4/ Carlo Baba-Zaza sposa Carmela Acca-Amarante, la figlia si chiamerà Carolina Baba-Zaza-Acca-Amarante; finora sarebbe stata Carolina Baba.
5/ Il fratello di Gina Zaza, Bartolo Zaza, sposa la sorella di Livio e Rita Coca, il figlio si chiamerà, Federico Zaza-Coca, il quale però è anche cugino di Antonio Baba-Zaza-Coca-Maio; acquisendo il doppio cognome diventerà Federico Baba-Zaza-Coca-Maio. Finora si sarebbe chiamato Federico Zaza.
Nella situazione attuale, vale a dire senza doppi cognomi, la situazione è la seguente: 1/Carlo Baba; 2/Enza Coca; 3/Carmela Acca; 4/Carolina Baba; 5/Federico Zaza.
Risulterà immediatamente il collegamento parentale tra Carlo Baba, Carolina Baba e Federico Baba, come risulterà immediatamente nessun collegamento tra Enzo Coca e Carmela Acca.
Ma c’è una ulteriore complicazione: la sentenza della Consulta consentirebbe un ordine diverso da quello dell’esempio, potrebbe essere il cognome della madre a precedere quello del padre, il che complicherebbe il rompicapo.
A noi, già esaminando i pochissimi casi, è venuto mal di testa: se la casistica si amplia, ci vorrà almeno una complessa procedura informatica perché diversamente l’anagrafe perderà la testa e magari si rischierà che due potranno sposarsi nonostante siano fratello e sorella, o magari madre e figlio.
4) Cosa avviene negli altri paesi
Vediamo ora cosa avviene negli altri paesi che hanno adottato il criterio del doppio cognome.
Sembra che l’Italia, finora, abbia rappresentato un caso piuttosto isolato. Infatti, in quasi tutti i Paesi europei esistono delle leggi che, seppur diverse tra loro, sono ispirate al principio secondo il quale si è liberi di attribuire ai propri figli il cognome paterno, materno o quello di entrambi i genitori.
In Francia e in Belgio, ad esempio, in mancanza di un accordo tra i genitori, si assegnano entrambi i cognomi in ordine alfabetico, mentre in Lussemburgo si sceglie con un sorteggio. In Portogallo i genitori sono liberi di scegliere quali e quanti cognomi mettere, fino a un massimo di quattro.
In Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia e Austria il cognome della madre viene attribuito automaticamente dall’anagrafe, a meno che si dia indicazione della propria scelta.
Nei Paesi Bassi si attribuisce di comune accordo uno dei due cognomi. In Germania, Svizzera, Grecia, Ungheria, Romania e Croazia viene assegnato ai figli il cognome scelto dai genitori per tutta la famiglia. Tuttavia, nel caso in cui i due coniugi abbiano mantenuto i rispettivi cognomi, si può scegliere liberamente quale dei due attribuire.
Nel Regno Unito, invece, i genitori possono attribuire addirittura un cognome diverso dai propri. La Spagna, come la maggior parte dei Paesi dell’America latina, rappresenta un’eccezione opposta: c’è la regola del «doppio cognome», per cui è obbligatorio che i figli portino i cognomi di entrambi i genitori, che possono solo deciderne l’ordine.
Una normativa di riferimento dell’UE non esiste, tant’è che ogni Paese membro fa come vuole, ma c’è un riferimento preciso della Corte europea dei diritti dell’uomo: si deve poter scegliere il cognome dei figli tra quelli dei genitori, questo è un punto fermo.)) Le conclusioni
E’ chiaro che si dovrà attendere la pubblicazione del dispositivo prima di poter valutare approfonditamente i vari aspetti della complessa questione, sulla quale già nella stessa giornata è stata pubblicato un primo commento su questo giornale, attribuendo alla sentenza un importante valore di conquista e di civiltà.
Comunque, indipendentemente dalle motivazioni che andremo a leggere quando verranno pubblicate, e lasciando perdere tutte le battute che sono state fatte sulle pagine dei vari social media, vi sono alcuni fatti concreti che debbono far riflettere.
Ovviamente il paradosso dell’esempio è una esasperazione per dire che non sempre le novità hanno lati positivi.
Ma, ci chiediamo, che senso abbia tutto questo: solo per tentare di essere al passo con i tempi?
Ma in quante occasioni, per essere al passo con i tempi sono capitate cose assurde?
E, infine: se, com’è stato detto, dovrebbero essere gli stessi nascituri a decidere se avere uno o due cognomi, visto che non lo potranno certamente fare il giorno dopo la nascita, sarebbe opportuno che il Parlamento mettesse la parola fine a questa assurdità legiferando che, raggiunta la maggiore età, il soggetto deciderà se tenersi il solo cognome del padre o aggiungere anche quello della madre; e sarebbe opportuno fermarsi a questi due.
6)) La nostra conclusione
Quando venne costituita l’Unione Europea ci fu una accesa diatriba tra i paesi membri in quanto non a tutti fu gradito che essa si costituisse come comunità laica, mentre tutti i paesi aderenti avevano solide origini religiose.
Prevalse, in quella occasione, il principio della laicità, evidentemente dettato anche dalla futura prospettiva di adesione di paesi non cristiani, pure se tutte le religioni hanno uguale dignità.
Questo precedente potrebbe indurci ad accogliere qui in Italia il principio del doppio cognome, anteponendo sempre quello del padre a quello della madre, non per un anacronistico riconoscimento del “paternalismo”, ma piuttosto per dare certezza alla provenienza del bimbo nato.