Cava de’ Tirreni… ricordo e memoria della Podistica San Lorenzo
Cava de' Tirreni... ricordo e memoria della Podistica San Lorenzo
Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Ieri si è svolta la 60esima edizione della gara Podistica Internazionale San Lorenzo.
Sin dalle prime ore del mattino il quartiere si anima: volti nuovi, diversi dai soliti noti, circolano sotto balconi e finestre ancora sonnacchiosi, come di consueto la domenica mattina. Accenti particolari e lingue diverse riempiono le strade del rione, nei pressi delle scuole elementari, punto di raduno degli atleti provenienti da tutto il mondo.
Gli abitanti di San Lorenzo hanno imparato ad accoglierli tutti, a tifare per loro. L’unico momento di stasi è intorno ad ora di pranzo, dopo che sono state montate le transenne ai lati di via Carlo Santoro e le bandiere del CSI sventolano alte. Di lì a poco riprende il brusio, è un convergere di bambini, donne, uomini, in attesa della gara.
Le voci si alzano, il clamore s’impenna dopo lo sparo della partenza, cori d’incitamento sconvolgono il consueto ritmo e rivelano il volto entusiastico di una folla sincera e partecipe. Applausi per tutti, anche per quelli che chiudono la gara in coda, si resta fermi ad attenderli comunque ammirati.
Questa gara ha riempito tutta la mia infanzia e la mia adolescenza, come tutti quelli che vivono a San Lorenzo: ce l’abbiamo tutti nel DNA. Ma per me questa gara ha degli occhi, uno sguardo, una voce, un volto precisi: quelli di mio padre. È attraverso i suoi occhi che ho imparato a guardare questa gara, è attraverso le sue parole che ho imparato ad amarla e farla mia. Il suo entusiasmo è diventato il mio.
Come molti del circolo locale, dove lui andava a giocare a bocce e a carte nel fine settimana, viveva pienamente l’evento perché tutto è nato lì, da quel presidente, Antonio Ragone, che l’ha ideata e voluta, quel circolo San Lorenzo di cui mio padre entrò a far parte sin dai primi anni di vita della gara, mettendo da parte, un po’ alla volta, il suo primo amore aggregativo: i raduni vespistici.
Ogni anno, però, montava sulla Vespa o sulla sua auto, prima la ‘500, poi la 127, quindi l’Alfasud…, per seguire il corso della gara, o aprendone il corso, quale auto della giuria, o dietro tutti gli atleti, a raccogliere chi non riusciva a portare alla fine l’ostico percorso.
L’adrenalina per la gara montava in casa già nel mese di luglio: c’era da preparare manifesti, inviti, brochure… Quando papà portava a casa la copia del depliant per noi, litigavamo per chi doveva prenderla in mano. Ricordo che divoravo tutte le pagine, leggevo con attenzione i saluti delle autorità, il messaggio del Vescovo, gli elenchi delle atlete e degli atleti, l’albo d’oro con i nomi e i tempi di percorrenza. Intanto l’evento cresceva, da gara locale diventava nazionale, fino ad avere atleti provenienti da tutto il mondo. Il Centro Sportivo Italiano affiancava e supportava con grande competenza l’entusiasmo del circolo San Lorenzo, divenendo fondamentale nell’organizzazione di un evento sempre più “grande”. Dagli articoli dei giornali si passò alle radio libere e alle riprese delle TV locali, i dati si andarono a raccogliere non più su block-notes e trascritti con la macchina da scrivere, ma venivano convertiti in file.
Mio padre seguiva tutto sempre con lo stesso entusiasmo, sempre pronto come un soldato a rispondere alla chiamata, rendendosi disponibile insieme alla sua auto, pronto, come sempre, a recarsi a prendere il materiale stampato alla tipografia, ad accompagnare agli alberghi atleti ed allenatori, a seguire la “sua” gara.
Ma il tempo passa e travolge chi non riesce ad essere al passo: mio padre, ancor giovane, ma non abbastanza, e pur con intatto entusiasmo, non ebbe più quella chiamata, e dentro di sé si spense una parte così bella e viva. La malinconia lo prese, e prese anche me, che, fino ad oggi, avevo smesso di vedere la corsa di San Lorenzo.
Oggi l’ho guardata di nuovo, dal balcone della casa che mi ha visto bambina, adolescente, giovane donna, fino al matrimonio, la casa che chiamo ancora “dei miei”, anche se loro non ci sono più da anni. Ho rivissuto l’emozione della partenza, ho atteso il passaggio degli atleti, ho acclamato i vincitori.
Ma, chiuso il balcone, mi ha di nuovo sommerso la malinconia, il ricordo di te, del tuo dolore silenzioso che so ti ha accompagnato fino alla fine: non lo dicevi, come tuo solito, le sofferenze non le hai mai partecipate, di sicuro non perché non avevi le parole, ma perché la tua educazione ti aveva insegnato un forte pudore dei sentimenti e proibito la loro esternazione.
Sei venuto meno a questo mondo il 6 settembre di 13 anni fa, pochi giorni prima del tuo compleanno, pochi giorni prima della “tua” corsa, divenuta tutta ricordi e non più vissuta nei tuoi ultimi anni. Quell’anno l’ho proprio odiata.
Forse è il caso di riconciliarsi, papà, con questo pezzo di storia “nostra”, forse non bisogna privarsi di quell’amore speso tanti anni fa per questo evento, ho il bisogno di guardarlo di nuovo con i tuoi occhi di allora, sperando che così possano di nuovo ridere ed essere noi, insieme, in una condizione di gioia.
Maria Di Serio