LIBRI & LIBRI Il cielo velato del nord
La storia di una donna inusuale, in un periodo, seconda guerra mondiale, e in un paese dove le donne avevano conquistato alcuni diritti sociali
Tove Ditlevsen, scrittrice Danese del primo Novecento, con un nome che non riuscirò mai a pronunciare bene. Un nome che resta sulla punta della lingua, consonanti che non sanno dove appoggiarsi: sopra o sotto il palato?
È così, anche questa scrittrice cui non si resiste che, nonostante le atmosfere lontane per una donna dell’Europa meridionale, ti avvinghia e ti trascina dove vuole. È questo, quello che fa una brava scrittrice: sospende il giudizio davanti all’emozione che è capace di trasmettere.
È nata nel 1917 a Copenaghen da genitori d’estrazione operaia, ha iniziato a mostrare interesse per la letteratura e a scrivere poesie fin da bambina, come racconta in questa trilogia. Ha pubblicato la sua prima poesianel 1937 e la sua prima raccolta due anni. Durante la sua vita ha pubblicato numerosi romanzi, raccolte di racconti e saggi. Ha avuto una vita travagliata contraddistinta da numerosi matrimoni, che l’hanno resa tra le scrittrici più celebri e controverse in Danimarca.
La trilogia che vi proponiamo racconta la sua storia: La Trilogia di Copenaghen – Fazio editore anno 2022.
Non sono un’appassionata di scrittura autobiografica, anzi mi avvicino con una certa diffidenza. Eppure leggendo la trilogia di Tove Ditlevsen, si dimentica il genere per seguire la lotta di questa “storia umana” in cerca di una forma.
La storia di una donna inusuale, in un periodo, seconda guerra mondiale, e in un paese dove le donne avevano conquistato alcuni diritti sociali. Seguiamo, con una scrittura fluida e avvolgente, la lotta per emergere da un destino segnato, prefissato.Nel primo libro racconta l’INFANZIA, la situazione di difficoltà economica e di sopravvivenza; nel secondo libroil miracolo si realizza: GIOVENTÙ e infine, quello che considero una rivelazione nel terzo libro: DIPENDENZA.
La vera dipendenza, a mio parere, di Tove Ditlevsen è quella da un altro essere umano: il maschio. Chi la sceglie come moglie segna la sua vita per sempre, nel bene e nel male.
Il paradosso di questa storia è la contraddizione di tutte noi, che tutte noi dobbiamo affrontare, donne del post patriarcato, cui non basta mai realizzarsi nel lavoro e nemmeno quando si ha successo. Noi che spesso ritorniamo alla dipendenza da un maschio volontariamente e fino a farci male. Siamo pregne di questa contraddizione e Tove Ditlevsen mi dice, che è ancora peggio per le donne del nord Europa, conquistate dalla “ragione maschile” , avvinghiate in una logica che cancella e tiene a bada le viscere fino a farla esplodere.
E così la seguiamo mentre si concede alle cure di un uomo, un medico che gli somministra petidina, un farmaco analgesico oppioide, fino a rischiare la morte e, finalmente, a riconquistare la libertà per merito di un altro uomo, Victor, che la ama in modo sano. Questa conquista poteva avvenire un po’ prima facendosi meno male? Chissà!
Ma noi donne siamo state per troppi secoli richiuse nella logica di concessione totale e senza riserve. Ci viene così naturale da non riconoscere i meccanismi che si attivano e, certe volte, continuiamo a parlare di libertà senza chiedere ai nostri partener di non sconfinare i limiti del rispetto e della dignità, senza considerare questi limiti la premessa di ogni rapporto.
Cara Tove Ditlevsen sono una tua nipote, quasi mezzo secolo dopo, e non ne è bastato per trovare una nuova forma femminile.Ma sulle orme di donne come te, vediamo volare in modo più sicuro le figlie.