scritto da Nino Maiorino - 08 Maggio 2017 09:14

Difesa legittima, un papocchio

Per comprendere meglio cos’è accaduto con l’approvazione, da parte della Camera dei Deputati, della nuova legge sulla “difesa legittima”, è opportuno andare prima di tutto alla base del problema ed esaminare, poi, le norme già in vigore.

Gran parte della popolazione ha da anni la percezione di non essere più al sicuro nelle abitazioni, nei negozi, nelle strade. E non per il rischio di attentati da parte delle organizzazioni terroristiche che si ispirano alla guerra santa, alla distruzione della civiltà occidentale, all’annientamento delle istituzioni civili e religiose dell’occidente, rischio che purtroppo esiste e che ci viene quotidianamente ricordato dai “media”.

La percezione della mancanza di sicurezza è dovuta principalmente ai furti e alle rapine che quotidianamente avvengono e che, nel mentre le pubbliche istituzioni assicurano essere statisticamente in calo, vengono percepite come maggiormente violente e devastanti per chi le subisce, tant’è che da più parti, e non solo da forze politiche che cavalcano l’onda della paura per fare proseliti, vengono invocate più drastiche disposizioni di legge sia di contrasto alla delinquenza, sia di potenziamento della difesa personale, sia, infine, di maggior tutela legale per chi, trovandosi a dover subire uno di tali atti di violenza, ha la lucidità e il coraggio di armarsi per contrastare il delinquente che attenta alla sua tranquillità domestica, al suo esercizio commerciale, all’incolumità sua e dei suoi familiari e, magari, a quella di coloro che si trovano vicini.

La maggior tutela delle vittime viene invocata anche perché, nella totalità dei casi, l’epilogo della già invasiva violenza si tramuta in un procedimento giudiziario che vede la vittima indagata e inquisita per una serie di reati che scandalizzano la comune percezione della giustizia; la vittima viene attirata in una spirale di indagini, contestazioni, interrogatori, confronti, testimonianze, quando non minacce da parte di delinquenti e loro familiari, e sembra costretta a difendersi in modo molto più traumatico proprio da quella “giustizia” dalla quale i cittadini vorrebbero sostegno, comprensione, tranquillità.

Per non parlare di episodi paradossali, fortunatamente esigui, di delinquenti che, dopo aver commesso i loro delitti, chiedono addirittura il risarcimento dei danni subiti per effetto delle azioni di difesa poste in essere dalle loro vittime, e che in qualche caso sono stati anche riconosciuti da magistrati le cui sentenze sono inqualificabili.

Questa percezione di mancanza di sicurezza, da una parte, e di ingiusti successivi procedimenti giudiziari, dall’altra, hanno fatto invocare norme più chiare e maggiormente tutelanti delle vittime.

E dopo tante proposte, alcune avanzate anche da forze politiche che certamente non si possono considerare estremiste (I.D.V. promosse anche una legge di iniziativa popolare), finalmente è approdato in Parlamento il disegno di legge approvato nei giorni scorsi che ha suscitato un vespaio di critiche.

Premettiamo che questo è il paese delle leggi facili, che si accavallano, si contrastano, si elidono giacché, in tanti casi, nuove leggi vengono varate sull’onda della emotività popolare o di presunte ingiustizie perpetrate dalla magistratura.

Alla base del problema vi è l’attuale art. 52 del codice penale, in base al quale: “”Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa. Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma (violazione di domicilio, n.d.r.), sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:

a) la propria o la altrui incolumità:

b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione.

La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale””.

Sembra chiaro e piuttosto semplice, ma purtroppo non è così giacché vi sono altre norme che creano difficoltà come, ad esempio, le cosiddette “circostanze che attenuano o escludono la pena” previste dall’art. 59 del c.p., e non è il solo; vi è, quindi, un groviglio di norme che costringono il magistrato ad effettuare tutta una serie di accertamenti che determinano, appunto, quel vortice nel quale la povera vittima della violenza subita sembra divenuta essa il “malfattore”.

Magari alla fine essa sarà totalmente prosciolta, ma frattanto dove difendersi, farsi assistere da un avvocato, rallentare la propria attività, trascurare gli affetti familiari: solo per essersi trovato vittima di un’azione delittuosa posta in essere da un delinquente!

Ed è proprio per evitare che la magistratura fosse costretta ad indagare la vittima che si invocava una legge che snellisse le norme in vigore introducendo il concetto di totale non procedibilità nei confronti della vittima di un furto o di una aggressione compiute all’interno della sua proprietà da accertati malintenzionati che l’avevano invasa proprio per sottrarre beni o perpetrare violenza.

Qual è stato l’esito? L’incredibile guazzabuglio della nuova legge approvata pochi giorni fa dalla Camera il cui testo, invece di introdurre il concetto di non procedibilità e di snellire le precedenti norme, le ha ancora di più ingarbugliate, prevedendo, fra l’altro, che si considera legittima difesa la reazione a un’aggressione in casa, in negozio o esercizio o in ufficio, o ad una intrusione con violenza, minaccia o inganno ma solo se commessi di notte: incredibile!

E benché preveda anche il “turbamento” psico-emotivo che esclude la colpa di chi spara o comunque usa un’arma in legittima difesa domiciliare in situazioni di pericolo per la vita e per la libertà personale o sessuale, ed introduce anche il principio che tutte le spese processuali e i compensi degli avvocati, nel caso in cui sia dichiarata la non punibilità per legittima difesa, saranno a carico dello Stato, comunque aggrava le cose non introducendo decisamente il concetto che la violazione della privata proprietà è un crimine per contrastare il quale il cittadino può difendersi senza per questo subire una inquisizione con tutte le conseguenze che ciò comporta.

Anzi, paradossalmente, la nuova legge, per come è formulata, oltre alle anomalie già evidenziate, accresce la sfiducia nei magistrati costringendoli ancora ulteriormente a intervenire per inquisire le vittime delle violenze, come denuncia proprio il Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati Eugenio Albamonte, il quale precisa anche che se l’intenzione era quella di ridurre gli spazi di discrezionalità dei giudici, la legge è andata in tutt’altra direzione giacché sono stati introdotti elementi, come quello sul “grave turbamento psichico” che ampliano tale discrezionalità, costringendoli comunque ad intervenire.

Ma è tanto difficile per questi signori politici, lautamente compensati dai cittadini, essere chiari? E se non possono esserlo, per motivi di equilibri parlamentari, perché varare altre leggi che ingarbugliano ancora di più la matassa?

Chi, come il sottoscritto, è stato uno dei sostenitori del referendum voluto da Renzi per modificare la Costituzione, conclusosi con la sonora bocciatura del 4 dicembre 2016, non può, alla luce di questa ulteriore incredibile vicenda, non essere d’accordo con il Presidente Grasso, il quale ha chiaramente comunicato che il testo verrà modificato dal Senato.

E se il Senato fosse stato abolito, ci saremmo trovati con questa nuova legge pasticciata e inapplicabile?

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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