Desidero sgomberare il campo da ogni ombra di equivoco, così non mi si potrà accusare di razzismo; l’episodio di Minneapolis che ha scosso l’America e tutto il mondo libero per la morte dell’afroamericano George Floyd è un ignobile delitto, scientemente perpetrato non solo da quel poliziotto che gli ha stretto il collo per circa nove minuti, ma anche dai suoi colleghi, tutti di razza bianca, tutti incuranti e sordi alle suppliche del poveretto che stava soffocando.
Una manifestazione di esplicita volontà di reprimere un uomo, un atto della peggiore specie, che ci riporta alla memoria centinaia di altri episodi del genere, e fa ricordare rituali di circa due secoli fa del famigerato Ku-Klux-Klan.
Mi sono tante volte chiesto quali siano le radici di tanto odio dei bianchi nei confronti dei soggetti con la pelle meno chiara, e non trovo altra spiegazione se non che i cittadini della tanto decantata democrazia americana siano rimasti purtroppo vittime della piaga dello schiavismo che presidenti illuminati tentarono di abolire, affrontando una guerra interna durata quattro anni che vide schierati gli stati del nord contro quelli schiavisti del sud, con migliaia di morti e feriti, e con danni economici ingenti, ma che, sebbene vinta dallo schieramento antischiavista, è rimasta nel DNA di parte della popolazione che ancor oggi considera schiavi quelli con la pelle più scura.
E quella guerra fratricida, nonostante sia terminata circa 155 anni or sono, è tuttora ancora viva nel cuore di tanti schiavisti, e l’episodio dell’assassinio di Floyd ne è l’ennesima dimostrazione.
Ma, oltre alla crudeltà dell’assassinio, altre cose mi hanno profondamente colpito.
La prima è l’atteggiamento del Presidente Donald Trump, e non tanto per essersi quasi defilato dalla vicenda, cercando di tenersene fuori nonostante la gravità dell’accaduto, probabilmente perché, come di consueto, ancora una volta ha sbagliato valutazione; pensava che si risolvesse il tutto come una bolla di sapone, e non aveva capito che il video dell’esecuzione, circolato “a manetta” sui social, aveva provocato una specie di rivoluzione in tutti gli stati americani, alla quale avevano partecipato migliaia di cittadini di diverse etnie, spalleggiata da forze politiche democratiche ma anche repubblicane, vale a dire del suo stesso partito, provocando quasi una guerra civile, per evitare la quale prima ha fatto schierare la guardia nazionale a sostegno delle polizie locali (migliaia di uomini per contrastare le manifestazioni), poi ha invocato l’intervento dell’esercito, fortunatamente bloccato dal Pentagono dove i generali fortunatamente non si sono ancora rincitrulliti e ai quali le guerre riescono meglio sui campi di battaglia (Vietnam a parte) che nelle piazze statunitensi!
E in questa contrapposizione tra Trump, la piazza e le forze avversarie, uno degli episodi che mi ha pure colpito, a parte l’inerzia del Presidente, è che il Trump tutto muscoli e grinta, quando ha visto che una folla incontrollabile si stava troppo avvicinando alla White-House, invece di uscire per affrontarla e magari per fare il mea-culpa, che probabilmente avrebbe fatto cessare il tutto, ha pensato bene di andarsi a rintanare nel rifugio antiatomico, costruito per tutt’altro scopo, nel sottosuolo della Casa-Bianca.
D’altronde, cosa ci si può attendere da uno sbruffone come lui, che ha appena disposto che, per “correggere” i dati sul Coronavirus, è necessario fare meno tamponi? La tattica dello struzzo!
Incredibile ma purtroppo vero, in queste mani è finita la grande America.
E ora che di Trump ho detto tutto quello che avevo sulla coscienza, andiamo ad esaminare qualche altro aspetto particolare nella vicenda che, se invece di essere stata trattata con tanta stupida crudeltà da parte di quei Golia senza cervello che hanno soffocato il malcapitato Floyd, si fosse conclusa con un colpo di arma da fuoco, “inavvertitamente” esploso dall’arma di un poliziotto che “inavvertitamente” aveva perso l’equilibrio nel corso dei tafferugli, sarebbe stata immediatamente archiviata e non avrebbe provocato tutto quel caos.
E se il muscoloso Trump, invece di spalleggiare incondizionatamente i poliziotti, li avesse almeno formalmente condannati, pure avrebbe bloccato sul nascere il tutto; quando poi ha fatto marcia indietro oramai la situazione era degenerata, c’erano state numerose altre violenze e altre vittime, e la cosa ha preso la piega che tutti conosciamo; male per lui che probabilmente anche per questo tira-molla si è giocato un secondo mandato.
Ma veniamo ora al personaggio della vittima, che rischia di passare per un eroe e un martire, mentre probabilmente non lo è affatto: martire un poco si, eroe proprio non direi.
Perché tanto si è detto dell’accaduto e dei personaggi, ma sembra essere passato sotto silenzio, o in secondo piano, qualche elemento che invita a più di una riflessione.
Sembra, infatti, che George Floyd non fosse lo stinco di santo che tutti hanno cercato di far sembrare, ma un poco di buono che con la giustizia aveva avuto diversi “screzi”: era stato già accusato e condannato nel 1998 a 10 mesi di reclusione per rapina, nel 2002 a otto mesi di reclusione per spaccio di stupefacenti, idem nel 2004 (10 mesi), ancora nel 2005 (ulteriori 10 mesi), per concludere nel 2007 con una condanna a 5 anni di carcere per rapina a mano armata ai danni di una donna incinta: quindi vittima si, ma stinco di santo proprio no, e sembra che l’episodio che si è concluso con la sua morte sia iniziato con l’acquisto di un pacchetto di sigarette pagato con una moneta ritenuta falsa e per il quale era stato chiesto l’intervento dei poliziotti.
E alla fine mi è sorto un dubbio: ma vuoi vedere, mi sono chiesto, che tra il Floyd vittima e l’energumeno poliziotto bianco che lo ha soffocato non ci sia stato, nel passato, qualche screzio legato proprio ai precedenti di Floyd? Altrimenti perché il poliziotto si sarebbe lasciato andare ad una esecuzione così eclatante?
Il dubbio sembra legittimo, purtroppo è rimasto tale, perché non ho trovato, finora, una risposta, così resta di estrema gravità ciò che accaduto, nel senso che il brutale omicidio resta.
Ma non è detta l’ultima parola; probabilmente se qualche giudice americano si prenderà la briga di indagare seriamente, qualcosa potrebbe emergere, in maniera che, ferma la condanna dello sconsiderato assassinio, l’accaduto potrà essere valutato in maniera più serena.