Cava de’ Tirreni, a colloquio con l’avvocato Marco Salerno: “Lo spazio per le aggregazioni civiche, sebbene comunque importante per le realtà locali, oggi sembra più ridotto”
Credo che il primo grande impegno della futura coalizione di governo cittadino sarà necessariamente la sistemazione dei conti pubblici. Un’altra esigenza indifferibile è l’efficientamento della macchina amministrativa

Oggi parte un nuovo viaggio di Ulisse sul futuro politico-amministrativo e sul ruolo della società civile nel rilancio della città metelliana. Iniziamo con l’intervista all’avvocato penalista cavese Marco Salerno. Cassazionista, presidente dell’Istituto di Ricerca e Formazione Giuridica ISPEN, l’avvocato Salerno è stato cultore di Procedura penale e docente presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali presso l’Università degli Studi di Salerno, nonché esperto di responsabilità penale degli enti ex legge 231/2001 e docente presso ITS Academy. Attento a quello che succede in città e nel Paese anche in settori molti diversi e distanti dalla sua attività professionale, Marco Salerno è una delle migliori e più genuine espressioni dell’attuale società civile cavese.
“Il primo cittadino dovrebbe avere spiccate capacità di coordinamento e mediazione”
Non manca molto alla fine di questa consiliatura e quindi alle prossime elezioni per il rinnovo degli organi di governo municipale. Tenendo presente lo stato dell’arte della città e quello non particolarmente in buona salute del nostro Ente Comune, quali sono, come cittadino metelliano, le sue sensazioni al riguardo di questo prossimo appuntamento elettorale?
Prima di iniziare, vorrei ringraziarla per avermi coinvolto in questa piacevole conversazione.
Il clima elettorale che si respira in città, ancora tiepido a causa dell’incertezza e della distanza dall’appuntamento elettorale, si preannuncia turbolento. La tendenza alla polarizzazione tra due schieramenti, tra opposte coalizioni, non sembra, allo stato, essere presente in città. Questa contingenza, secondo il mio parere di semplice cittadino, qualora dovesse persistere, segnerebbe una inopportuna scomposizione del corpo elettorale, determinata dalle personali aspirazioni alla leadership, certamente legittime per le ambizioni individuali, ma decisamente non in linea con l’interesse degli elettori delle rispettive aree politiche che, piuttosto, sono interessati ed ispirati dai programmi per migliorare le condizioni di vita della loro comunità e della città.
Si parla spesso di buon governo, ma secondo lei quali sono i requisiti che lo caratterizzano o, meglio, che lo potrebbero e dovrebbero caratterizzare?
In ogni ambito, sebbene l’amministrazione di una città richieda specifiche abilità, il discrimine è rappresentato dall’applicazione e dal duro lavoro, nonché da un approccio che si focalizzi sul bene comune, sulla realizzazione del programma elettorale e non sui meri interessi di parte. Il primo cittadino, nello specifico, secondo me dovrebbe avere spiccate capacità di coordinamento e mediazione tra le tante forze di coalizione, che inevitabilmente, con le loro pressioni centrifughe, connotano l’amministrazione di una città, sempre in bilico tra individualismi, aspirazioni, conflitti che, del resto, compongono la natura umana.
Le idee, e quindi anche la politica, come suggeriva J.F. Kennedy, camminano sulle gambe degli uomini. Ecco, secondo lei quali dovrebbero essere i requisiti ideali per essere candidato a sindaco? E quale potrebbe essere l’iter migliore per arrivare alla scelta di un candidato sindaco?
Credo moltissimo nella capacità delle donne e degli uomini di cambiare le cose, ma non credo affatto nell’idea dell’”uomo solo al comando”, enunciato a dir poco apodittico alla luce della moderna complessità della vita e dei processi, sempre più articolati e in continua evoluzione. Per tale ragione, un sindaco efficace dovrebbe avere l’autorevolezza e il rigore necessari per comporre le inevitabili frizioni tra alleati e una buona conoscenza della macchina amministrativa e del contesto socio-economico della sua comunità per controllare e guidare il lavoro dei dirigenti.
Anche quest’ultimo tema meriterebbe un ulteriore approfondimento in quanto, troppo spesso, l’azione delle dirigenze pubbliche è apparsa scollegata dall’azione di indirizzo politico, con ricadute negative sullo sviluppo dell’intera comunità.
E per i candidati a consigliere comunali?
I consiglieri comunali dovrebbero migliorare il dibattito pubblico e il contributo in funzione di controllo e stimolo dell’azione di governo attraverso le loro specifiche competenze ed inclinazioni, portando all’attenzione del governo cittadino le istanze e i bisogni dei propri elettori. Dovrebbero, inoltre, sviluppare la capacità di lavorare in team, integrando le esperienze e competenze per trovare soluzioni alla complessità della macchina amministrativa.
