LIBRI & LIBRI “Io, la Campania”: la Campania si racconta nel nuovo libro di Paolo Romano.
Intervistato nel salone del Social Tennis Club da Marco Salerno, avvocato e ideatore del Club dei Lettori del circolo cavese, Paolo Romano ha offerto una serata interessante e di cultura
Protagonista ed io narrante, la Campania la fa da padrona in “Io, la Campania”, autobiografia in cui, forse per la prima volta, a raccontarsi non è una persona ma un luogo.
“Nei millenni della sua storia, la Campania c’era, ha visto e sentito tutto, dunque può raccontarsi.” è quanto ha affermato Paolo Romano, per cui la Campania è stata come la Musa per Omero. Non a caso, la bellissima copertina, riproduzione da un piatto di ceramica del ceramista Franco Raimondi, rappresenta una affascinante sirena contemporanea che porge una tazzina di caffè. Caffè che in questa regione non è solo bevanda ma rito collettivo, invito alla socialità e dunque all’ascolto.
Intervistato nel salone del Social Tennis Club da Marco Salerno, avvocato e ideatore del Club dei Lettori del circolo cavese, Paolo Romano ha offerto una serata interessante e di cultura ai presenti ieri, domenica 21 gennaio.
“Più giriamo il mondo, più torniamo innamorati delle nostre radici”, ha esordito Romano, secondo cui i motivi della unicità della Campania sono molteplici. Da una parte, è un fatto che l’immagine dell’Italia all’estero, anche negli stereotipi della stessa, riconduca in realtà alla Campania. Dall’altra, in questa terra convergono mito, paesaggio, cultura, storia, il che la rende intrinsecamente affascinante.
Tra gli esempi, Romano cita innanzitutto il più conosciuto ed evidente: la Costiera Amalfitana (peraltro facente parte dei Paesaggi Culturali che l’UNESCO considera Patrimonio dell’Umanità) non è una semplice strada – ha detto – ma una vera scultura costruita nella pietra a colpi di piccone, un’opera d’arte immanente.
L’autore, su sollecitazione del suo intervistatore, ha continuato con dei veri e propri colpi di scena. Non molti sapranno, ad esempio, che in Campania è nata la lingua italiana. Ma non era in Toscana, si obietterà? In “Io, la Campania”, Romano nomina la testimonianza dei cc.dd. “placiti capuani”, risalenti al 960 d.C. e scritti appunto in lingua italiana. Non a caso, la prima stanza del Museo della lingua italiana a Firenze è dedicato proprio a questi testi antichissimi, precedenti di oltre 200 anni la nascita di Dante.
Ancora, la Campania è stata anche culla del Cristianesimo. Negli Atti degli Apostoli, san Paolo descrive il suo viaggio verso Roma e annota di essersi fermato a Pozzuoli, dove una comunità cristiana lo aveva accolto. Né può passare inosservata la presenza in Campania delle spoglie di tre santi quali San Matteo (a Salerno), sant’Andrea (ad Amalfi) e san Bartolomeo (a Benevento). Anche per i non credenti, si tratta comunque di un dato storiografico di eccezionale rilevanza, un po’ come avere un pezzo di Terra Santa qui in Italia. Lo stesso Ponzio Pilato era campano.
“Ma chi sono i campani?” ha chiesto poi Salerno. Di qui, la riflessione: il nome deriva probabilmente dagli abitanti di Capua, questa l’etimologia più accreditata , anche se incerta, tuttavia i campani non sono una popolazione autoctona ma il frutto di un meltin’ pot di popolazioni: osci, sanniti, romani, greci, etruschi e poi normanni, longobardi, francesi, spagnoli. Romano, a tal proposito, ha svelato anche l’origine del termine “bufala” come attualmente utilizzato nella accezione di “notizia falsa, grossolana”. I Romani, si dice, non amassero la carne di bufala, ragion per cui i macellai la vendevano spacciandola per carne di manzo, di qui l’accezione negativa del termine.
Nel prosieguo della discussione, Romano ha anche raccontato la storia del “vaso più bello del mondo ”, quello che raffigura il ratto di Europa, firmato da Assteas, ceramografo greco di grande fama, risalente al IV sec a.C.. Il vaso, ritrovato casualmente da un muratore beneventano, fu da questi venduto ( o meglio svenduto) a dei delinquenti che lo vendettero al Getty Museum di New York. Solo a seguito di indagini dei Carabinieri, il vaso è tornato in Italia, al Museo archeologico nazionale del Sannio Caudino a Montesarchio.
Insomma, una serata stupefacente quella trascorsa al Tennis Club che, grazie alla lungimiranza di queste iniziative, sta recuperando l’antico lustro dei decenni passati e che decisamente merita, così come il libro di Paolo Romano, un vero e proprio scrigno delle meraviglie, fiore all’occhiello della collana Le Guide di Marlin Editore.