Cava, a colloquio con il neo presidente del Consiglio comunale Adolfo Salsano: “Garantirò imparzialità e trasparenza”
“La carica di Presidente del Consiglio comunale rappresenta davvero il punto di arrivo di un’attività politica lunga decenni”.
“In un momento come questo è necessario il massimo di unità possibile, chiamare a raccolta tutte le forze disponibili a dare un contributo positivo”.
62 anni, vice ragioniere capo e responsabile settore impegni e spese del Comune di Salerno. Più volte nominato commissario ad acta per approvazione di documenti finanziari, presidente nucleo valutazione e controllo gestione comune di San Valentino Torio. Relatore su argomenti finanziari in convegni organizzati dall’ARDEL-ANCI. Due volte assessore al bilancio, programmazione economica, fondi europei al Comune di Cava de’ Tirreni. E’ questo in sintesi il ritratto professionale e politico di Adolfo Salsano, eletto la scorsa settimana alla carica di presidente del Consiglio Comunale di Cava de’ Tirreni.
Nel suo discorso di ringraziamento appena seduto sullo scranno più alto del parlamentino cittadino, Adolfo Salsano ha ricordato la figura del partigiano Boris. E noi vogliamo iniziare questa intervista proprio da Boris, chiedendo al neo presidente di farcelo conoscere meglio.
“Il partigiano Boris era mia padre Vincenzo –ci spiega Adolfo Salsano- che giovanissimo partecipa alla Seconda Guerra Mondiale, dapprima in Jugoslavia, poi prendendo parte alle operazioni belliche sul Mediterraneo. Dopo l’armistizio dell’8 settembre del ‘43 si trova ad Asti, nel territorio della Repubblica di Salò, prestando servizio presso la Questura. E’ in quel contesto che decide di aderire alla Resistenza, riuscendo a salvare la vita ad uno di loro, tale Domenico Caccavale, di Frattamaggiore, commissario politico della 45° Brigata d’assalto “Garemi” Garibaldi”.
“Scoperto dai fascisti –racconta il presidente Salsano- mio padre viene arrestato e condannato a morte, sentenza prontamente comunicata alla moglie, Anna Ferraioli. Rocambolescamente, però, la sera prima della fucilazione riesce a fuggire grazie all’intervento di un ufficiale dell’Aereonautica, segretamente in contatto con gli Alleati. Tonato in libertà si unisce ai partigiani della 45° Brigata d’assalto “Garemi” Garibaldi, assumendo il nome di battaglia Boris”.
“Il suo ritorno a Cava –continua Salsano- è accompagnato da una lettera del segretario provinciale del PCI di Asti, partito cui aveva aderito, indirizzata a Pietro Amendola, segretario della federazione salernitana, “il Salsano (…) si è conquistato attraverso la sua lotta una piena coscienza nazionale e di partito e una maturità politica che potranno essere utilizzati costà nel modo e nella forma che riterrete più opportuno. (…) Questo eroico Garibaldino merita tutto il nostro interessamento ed il nostro appoggio””.
Bellissima storia, quella di Boris, alias Vincenzo Salsano. Una testimonianza di democrazia e libertà di cui i nostri giovani dovrebbero far tesoro. Veniamo ora a questo nuovo prestigioso incarico. E’ d’obbligo chiederle come ci si sente nei panni di presidente del Consiglio Comunale metelliano?
Come già detto in aula, per me questa carica di Presidente del Consiglio comunale rappresenta davvero il punto di arrivo di un’attività politica lunga decenni. Ovviamente non mi riferisco solo agli anni di presenza nelle istituzioni, che pure sono quasi venti… Ma penso a quando, quattordicenne, presi la prima tessera dell’allora FGCI, erano i primi anni settanta, la partecipazione politica, specie tra i giovani, era ai massimi storici. Qualcosa di impensabile se paragonata ad oggi. Ecco, per me questo ruolo è il coronamento di un percorso, di una storia personale e collettiva allo stesso tempo. Porto con me le mie esperienze e gli insegnamenti di quanti ho avuto modo di conoscere e ammirare nel corso di tutti questi anni.