“La politica, attraverso il confronto democratico, dovrebbe aiutare una comunità a connotarsi in una direzione piuttosto che in un’altra”
Veniamo ai contenuti. Nel prossimo programma politico-amministrativo quali punti, diciamo almeno cinque, ritiene dovrebbero essere inseriti come indispensabili e prioritari?
Credo che il primo grande impegno della futura coalizione di governo cittadino sarà necessariamente la sistemazione dei conti pubblici.
Un’altra esigenza, a mio avviso, indifferibile è l’efficientamento della macchina amministrativa, per cui ritengo indispensabile destinare parte dell’investimento pubblico nelle infrastrutture digitali, migliorando nettamente la trasparenza e l’accesso ai servizi pubblici. Il cittadino non dovrebbe sentirsi ostaggio dell’apparato burocratico e costretto alla sistematica scorciatoia relazionale ma supportato nelle sue esigenze di cittadino e di operatore economico. Senza un’adeguata dirigenza, opportunamente valorizzata e responsabilizzata, e funzionari trasparenti, attivi e motivati, il governo della città risulterebbe impossibile. La forza della politica consiste anche nella capacità di selezione e valorizzazione dei migliori e nell’abilità di escogitare e mettere in campo i sistemi per neutralizzare e limitare coloro che interpretano in modo sbagliato la funzione pubblica e il ruolo ricoperto.
L’alta funzione politica, inoltre, si traduce nella capacità di strutturare e imporre una visione sull’assetto futuro di una comunità, così da governare i fenomeni e le spinte dell’evoluzione. La politica, attraverso il confronto democratico, dovrebbe aiutare una comunità a connotarsi in una direzione piuttosto che in un’altra: a titolo meramente esemplificativo e senza alcuna pretesa di esaustività, ad esempio, intercettare meglio flussi turistici, visto il propellente della costiera amalfitana e della vicinanza ai siti storico-culturali di importanza mondiale; migliorare l’offerta commerciale proteggendo il centro cittadino da iniziative imprenditoriali e commerciali decisamente non adeguate; proteggere la proprietà individuale e collettiva, anche migliorando il sistema di traporto su strada e pubblico; migliorare la qualità dei servizi alla persona e agli anziani, l’offerta sanitaria, etc. Insomma, la politica ha il dovere e il potere di orientare la propria comunità.
Credo, infine, sia giunto il momento di sviluppare un’adeguata politica culturale che sia in grado di incoraggiare la crescita dell’intera comunità attraverso l’individuazione o realizzazione di strutture adeguate. Non è accettabile che una città come Cava debba avere un solo cinema e nemmeno un teatro in grado di ospitare eventi nazionali e internazionali. La realizzazione del piccolo teatro Barba che consta di circa 100 posti è certamente un passo in avanti, ma decisamente non sufficiente per ospitare manifestazioni culturali importanti. Anche gli amministratori che in questi anni si sono prodigati con grande sforzo personale per organizzare eventi culturali in città hanno dovuto confrontarsi col limite dell’assenza di spazi adeguati.
Coltivo, infine, un sogno: mi piacerebbe che la biblioteca comunale rivivesse nella moderna impostazione e funzione, che ho riscontrato in alcune città italiane, come vero e proprio luogo di aggregazione, frequentato da giovani e meno giovani che, attraverso l’implementazione dell’offerta di quotidiani, riviste e volumi, possano fare ricerca, informarsi, chiedere libri in prestito e consultare banche dati, nonché partecipare ad eventi culturali e musicali che, nel caso della biblioteca di Cava, potrebbero essere ospitati nel salone posto al piano terra.
La biblioteca comunale, insomma, rivivendo, potrebbe diventare un cuore pulsante della città; questo sarebbe un simbolico ma importante segnale di discontinuità.
“Il ruolo dei partiti deve ritornare ad essere centrale”
In un simile contesto, lei ritiene che la società civile cavese, di cui lei stesso è espressione, stia assolvendo (se sì, come e in che misura) al suo dovere civico di contribuire alla crescita politica e civile della città?
Purtroppo, non sempre e mai in misura adeguata. La cosiddetta società civile si è ritratta sovente dall’azione politica. Ad essa, però, possono essere riconosciute le circostanze attenuanti generiche perché coloro che hanno provato in passato ad occuparsi della cosa pubblica, provenendo appunto dalla società civile, hanno spesso pagato un tributo troppo alto per le scelte intraprese. Una correzione verso l’alto potrebbe conseguire dall’accurata selezione delle candidature sulla base della propensione e capacità individuale, dell’esperienza politica maturata, consentendo, una volta trovato il candidato, di sviluppare il programma politico.
