Manovra economica: il premier Conte vola a Bruxelles ma senza un’intesa nel Governo
Il premier e il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, incontreranno stasera Jean Claude Juncker, Valdis Dombrovskis e Pierre Moscovici a Bruxelles. Per Salvini sarebbe “inaccettabile” se la Ue aiutasse Parigi e penalizzasse l’Italia
Mettere per iscritto una riduzione del deficit nel 2019. Il passo più difficile non è ancora compiuto. E nel governo c’è ancora chi non vorrebbe compierlo. Nei contatti continui con Bruxelles emerge la convinzione, che Giuseppe Conte e Giovanni Tria avrebbero riferito a M5s e Lega, che mettere nero su bianco la discesa dal 2,4% al 2%, basterebbe a evitare la procedura d’infrazione, sebbene l’Ue chieda un calo tra l’1,7% e l’1,9%. In extremis è infatti giunto l’insperato ‘aiuto’ di Emmanuel Macron, che sforando il 3% farebbe vacillare la linea durissima verso l’Italia, con una riduzione ancor più cospicua.
Il problema per Conte e Tria è però che fino all’ultimo Luigi Di Maio e Matteo Salvini vogliono provare a cedere il meno possibile: scendere non oltre il 2,1%. Niente viene dato per scontato, dai sostenitori del dialogo. Tanto che c’è chi descrive Conte preoccupato: non è scontato, dicono le stesse fonti, che oggi all’ora di pranzo il premier e il ministro dell’Economia prendano il volo che dovrebbe portarli a incontrare Jean Claude Juncker, Valdis Dombrovskis e Pierre Moscovici a Bruxelles.
E’ il pessimismo di chi teme che la notte non porti consiglio e sostiene che neanche stamattina, quando riunirà il Cdm, Conte riuscirà a mettere per iscritto – come chiede la commissione e vorrebbe il Mef – l’impegno a ridurre il deficit e spostare l’asse della manovra verso gli investimenti. Tria, in pressing perché si faccia presto, si sbilancia ad annunciare “entro la giornata” l’intesa sui nuovi saldi della manovra.
“E’ possibile evitare la procedura d’infrazione – dice – si tratta di prendere decisioni politiche rispetto a varie alternative”. Ma a sera, mentre sale la tensione politica tra i leader di M5s e Lega, la fumata bianca ancora non c’è. Lunedì sera a Palazzo Chigi si è raggiunta un’intesa di massima, tra i rappresentanti dei due partiti, a tagliare il fondo per “quota 100” e reddito di cittadinanza di 3,5 miliardi. Soldi che potrebbero ridurre il deficit al 2,2%, cui si sommerebbe un altro 0,2% di taglio derivante da quasi 2 miliardi di dismissioni immobiliari, magari attraverso Cassa depositi prestiti, più altre misure di spending review. La Lega preme per rafforzare la Web Tax, su cui M5s frena. E per rafforzare la discesa nel 2020 e nel 2021 c’è anche l’idea di far scattare del tutto gli aumenti Iva (ora parzialmente disinnescati), rinviando alla prossima manovra un eventuale blocco. Ma niente viene dato per acquisito. Tant’è che viene subito smentita l’ipotesi avanzata dall’economista vicino alla Lega Alberto Brambilla di avviare la riforma delle pensioni con “quota 104” nel 2019, per poi scendere a “quota 100”.
E Salvini interviene dire che se non è “appassionato alla discussione sullo zero virgola”, intende “garantire la pensione a tanti italiani rovinati dalla Fornero”.
In serata nel governo c’è incertezza e preoccupazione. Anche perché c’è chi sostiene che il “fattore Macron” potrebbe non aiutare ma penalizzare l’Italia, inducendo un rigore “esemplare” verso Roma. Ci si affida alle doti negoziali del premier Conte, perché convinca la Commissione di quanto sia cruciale l’intesa con i gialloverdi. Alcuni degli argomenti li snocciola in un’Aula della Camera con tanti vuoti tra i banchi della maggioranza. Se la legge di bilancio fa più deficit, afferma, “per rispondere a una “prepotente richiesta di equità”: l’Ue deve superare il “rigorismo miope” se non vuole trasformare le strade italiane in quella polveriera che sono le vie francesi. “Non un libro dei sogni”, ma riforme concrete, è quello che il governo porta a Bruxelles e su cui si gioca la sua “missione”.
Il “futuro è imprevedibile” e Roma vuole “agire ora”, sottolinea Conte.
E Salvini chiosa: sarebbe “inaccettabile” se Bruxelles aiutasse Parigi e penalizzasse l’Italia. Anche se, fanno notare fonti europee, il 3% di Macron non è ancora nero su bianco. Se questi argomenti faranno breccia, si vedrà nell’incontro di stasera.
Conte poi tornerà a Roma e potrebbe lì tradurre l’intesa di massima con Bruxelles in un impegno politico siglato da Di Maio e Salvini. Tante frasi al condizionale, tanti se. E una tensione che resta, tanto da far rincorrere costantemente voci di dimissioni del ministro Tria e del capo di gabinetto Roberto Garofoli. (fonte Confcommercio)