Una curiosità: è lei che ha scelto di accettare la carica di presidente o come si è scritto che il Pd e il sindaco Servalli non l’hanno voluto più assessore?
Sono stato io a scegliere, assolutamente. Anzi, devo dire che il Sindaco avrebbe voluto che proseguissi nella mia attività di assessore al bilancio ma, come già detto in precedenza, ci tenevo particolarmente a svolgere questo nuovo ruolo. Ciò non toglie che se e quando Sevalli avrà bisogno di una mano, di un consiglio, certo non mi tirerò indietro.
Certo che il ruolo di presidente è molto più comodo ed agevole rispetto a quello di assessore alle finanze, soprattutto di questi tempi, o no?
Non so se è più comodo. Fare l’assessore al bilancio mi appassionava, era una specie di prosecuzione della mia attività lavorativa. Sono stati anni di grande impegno e anche di gratificazioni, soprattutto grazie alla collaborazione del settore finanziario del Comune di Cava. Elementi di prim’ordine, lo dico con convinzione. Ma ora era giunto il momento di fare una nuova esperienza, guardare le cose da un’altra angolazione. Di certo la mia scelta non è stata dettata dalla comodità o meno del ruolo, anzi. Lascio una cosa che, bene o male, sapevo fare, per, come si dice in questi casi, navigare in mare aperto.
A presidente l’ha votato solo la maggioranza, nonostante questo sarà il presidente di tutti?
Ovviamente si. Sarò il presidente di tutti. Già da assessore mi sono sempre dimostrato aperto alle sollecitazioni che venivano dalla minoranza. Ho dialogato, sempre. Dirò di più, persino quando ero all’opposizione non mi sono mai sottratto ad un confronto aperto e leale con chi aveva responsabilità di governo, sempre nell’interesse esclusivo della città di Cava.
Cosa vuol dire per lei essere presidente di tutti?
Significa innanzitutto assicurare il rispetto dell’istituzione che rappresento. Garantire imparzialità e trasparenza, fare in modo che il dibattito politico sia degno delle grandi tradizioni politiche e culturali della nostra città. Nello stesso momento in cui mi sono seduto su quello scranno, ho immediatamente dismesso la casacca di partito, consapevole di ciò che il mio ruolo mi impone. Il che non vuol dire azzerare le proprie idee politiche, quelle restano, ed anzi danno linfa a questo nuovo percorso che inizia.
Secondo lei il coronavirus determinerà un cambiamento della politica e del rapporto cittadini-istituzioni o tutto sarà come prima tanto per ricordare il Gattopardo di Tomaso di Lampedusa?
Difficile rispondere a questa domanda. Chi può dirlo. Di certo la tensione sociale aumenta, lo vediamo chiaramente in questi giorni. Se la politica non sarà in grado di dare risposte adeguate, cioè efficaci e tempestive, si rischia di alimentare quella sfiducia dei cittadini nelle istituzioni che poi, può tradursi anche in un grave indebolimento della democrazia stessa. In queste fasi è necessario il massimo di unità possibile, chiamare a raccolta tutte le forze disponibili a dare un contributo positivo. Ripeto, secondo me è in gioco la tenuta democratica del Paese.
Ad ogni modo, come ne uscirà il nostro Paese dall’emergenza coronavirus che stiamo vivendo?
Mi auguro che ne esca meglio di come ci è entrato. Con la consapevolezza di essere una comunità forte, unita, con idee diverse, certo, ma con valori condivisi. Questo riguarda la classe dirigente di questo Paese, ma non solo. Anche i cittadini sono chiamati a ripensare il loro essere parte della comunità. Probabilmente alcune abitudini, determinati stili di vita andranno rivisti. Forse sarà il caso di ridefinire le priorità, inventarsi nuove forme di socialità. Ne usciremo migliori? Speriamo.
Presidente, cosa farà da grande?
Cosa farò da grande… di questi tempi progettare il domani è impresa ardua. Devo dire che pensare a quello che devo fare ora già occupa gran parte dei miei pensieri, e mi auguro di essere all’altezza del compito. Poi, per quanto riguarda il futuro, come diceva il vecchio Nenni, “fa quel che devi, accada quel che può”.