scritto da Nino Maiorino - 03 Febbraio 2022 09:55

PILLOLE DI STORIA NOCERINA Le industrie conserviere

PILLOLE DI STORIA NOCERINA Le industrie conserviere

Pelatrici al lavoro – foto tratto dall’archivio storico delle industrie conserviere 

Riprendiamo la pubblicazione delle pillole di storia nocerina, dedicandoci, ora, allo sviluppo della industrializzazione dell’agro, che all’inizio del ‘900, ebbe una svolta, nel senso che alla precedenti industrie, quelle tessili, poi della pasta, si aggiunsero quelle conserviere, principalmente per la lavorazione del pomodoro San Marzano in pelati, inscatolati nelle lattine metalliche.

La precedente puntata di questo percorso storico è stata pubblicata il 23 gennaio scorso, e ormai tutti i nostri lettori sanno che il volume dal quale queste memorie sono tratte è stato scritto, alla fine dello scorso anno, da Angelo Verrillo  -appassionato di storia nocerina, ma anche sindacalista e da sempre membro del PCI e dei vari partiti che poi lo hanno sostituito- dal titolo “Fatti e date della città di Nocera”, pubblicato dalla Biblioteca comunale col patrocinio del Comune.

E, come di consueto, lasciamo parlare direttamente l’autore, il quale ha intitolato questo nuovo capitolo “Un tour immaginario nelle antiche industrie conserviere di Nocera”.

“Ho già parlato -scrive l’autore- dell’industria tessile e dell’industria molitoria e di come questi settori si svilupparono nella nostra città tra la fine del’ ‘800 e i primi anni del ‘900. Tutti sanno però che alla storia industriale di Nocera, manca ancora un tassello, forse il più importante: la nascita e lo sviluppo delle industrie conserviere.
Non si può dire quale fosse la prima fabbrica conserviera sorta a Nocera. Ne nascevano e pullulavano, ovunque, come descrive D. Rea nel reportage “Re Pomodoro.” Penso di sapere, invece, quale fu il marchio più famoso con il quale il settore conserviero, insieme al nome della nostra città, divenne famoso in diverse parti del mondo: La Romanella.

“1936 – Nasce la Gabriele Gambardella & Figli – I marchi furono depositati tra il 1931 e 1934, poi fu avviata la costruzione e dal 1936 ebbe inizio l’attività della fabbrica al Borgo, che molti di noi ricordano ancora. La denominazione mi obbliga a ricordare chi e quanti fossero questi famosi figli del fondatore.

(Le industrie conserviere dei Gambardella producevano pelati col marchio “La Romanella” – ndr)

“Gabriele Gambardella aveva cinque figli maschi e una figlia femmina: il primogenito Giuseppe, poi Vincenzo, Antonio, Francesco e Luigi, l’unica donna si chiamava Anna, che anni dopo sposerà Salvatore Forino, rampollo di un’altra nota famiglia di industriali conservieri di Nocera.
“A loro volta, molti di questi diedero a un loro figlio il nome del nonno Gabriele: e questo spiega il motivo per cui molti di noi hanno conosciuto tanti, diversi Gabriele Gambardella. Ricordo anche che spesso si rischiava di fare confusione e, per rimediare, si prese l’abitudine di aggiungere ai nomi un soprannome: Gabriele “o baffone”, Gabriele “o sceriff”, ecc.

Tra quelli elencati, il figlio che diede un significativo contributo alla crescita dell’azienda fu il primogenito Giuseppe. Trasferitosi negli Stati Uniti, riuscì a far conoscere e apprezzare i prodotti dell’azienda paterna alle numerose comunità italo americane e, nel giro di pochi decenni, la Romanella divenne il marchio di pelati più ambito tra gli immigrati italiani.

Dopo la guerra, in Via Matteotti furono costruite tre ville che furono abitate da Antonio, Francesco (don Ciccio) e Anna Gambardella; quella destinata a don Ciccio fu progettata dal compianto ingegnere Supino. Erano costruzioni bellissime e lungo la cancellata, nel mese di maggio, spuntavano centinaia di rose che profumavano l’intera strada. Aggiungo solo, per meglio far comprendere il prestigio che la Gambardella riuscì a raggiungere, che nei primissimi anni ’60, l’azienda venne premiata con il “Mercurio d’Oro”, insieme alla Cirio e alla Ferrero.

“Nel corso degli anni nacquero poi diverse altre decine di conserviere e, pur non potendo elencarle tutte, mi piace ricordarne alcune, come in un immaginario giro turistico della città.

“Partendo da Casolla si avvertiva subito il rumore prodotto dagli impianti della Galano e poco più avanti, proseguendo nel rione, si giungeva davanti al cancello in ferro della Conserviera Meridionale.

“Di fronte allo Stadio un altro cancello segnalava la presenza di una delle due fabbriche della famiglia Sarno (quella di don Luigi). Scendendo verso la Caserma (la vecchia Caserma Tofano – ndr), in piazza De Santi un lungo muro di cinta segnalava la presenza della La Pantera (attuale Conad). Andando avanti, giunti alla piazzetta di Via Solimena, c’era la discesa che portava alla Schiavo.

“Per vedere, invece, l’altra fabbrica Sarno (quella di don Peppe), dovevamo girare per Via Dentice e entrare in un cortile di quella strada. Tornando indietro e scendendo al Borgo, avremmo visto proprio la Gambadella e, confinante con essa, la Tre A (Azienda Agraria Alimentare).

“Al rione di Merichi si incontra la Spinelli Francesco e, sulla strada per Cicalesi, la Memoli snc. Proseguendo, invece, verso il ponte della ferrovia, a Liporte, si poteva vedere il cancello e gli uffici della Forino SpA, per poi incontrare in Via Nicotera la D’Agosto Raffaele.

“Infine, nell’ultimo tratto del Corso si poteva scoprire la sede della conserviera Alfonso Cuomo e, arrivando sulla statale 18, si potevano vedere i capannoni della Spera Raffaele e della Silvestri Raffaele & figli.

“Mi scuso per le tante altre aziende non citate ed anche per qualche errore, sempre possibile. Aggiungo solo che anche in queste industrie, oltre che in quelle tessili, l’occupazione femminile divenne caratteristica dominante.

“Infatti, per soddisfare le crescenti richieste di lavoratrici, per molti anni a Nocera hanno trovato lavoro centinaia di donne di diversi Comuni della zona, in particolare le pelatrici, che venivano in maggioranza da Siano e Bracigliano. Fu proprio osservando il duro lavoro di quelle donne che il poeta Gabriele Sellitti trovò l’ispirazione che lo portò a scrivere quel capolavoro che chiamò Le Monache Rosse.

(Le pelatrici erano le donne che, a mani nude, toglievano la pelle dai pomodori, cosa che avveniva con i pomodori immersi in acqua bollente: immaginiamo in quali condizioni disumane le pelatrici lavoravano, spesso le loro mani si infettavano e dalle ferite fuoriusciva pus – ndr) (8 – continua)

 

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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