scritto da Eugenio Ciancimino - 10 Settembre 2025 11:58

Giustizia e politica: tensioni, lobby e disarmonie

Le informazioni di garanzia non ponderate sulle presunte notizie di reato hanno avuto più effetti collaterali che giudiziari: crisi di governo, amministratori “mascariati”, bassa percentuale di processi e condanne rispetto alla quantità di indagini avviate ed incardinate

La presunzione, variamente declinata, può essere assunta come la parola chiave delle tensioni che per un trentennio hanno alimentato confronti e scontri tra ambienti giudiziari e politici. Lo tsunami di tangentopoli ne ha rotto equilibri di convivenza e forse anche di interessate compiacenze.

Graffiato in immagine ed autorevolezza, il ceto politico rappresentato in Parlamento ha rinunziato all’immunità prevista dall’art. 68 della Costituzione nella forma di salvaguardia concepita dai padri costituenti a tutela dell’autonomia ed indipendenza degli eletti a svolgere funzioni legislative. Mentre, il mondo togato requirente debordando nell’esercitare l’obbligo di intraprendere iniziative giudiziarie ha assunto nell’immaginario collettivo ruoli di pubblico moralizzatore o di arbitro e selezionatore del personale politico deputato a governare.

Le informazioni di garanzia non ponderate sulle presunte notizie di reato hanno avuto più effetti collaterali che giudiziari: crisi di governo, amministratori “mascariati”, bassa percentuale di processi e condanne rispetto alla quantità di indagini avviate ed incardinate. Sul punto si incrociava (forse ancora) la presunzione di colpevolezza teorizzata dal togato Piercamillo Davigo rispetto alla garanzia costituzionale ex art. 27: “l’imputato non è colpevole sino alla condanna definitiva”.

A fronte della citata “eresia” ambrosiana di “mani pulite” spiccano le figure di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, le cui iniziative ed opere sono state contrastate dall’interno dei Palazzi di Giustizia: “ci hanno messo bastoni fra le ruote – parole di Antonio Di Pietro – e se ne ricordano quando c’è scappato il morto”.

Chiamato nel 1991 dal CSM a fornire chiarimenti (o a discolparsi?) su un esposto a firma di politicanti palermitani, Giovanni Falcone, esprimendo il suo “sdegno” e puntualizzando che “siamo tutti giuristi qua”, ha ricordato che “l’informazione di garanzia non è una coltellata che si può infliggere così, è qualcosa che deve essere utilizzata nell’interesse dell’indiziato”. E già nello 1988 interrogato dal Comitato antimafia della Prima Commissione referente aveva rimarcato che la campagna diffamatoria nei suoi confronti era “sicuramente ispirata da organismi e soggetti della magistratura”.

Ricordarlo non è solo memoria di episodi, ma anche ipotesi di un presunto fenomeno di lobby interno ai Palazzi di Giustizia consociativo o antagonista con i politicanti a seconda delle stagioni. Al di là di suggestioni più o meno ideologiche, ne rende testimonianza di incestuosi rapporti tra togati ed inquilini dei Palazzi della Politica Luca Palamara, ex componente del CSM ed ex Presidente del’ASM, espulso dall’ordine giudiziario, in “Lobby e Logge. Le cupole occulte che controllano il sistema”.

Una voce di dentro poco ascoltata o classificata come una sorta di fake news nell’attuale discorso pubblico sulla riforma Nordio.

Abbondano parole “a schiovere” uscite dalle bocche sia di magistrati che di politici. I primi nel ritenere punitivi sia il superamento della formazione correntizia del CSM che la separazione delle carriere considerata poco rassicurante per la indipendenza del PM; i secondi o se ne fanno acriticamente la sponda o bollano come una sorta di killeraggio politicante provvedimenti giurisdizionali su atti di indirizzo legislativo assunti dall’Esecutivo. Come dire che nel discorso pubblico va delineandosi, nella prospettiva di un Referendum sulla riforma, un linguaggio di reciproca delegittimazione dietro la quale si celano da un lato conati togati di presunzioni pedagogiche in etica pubblica rispetto ad altri poteri e dall’altro i risentimenti degli eletti nel rivendicare il primato della Politica, espressione della volontà popolare, nell’esercitare funzioni e scelte amministrative e legislative. Mentre, sfugge alle curve politicanti contrapposte il senso dei fondamenti di uno Stato democratico costituti dal Diritto e dal Governo, senza i quali si incorre in disarmonie di poteri che possono rivelarsi dispotici o in anarchia.

Buon vento, Italia!

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