La selezione dovrebbe avvenire già nella pianificazione e strutturazione delle liste elettorali che dovrebbero includere professionalità e competenze diverse, così da integrarsi nella individuazione delle soluzioni dei tanti problemi di gestione di una città, una volta giunti alla responsabilità di governo.
Già in passato, come in questa occasione, ho affermato di nutrire assoluto rispetto verso coloro che hanno amministrato e dato la disponibilità ad amministrare in futuro la cosa pubblica, assumendosi comunque la responsabilità e il peso di governare una città, nella consapevolezza che l’errore è sempre insito nell’azione.
In questi ultimi anni spesso si è parlato di civismo come risposta ai limiti dei partiti e alle difficoltà nel governo della città. Qual è la sua opinione al riguardo, soprattutto tenendo ben presente l’attuale realtà politica cittadina nel suo insieme?
Ritengo che l’esperienza del contributo delle liste civiche all’amministrazione della città, abbia trovato la propria massima espressione negli anni 90 e fino ad una decina di anni fa per effetto della dissoluzione della cosiddetta “prima repubblica”. V’è stata la necessità, del resto, di colmare lo spazio lasciato libero dalle precedenti organizzazioni politiche, con l’inevitabile sostituzione delle élite governative e di potere, occupato da altre organizzazioni e gruppi, non tutti di matrice elettorale.
Chiaramente, non essendo un esperto di politica, non avendo mai ricoperto ruoli amministrativi o di pura militanza, la mia analisi deve ritenersi parziale e limitata alle mie personali conoscenze ed impressioni, ma ritengo che lo spazio per aggregazioni civiche, sebbene comunque importante per le realtà locali, oggi sia più ridotto per effetto della riappropriazione da parte dei partiti di entrambi gli schieramenti della centralità, negli anni passati smarrita.
I partiti, del resto, sono organizzazioni che aggregano donne e uomini con idee, valori e programmi politici comuni, che svolgono funzioni cruciali in una democrazia, tra le quali la selezione dei candidati, la formazione di coalizioni, l’individuazione di politiche comuni e il controllo sulla governance pubblica.
La disaffezione, la distanza di un certo ceto sociale dall’azione politica, sembra essere oggi un tema centrale; la questione s’intreccia addirittura con la tenuta del sistema democratico messa profondamente in crisi dal crescente astensionismo e dal progressivo allontanamento dall’assunzione di responsabilità amministrativa da parte di molte persone competenti e affidabili. La meccanica del consenso, in effetti, per come si è involuta in questi decenni, rappresenta il vero vulnus delle democrazie, anche più ristrette. Per questo motivo, ritengo che il ruolo dei partiti debba ritornare ad essere centrale nell’assetto democratico perché in grado di formare e selezionare i candidati alle competizioni elettorali probabilmente meglio delle estemporanee organizzazioni politiche, strutturate generalmente attorno alla figura, spesso autoreferenziale, di un leader. E’ accaduto, ad esempio, ai movimenti nazionali della Lega, prima, e del Movimento Cinque Stelle, successivamente, trasformatisi da movimenti “antisistema”, in veri e propri partiti, strutturati e diffusi sul territorio e con organizzazione non dissimile da quella dei partiti tradizionali. In passato, per ciò che concerne il più ristretto ambito amministrativo, molte aggregazioni civiche, dopo aver raccolto il consenso elettorale, sono comunque confluite in partiti tradizionali, risultando quindi utili esclusivamente per equilibrare e reimpostare i rapporti di forza. Non nego che questo dinamismo sia, in alcuni periodi e contesti storici, indispensabile per rideterminare le dinamiche di potere, ma tali fenomeni devono essere in ogni caso governati e gestiti per essere efficaci ed apportare il miglioramento necessario e concreto per le comunità di riferimento.
“Auspico il maggiore coinvolgimento dei tanti, capaci e appassionati, attraverso l’accurata selezione dei candidati al Consiglio comunale”
C’è qualche indicazione che, da semplice elettore, vorrebbe dare ai partiti e, in generale, a quanti si accingono a prendere parte al prossimo agone elettorale locale?
La risposta a questa domanda si integra con quelle precedenti, per cui formulo semplicemente l’auspicio del maggiore coinvolgimento dei tanti, capaci e appassionati, attraverso l’accurata selezione dei candidati.
Una domanda finale che è quasi un gioco. A suo avviso, qual è il possibile slogan per la prossima campagna elettorale nel quale i cavesi potrebbero meglio riconoscersi?
Sento ormai da tempo il pensiero politico ridotto a slogan, a frasi fatte. Servirebbe forse un’analisi più profonda del contesto e una più adeguata comunicazione dei modi e delle procedure attraverso le quali migliorare la vita della comunità. Per questo motivo, non sarei in grado di trovare uno slogan efficace per una campagna elettorale se non il tradizionale, ma sempre attuale, “passione, competenza e impegno”.